31 Dicembre 2013 in Il tocco del peccato

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Film non veramente per animalisti, di questo cinese che era partito come documentarista sulle vicende della Cina iperindustriale (mi ero trovato un suo film sconosciutissimo al tempo, 24 City, al Torino Film Festival, anni fa. E pure lui, un tipetto simpatico e innocuo e chiuso e cinese – ma va là? No, ma dico TANTO cinese – che raccontava di aver girato tutto in digitale e per i cazzi suoi perché tanto soldi non ne trovava). Il tipetto ha proseguito, e qui è al suo primo esercizio dove ricorre anche alla narrazione; ma non è che un pretesto, perché alla fine della fiera sempre documentarismo sulla Cina intende fare, tramite le varie (quattro) vicende personali. Vicende fredde e crude di vite disperate, da mezz’ora l’una, con agganci e incroci ma molto poco marcati, a vagamente connetterle. Quattro personaggi vittime di ingiustizie (tutto tratto da storie vere), sistemiche agli ingranaggi economici che muovono il badabum industriale etc del paese asiatico. E non è strano che a casa sua sia stato censurato, perché mostra un paese veramente di me**a, dove uno è ricco e cento muoiono di fame, e altro non v’è oltre a muri di smog, diseguaglianze e soprusi. Kind of medioevo industriale, e violenza, come unica fuga. Lo stato non sa, o vuole, intervenire. Nessuno dei protagonisti è violento in sé, è questa l’unica risposta. E poi disastro ambientale alle porte, omicidi, sangue a zampilli, animali frustati e cinesi frustrati. Insostenibile.
Ampiamente nel frattempo sono da rivedere i meccanismi narrativi, perché qui veramente solo disperazione e stupidità muovono n’importe quoi mentre non tutto, nei comportamenti dei protagonisti, ha veramente senso, ma sembra più funzionale a mostrare del marcio che altro. Ma qui il vero personaggio è lo sfondo, la Repubblica Popolare Marcia e malata di successo, e il tipetto sulla padronanza del registro narrativo può ampiamente migliorare.
Nota per il fatto che la moglie del regista, protagonista di un episodio, era anche la protagonista di Io sono Li, il film bello precedente di Andrea Segre.

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