Recensione su Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet

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2 Giugno 2015

Con “Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet”, Jean-Pierre Jeunet conferma nuovamente il suo registro autoriale: che sia alle prese col dramma storico o la commedia satirica, il suo occhio da regista, forte della sua sensibilità felicemente infantile, punta sempre con onestà intellettuale verso la fiaba. Il soggetto del film, tratto dal romanzo “Le mappe dei miei sogni” di Reif Larsen, porta alla luce una stima ed empatia tra i due autori che già da tempi non troppo remoti (quelli de “Il favoloso mondo di Amélie”) si erano sviluppate “à la distance”. Il libro, in verità, ha subito delle clamorose amputazioni, sia nelle descrizioni dei personaggi e nella loro rilevanza, sia nella struttura della narrazione. In soccorso a tutto ciò, con nota di merito, concorrono Kyle Catlett, reduce dalla serie americana “The following” e al suo esordio cinematografico, Helena Bonham Carter (corteggiata da Jeunet dai tempi di “Fight Club”) nella sua riuscita ma stantia caricatura naive e il fedele Dominique Pinon, il quale tira fuori sempre dei personaggi a tutto tondo ed essenzialmente unici.

A rievocare le peripezie di T.S., altrimenti inenarrabili data l’ingente mole di pagine, sono soprattutto lo spirito d’avventura e la voglia di porre l’accento sui paesaggi percorsi, toccati, vissuti, assaggiati. Interessante è la comunanza con il personaggio ormai cult di Amélie in quel senso universale di inadeguatezza reso feticcio, di ricerca del meno tangibile come balsamo dell’anima: aspetti giostrati in una dimensione accostata al cartoon, colorata e barocca come Jeunet ci ha abituati da tempo. Le fantasie di questo bambino, in attesa perenne di amore e attenzioni, vengono tramutate in immagini artefatte, dai colori saturati al massimo, quasi zuccherini, un po’ come viene lasciato intendere il dolore sordo del protagonista, che non va in effetti a bucare lo schermo e non si rapporta con chi lo guarda; complici l’affresco da cartolina che riproduce i vasti spazi aperti americani e le malinconie di T.S., che non incrementano lo sviluppo del suo potenziale emotivo, né tantomeno quello di chi lo circonda. Ingenuo e gonfio di buoni sentimenti, il film di Jeunet non rivela presunzioni particolari ma si afferma con modesta consapevolezza, a patto che rimanga circoscritto ad un pubblico di bambini, per i quali si propone rassicurante e accogliente, e quindi adeguato.

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