16 Recensioni su

Tre manifesti a Ebbing, Missouri

/ 20177.7459 voti

Il voto sarebbe un 6.5 / 3 Gennaio 2019 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Discreto film candidato al premio Oscar ma da cui mi aspettavo qualcosa in più.
Siamo a Ebbing, Missouri. Mildred Hayes (Frances McDormand) ha perso la figlia Angela uccisa un anno prima; la polizia non ha ancora arrestato nessuno per il crimine e quindi Mildred decide di affittare tre tabelloni pubblicitari in cui accusa la polizia di essere rimasta con le mani in mano. In particolare sotto la lente dei riflettori (dei manifesti) c’è lo sceriffo Willoughby (Woody Harrelson) che però nella cittadina è molto apprezzato.
Il film si sofferma maggiormente sulle reazioni ai manifesti mentre l’eventuale indagine è quasi inesistente; il poliziotto razzista Dixon (Sam Rockwell) e il rapporto con la madre sono elementi aggiunti nel film.
Ottima recitazione da parte del cast (soprattutto Frances McDormand), però il linguaggio sempre sboccato e il finale mi hanno un po’ deluso e fatto calare il voto di mezzo punto.
Nel resto del cast da citare Lucas Hedges nei panni del figlio di Mildred, Peter Dinklage è il nano James, Abbie Cornish è la moglie dello sceriffo.

Leggi tutto

Ruffiano / 22 Agosto 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Chiariamoci subito: è un bel film.
Ma se butti dentro la McDormand, Woody Harrelson e Sam Rockwell , diciamo che è anche difficile cannare.
Per tutto il resto , il film riprende molto (troppo?) i canoni di Fargo : personaggi buffi e/o complessati , la cittadina in mezzo al nulla dove si svolge tutta la vicenda , avvolta tra i rancori e i rimorsi/rimpianti dei suoi abitanti. E le somiglianze non finiscono qui : già di per se la presenza della mcDormand ,rimanda continuamente al capolavoro del 1996. Cosi come l’atmosfera grottesca e “i 3 manifesti” in mezzo alla strada, che mi sembrano cosi tanto come la “valigetta” sepolta al ciglio della strada in Fargo…

Insomma, troppe somiglianze , almeno per il sottoscritto. Erano talmente tante, che sono rimasto basito quando ho scoperto che il regista NON erano i Coen, cosa che davo per scontata mentre guardavo il film.

Poi ,ripeto, resta un bel film , ben fatto e mostruosamente ben recitato , grazie a una triade invidiabile di super attori, perfettamente a loro agio nei ruoli.
Se non avessi visto Fargo, il voto sarebbe stato un 7 , forse anche 8.

Leggi tutto

Sorprendente e curioso…. / 28 Aprile 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Finito poco fa, Ecco la recensione ke ho appena pubblicato:

Di sicuro un film sopra le righe: estroverso, divertente e malinconico, rabbioso e riflessivo. Anche se non sono film grandiosi, queste piccole sorprese mi piacciono sempre parecchio!
Un cast molto competente: ho adorato Sam Rockwell spaccone ma tontolone, oppure l’ingenuo Woody Harrelson, ma lei, Frances McDormand, è tutta d’un pezzo… me la ricordo in “Fargo” ed è stupenda anche qui! Beh, una trama abbastanza semplice ma che nasconde dell’originale, mantiene una storia salda e curiosa e avvicinandosi al finale non cade nel clichè, nell’ovvio!
Bravi, tutti.
La battuta finale per me racchiude la morale del film:
“Dixon, sicuro che vuoi farlo?!”
“Uccidere questo tizio?… non proprio…. e tu?”
“Non proprio…. rifletteremo strada facendo….”

Per chi non l’ha visto, questa frase puó sembrare banale, ma è proprio l’essenza del film: la vendetta non risolve niente, ma la non-vendetta ci rende migliori.
Questi 30 secondi contengono tutto il film.
Ottima anche la colonna sonora: Un 7,5 più che meritato!

Leggi tutto

Dubbia morale di un film divertente / 21 Marzo 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

La morale del film sembra essere che per quanto tu possa essere razzista, stupido, incompetente, bisbetico, avventato – e a Ebbing, Missouri, tutti gli abitanti, con pochissime eccezioni, esibiscono orgogliosamente uno o più di questi difetti – il perdono e l’amore cancelleranno tutto, e le tue vittime ti offriranno volentieri una bottiglia di vino, un bicchiere d’aranciata o un consiglio postumo.
Inutile dire che questa visione morale è piuttosto problematica, soprattutto quando sembra influenzare indebitamente il mondo della legge: l’arresto in flagranza di delitto per il tentato omicidio (o comunque per chi procura lesioni personali gravi) sembra sorprendemente non contemplato, neppure dal nuovo sceriffo appena arrivato in città.
In questo contesto è inevitabile che la richiesta di giustizia della protagonista, che dovrebbe rappresentare il motivo vitale del film, perda alla fine di serietà e venga quasi accantonata.
E tuttavia il film non è un completo fallimento. Si ride spesso, e anche di cuore, grazie principalmente a Sam Rockwell e al suo personaggio (giustamente premiato con un Oscar), per quanto problematico possa essere moralmente. È un peccato che gli scrittori del film non abbiano valorizzato fino in fondo questi elementi comici, escludendo i moraleggiamenti di dubbio valore e il tripudio dei buoni sentimenti.
Una nota finale per Frances McDormand, che sembra ultimamente un po’ prigioniera di ruoli da anziana misantropa situata da qualche parte dello spettro autistico. Temo che col tempo Mildred Hayes e Olive Kitteridge, per esempio, finiranno per confondersi inestricabilmente nella mia memoria.

Leggi tutto

bene ma non benissimo / 4 Marzo 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Mildred Hayes è una madre divorziata e con un figlio a carico, Robbie. Vive a Ebbing, Missouri e da un anno soffre del lutto della figlia, Angela, violentata e bruciata viva. Sulla strada che la porta a casa ci sono tre cartelloni pubblicitari in disuso. Decide quindi di affittarli dall’agente pubblicitario locale e vi fa affiggere sopra tre frasi: «Stuprata mentre stava morendo; e ancora nessun arresto; come mai, sceriffo Willoughby?»

Lo sceriffo Willoughby va dalla signora, le spiega che ha fatto tutto quello che era in suo potere ma il colpevole non si trova. Allora lei gli fa «fosse per me prenderei il dna a tutte le persone di Ebbing, se non il colpevole non si trova a Ebbing lo farei per tutto il Missouri e se non è nel Missouri allargherei la ricerca a tutti gli States» che è una cosa molto vicina al caso Yara Gambirasio. Ve lo ricordate il caso?

La trama va avanti con questa donna che cerca la verità in tutti i modi, buone battute, ottimo occhio, bellissima fotografia ma alcune scene sono troppo costruite e molti passaggi non sembrano risolti al meglio dal punto di vista narrativo, altri troppo schematici. Quello che ho amato di più e ho trovato più completo è lo sceriffo interpretato da Woody Harrelson ma vengo ai difetti del film perché s’è fatta una certa.

All’inizio tutto il paese è cattivo, tutti sono str*on*zi, poi diventano tutti buoni e questa cosa, a meno che tu non abbia sei anni e mezzo, fa schifo alla m*erd*a. Il mondo non è fatto di buoni o cattivi. Altro problemino, per mezzo film ci sono battute sulla polizia che odia i negri e poi chi va a fare lo sceriffo? Un nero. Capite? ARRIVA L’ISPETTORE TIBBS.
Ma il problema vero del film è la seconda parte.

SPOILER ALERT INIZIO
A un certo punto della pellicola Mildred Hayes incontra un uomo che si presenta come lo stupratore della figlia. La trama va avanti e il film prende una piega brutta. Perché? Probabilmente il tizio è uno stupratore ma molto probabilmente è semplicemente un pazzo, uno di quei matti di paese che vagano per la piazza dei comuni del centro Italia urlando e imprecando. Fatto sta che comunque la polizia fa le sue ricerche e anche la scientifica e allora? Allora risulta innocente e su cosa sia meglio avere fra un “innocente in galera o un colpevole fuori dalle sbarre” il film non è molto chiaro.
Badate, una persona che si presenta come uno stupratore sicuramente è una persona cattiva, perfida e non la sto difendendo. Ma non è la persona che ha stuprato la figlia e invece che succede, succede che Mildred Hayes prende il fucile. Ed è per questo che Three Billboards Outside Ebbing, Missouri è un film pericolosissimo, perché non parla alla pancia come un film di Chuck Norris, parla ai genitali ed è molto peggio. Molto peggio del cinema reazionario che a me piace tanto perché è accettabile. Il fatto che loro vogliono andare a casa di questo per ucciderlo il film te lo fa accettare con un finale aperto paraculissimo con loro che dicono

«che facciamo? Ci andiamo ad ammazzarlo?
«Si»
«ma se non è colpevole?»
«Boh va bè non lo so. Intanto imbocchiamogli a casa e poi vediamo»
SPOILER ALERT FINE

Come scusa? Ma allora meglio Il codice del silenzio.
Quindi bello ma non bellissimo

Leggi tutto

. / 13 Febbraio 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Dark comedy? Dramma americano a tinte sarcastiche? Non saprei dare una definizione e forse non è neanche importante, perchè “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” è comunque un film godibile pur nella sua lentezza, stemperata da scoppi di violenza e/o momenti più concitati ed impulsivi che mantengono vivo l’interesse fino alla fine, sebbene la vicenda non abbia un vero e proprio epilogo. Ogni personaggio è altamente sfaccettato, nevrotico, una sfilza di anti-eroi, per un con qualche sfumatura paternalistica che a mio parere inficia il sarcasmo acido che prepondera nei dialoghi. Sono persone amareggiate ma anche il più astioso dei protagonisti non è immune a un vago sentimentalismo che viene affidato alle parole delle lettere dello sceriffo. Molto buono tutto il lato tecnico e recitativo ma un soggetto che per come presentato non mi ha smosso dentro granché.

Leggi tutto

“La rabbia genera solo altra rabbia” / 11 Febbraio 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Buon film, buona regia, buon cast.
Tutti elementi che premettono una buona valutazione. “Tre manifesti a Ebbing” è un film che non manca di azione, sentimento e riflessione. Accadono molti eventi nella cittadina americana, ma senza portare a nessuna conclusione.
Nonostante i vari momenti di giustizia personale, il film sembra lasciarti vuoto, senza un finale che soddisfi tutti gli atti di pancia e vendetta che si sono verificati. Ma a parer mio, l’allegoria del film si cela dietro a una semplice battuta di una semplice ragazza di 19 anni in un semplice ristorante: “la rabbia genera altra rabbia”, senza portare a niente, un po’ come la trama di questo film. Nessuno riporterà la ragazzina stuprata e morta alla madre, nessuno ha trovato il colpevole, nessuno ha risolto niente, solo rabbia, rancore e violenza in un america scioccata da vicende disumane.
Sento questo tema molto vicino sopratutto in questo periodo. 7.

Leggi tutto

L’America vendicativa / 11 Febbraio 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Sono ben sette le nomination che il film di McDonagh ha ricevuto. Meritate, come la vittoria al Golden Globe e la miglior sceneggiatura a Venezia. Quest’anno ci sarà un gran bel duello! Ma questo, sin’ora è certamente il miglior film di questa breve campagna. “Tre Manifesti a Ebbing” è la completezza di una scrittura freneticamente piena di dialoghi volgari ed essenziali, dalla prova incommensurabile di grandissimi attori e da una storia piena di perchè e per come. Un Thriller già Cult, che vincerà sicuramente a mani basse la statuetta grazie alle prove di Rockwell e McDormand e probabilmente a quella dell’ormai leggenda Harrelson. Tre manifesti, spirito di vendetta e America di Trump: sono decisamente le parole chiave di questa pellicola. Da vedere, assolutamente!

Leggi tutto

La rabbia genera solo altra rabbia / 5 Febbraio 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Riuscire a trovare un neo in questo film è una vera impresa.
BELLISSIMO!
Emozioni a 360°. Abbiamo di tutto. Rabbia, amore, vendetta, frustrazione, nostalgia, sensi di colpa, fratellanza, WOW!!!!
Tutto in un film capolavoro.
Non un solo protagonista è fuori ruolo.
Non una scena inutile.
Non una sola battuta sbagliata.
Si ride con la lacrima.
IMPERDIBILE!
La meraviglia di questo film è come si riesca in maniera totalmente realistica a passare da odiare a diventare complici. Tutti i protagonisti hanno questa caratteristica, ed è straordinariamente vera, reale. Nel quotidiano accade così. E questo film con questi soli Tre Manifesti scatena tutto.
ONORE AL CINEMA!
Ad maiora!

Leggi tutto

Una perla del cinema americano contemporaneo. / 3 Febbraio 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Una piccola perla del cinema americano contemporaneo, un film diretto e sceneggiato in maniera eccellente che ha lasciato in me sensazioni ed emozioni forti.
La sceneggiatura è il suo punto di forza, un perfetto bilanciamento tra dramma e commedia nera, una perfetta caratterizzazione dei personaggi, anche quelli secondari.
Il cast è in assoluto stato di grazia, una Frances McDormand(che ha dato prova della sua bravura giù in “Fargo” impavida, astiosa, cinica ma allo stesso tempo fragile e con un dolore lacerante nel suo cuore, un bravo Woody Harelsson (le sue lettere dopo il suicidio sono la testimonianza di una profonda sensibilità nascosta dietro la sua divisa di sceriffo) e un inaspettato Sam Rockwell, un poliziotto razzista, ignorante, iracondo che riesce a ritrovare sé stesso e a capire la fonte della sua rabbia.
Un film dove viene messa in primo piano la provincia americana rozza, razzista e arretrata, un film amaro e profondo che non lascia indifferenti.

Leggi tutto

Da vedere. / 2 Febbraio 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Un film che parla di odio, di rabbia, di ingiustizie, di razzismo e lo fa in una forma non convenzionale.
Un pugno nello stomaco che ti fa riflettere.
Davvero un film da vedere.
Frances McDormand veramente eccezionale.

“L’odio non risolve mai nulla.”

Western contemporaneo / 30 Gennaio 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Il terzo lungometraggio di McDonagh si muove principalmente su tre livelli ben distinti. Il primo è quello familiare dato dai vari drammi privati dei personaggi, tra cui spicca ovviamente quello della protagonista, una madre sola che deve affrontare la perdita della figlia e gestire i rapporti con il figlio e l’ex-marito. Il secondo è invece quello sociale, rappresentato dai rapporti all’interno della piccola cittadina-mondo di Ebbing. È proprio in questo livello che assume grande rilevanza la componente Western, evocata dalle musiche di Carter Burwell e da alcune situazioni narrative tipiche, come la contrapposizione bandito-sceriffo (nemici-amici) o la figura “negativa” del vice sceriffo. Ora, se c’è una cosa che ci ha insegnato Tarantino è che, utilizzare in maniera più o meno evidente i topoi del Western, significa necessariamente parlare della società americana contemporanea, mettendo in risalto alcune problematiche e contraddizioni interne ad essa. Questo perché il Western è il genere americano per eccellenza. In questo senso è fondamentale il personaggio di Rockwell, che incarna in maniera non troppo retorica una certa tendenza razzista difficile da eliminare negli Stati Uniti. L’ultimo livello, infine, è quello più generico-esistenziale, ovvero quello in cui McDonagh riflette sulla giustizia, sulla violenza e sulla proliferazione di quest’ultima, ma anche sulla condizione umana in generale, inquadrata in ottica profondamente negativa. Tutti i personaggi della vicenda infatti possono essere definiti “perdenti” nei confronti della vita, per un motivo o per l’altro, e questo amplifica la loro umanità agli occhi dello spettatore, facendogli riconsiderare necessariamente anche la distinzione tra buoni e cattivi e tra bene e male.
La cosa curiosa è che con qualche volo pindarico si può azzardare una sorta di connessione tra questi tre livelli narrativo-tematici e i tre manifesti del titolo. Il primo cartellone infatti presenta la scritta “Stuprata mentre stava morendo” e fa riferimento all’avvenimento che ha posto fine al nucleo familiare della protagonista (livello familiare). Non a caso proprio questo cartellone sarà la causa di una piccola lite tra il personaggio della McDormand e il figlio, una lite interna insomma. Il secondo cartellone si rivolge direttamente alla polizia e quindi segna un’apertura verso la sfera sociale, mentre l’ultimo pur riferendosi direttamente allo sceriffo sembra porsi una domanda di carattere più ampio. Quel “Perché?” è la domanda che assilla la protagonista fin dall’inizio ed è indicativo della sua perdita di fede, che la porta a mettere in discussione il concetto di giustizia in generale, non solo in termini sociali. Ma tutto questo ovviamente è uno svarione mio.
Nonostante il clima prevalentemente negativo, McDonagh sembra lasciare un piccolo barlume di speranza in alcuni punti in cui la concatenazione di episodi violenti si interrompe, come nella sequenza del succo d’arancia in ospedale o quella in cui il personaggio della McDormand “perdona” il marito.
In particolare il finale, solo apparentemente aperto, sembra dare speranza. I due vendicatori sono sì in viaggio verso l’ennesimo atto di violenza, ma entrambi hanno manifestato segni di cambiamento e non sembrano realmente determinati ad andare fino in fondo.
Un plauso infine alla performance della McDormand, che lavora spesso sulla sottrazione (capito Maryl?) e dà vita ad un personaggio memorabile.

Leggi tutto

Spettacolo di varia Umanità / 20 Gennaio 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Crescendo, ho imparato ad amare molto le belle storie che dimostrano quanto l’Uomo sia fallace, portato all’errore, alla confusione, al chiaroscuro, all’inciampo, storie che confermano -paradossalmente, proprio attraverso la loro natura fittizia-che, a dispetto di quanto politica, scuola, famiglia, letteratura, cinema, tv, fumetti hanno affermato a lungo, nella realtà reale, gli Eroi Buoni perfetti e cristallini non esistono e che anche sui Cattivissimi si può fare qualche ragionamento in merito. È rassicurante credere che non sia così, che esistono davvero persone completamente infallibili, capaci di fare sempre le cose e le scelte giuste, perché è Umano voler trovare un punto di riferimento, una certezza, un baluardo, un esempio.
Però, la deificazione è un’operazione cieca, egoista, perché tenta di escludere a monte dallo spettro delle azioni dell’Altro la possibilità che egli possa commettere errori, di fatto cancellando parte della sua Natura, depauperandolo di una sua imprescindibile caratteristica, solo per piacere/bisogno personale.

Una storia come questa firmata da McDonagh non fa sconti a nessuno, (di)mostrando come la varietà degli elementi psicologici, culturali e caratteriali dei singoli individui possa farli pendere pericolosamente da una parte all’altra della bilancia manichea Buoni/Cattivi nell’arco di pochi istanti, rendendola -di fatto- inutilizzabile.
Frances McDormand e Sam Rockwell interpretano due eccellenti esempi di questa diffusissima umanità lunare, e lo fanno benissimo. La McDormand è solita a questi ruoli (quello di Olive Kitteridge nell’omonima miniserie televisiva è uno degli esempi migliori), ma di volta in volta sembra perfezionare sempre di più il suo repertorio di Umanità. Qui, per esempio, è pura ferocia ferina, personalmente mai vista altrove, in altre sue prestazioni.

Tre manifesti è un film cattivo e sincero che, fra le varie cose, parla delle diverse declinazioni del senso della giustizia, sa far male in tanti modi e sa inquietare. Lo considero una prova evidente della crescita positiva di McDonagh, soprattutto -per quel che mi riguarda- rispetto al precedente “film americano”, 7 psicopatici, a mio parere troppo incerto ed emulativo (vedi, Tarantino, Guy Ritchie).
Questo, seppur debitore, per molti versi, all’approccio alla materia di autori come i Fratelli Coen, ha una sua forte identità.

Leggi tutto

20 Gennaio 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Intollerance / 18 Gennaio 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Personaggi ai limiti dell’eccesso, dialoghi taglienti come il rasoio e black commedy, qualcuno ha detto Coen? Invero è il solito McDonagh maschino, cinico e anche se qui si lascia andare alla magnanimità, facendo girare come una trottola quel gigione di Rockwell, il suo è un quadro indubbiamente interessante.

Una commedia elettrizzante, in bilico fra il tragicomico e il demenziale. / 10 Gennaio 2018 in Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Pellicola che del black humor ne fa un proprio stendardo, nonché uno strumento per alleggerirne i contenuti.
L’opera di Martin McDonagh sembra quasi uscire dalla fucina di pensieri dei fratelli Coen ( a caso, la protagonista principale, la McDormand, è la moglie di uno dei suddetti ).
Una commedia elettrizzante, in bilico fra il tragicomico e il demenziale.
La sceneggiatura, solida, costellata da una dialettica dissacrante e spregiudicata, inondata da un umorismo nero forse troppo yankee, ma arguto e tagliente, trova nella prima parte terreno fertile per i suoi caratteristi ( Frances McDormand e Sam Rockwell su tutti ), che delineano con la loro brillante interpretazione la foggia narrativa del film.
Nel proseguo, però, la trama, sembra quasi ripiegarsi su se stessa, come se non avesse una direzione precisa, cogitando perlopiù un’evoluzione insita e latente dei personaggi, in una società faziosa e insofferente, le cui idiosincrasie rappresentano la dura e coriacea scorza di un finto perbenismo.

Leggi tutto
inserisci nuova citazione

Non ci sono citazioni.

Non ci sono voti.