Il prodigio

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Il prodigio

Film tratto dall'omonimo romanzo di Emma Donoghue. Irlanda, 1862. Il giorno del suo decimo compleanno, la piccola Anne O'Donnell ha smesso di mangiare. Dice di nutrirsi solo di manna dal cielo, ma nessuno la vede mai ingoiare altro che acqua. Nonostante il digiuno, la bambina non deperisce. C'è chi la considera già una santa e si reca in pellegrinaggio da lei. Una suora, suor Michael, e un'infermiera inglese, Elizabeth Wright, vengono chiamate a osservare per 14 giorni la bambina e scoprire l'origine del fenomeno che lo riguarda: scienza, fede e superstizione aleggiano intorno a Anne. Qual è la verità?
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: The Wonder
Attori principali: Florence Pugh, Kíla Lord Cassidy, Tom Burke, Niamh Algar, Elaine Cassidy, Ruth Bradley, Toby Jones, Ciarán Hinds, Dermot Crowley, Caolan Byrne, Brían F. O'Byrne, Josie Walker, David Wilmot, Stephen Ball, Mary Murray, Niamh Finlay, John Burke, Emer Casey, Graeme Coughlan, Abigail Coburn, Ava May Taylor, Janet Grene, David Maine, Mostra tutti

Regia: Sebastián Lelio
Sceneggiatura/Autore: Sebastián Lelio, Emma Donoghue, Alice Birch
Colonna sonora: Matthew Herbert
Fotografia: Ari Wegner
Costumi: Odile Dicks-Mireaux, Lucia Riley
Produttore: Tessa Ross, Andrew Lowe, Ed Guiney, Emma Donoghue, Len Blavatnik, Juliette Howell, Danny Cohen
Produzione: Irlanda, Gran Bretagna, Usa
Genere: Drammatico, Thriller, Azione, Fantascienza
Durata: 108 minuti

Dove vedere in streaming Il prodigio

Fanatismo religioso. / 17 Dicembre 2022 in Il prodigio

Film che mostra ancora una volta come l’ignoranza e il fanatismo religioso possano essere distruttive.
Sceneggiatura a tratti molto lenta(nella prima parte ci sono a mio modetso parere troppe scene ripetitive) ma l’intensa interpretazione da parte delle due attrici protagoniste fa innalzare la media finale.

Irrisolto (e mannaggia allo spoiler di Netflix!) / 22 Novembre 2022 in Il prodigio

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Con il film Netflix Il Prodigio, il regista cileno Sebastián Lelio, premio Oscar 2018 per il miglior film straniero con Una donna fantastica, arricchisce il suo già ricco album di protagoniste femminili con un quintetto di figure muliebri modellate con una sicumera dai pochi chiaroscuri: la volitiva e un po’ anacronistica infermiera Elizabeth Wright (una convincente Florence Pugh); la mistica e martire Anna O’Donnell (l’esordiente e sufficientemente convincente Kíla Lord Cassidy); la madre devota Rosaleen (Elaine Cassidy, la “muta” di The Others di Amenabar, realmente madre dell’attrice che interpreta Anna); Suor Michael (Josie Walker) e l’enigmatica Kitty (Niamh Algar).
Ciascuna di esse rappresenta una faccia del caleidoscopio femminile che compone la storia che Kitty, in vece di Lelio (e della co-sceneggiatrice Emma Donoghue, anche autrice del romanzo da cui è tratto il film), chiede al pubblico di ascoltare e credere, nel (a mio parere) superfluo incipit metacinematografico.

La Wright è una giovane donna segnata in molti modi dalla vita che sembra non avere dubbi anche quando ne ha.
Anna è una martire e non c’è molto altro da dire su di lei, poiché il suo personaggio è drammaturgicamente esile come un’ostia, guarda caso.
Rosaleen è un’aguzzina fideista afflitta da Sindrome di Munchausen per procura (una soluzione narrativa che, pur affascinante in modo perturbante, mi sembra di intercettare un po’ troppo spesso, al cinema e in tv).
Suor Michael ha poca rilevanza sullo schermo, ma il suo silenzio è fondamentale per tratteggiare la rete di connivenze utili alla creazione di un mito religioso.
Kitty è un mistero.

Ecco, a proposito, divago leggermente dai miei sproloqui, per sproloquiare ancora di più: il personaggio di Kitty è quello che mi ha ispirato più curiosità.
Chi è? Nel film, non viene mai chiarito, non ha un titolo famigliare. Non somiglia agli altri membri della famiglia O’Donnell, per “colori” e fisionomia. Non compare nella foto di famiglia. Nei titoli di coda, però, ha un cognome: O’Donnell, appunto. Potrebbe essere una figlia maggiore, una sorella del capofamiglia, una cugina venuta ad aiutare dopo l’inizio del presunto miracolo… ma non si sa, non viene detto.
Inizialmente, pensavo che fosse la moglie del fratello di Anna, ma, a quanto pare, era troppo giovane, quando è scomparso, per avere una consorte.
Infine, nel corso del film, Kitty parla solo con la Wright e, benché pronunci battute in presenza di altri personaggi (solo gli O’Donnell), sembra (dico, sembra) non interagire con loro.
Per caso, Kitty è un fantasma? Kitty è la personificazione di un’altra entità (un gatto, visto il nome) che vive in casa O’Donnell? Il giornalista William Byrne (Tom Burke) giocava con la gatta degli O’Donnell, da ragazzino? E la Wright può parlarle, perché ha dimestichezza con un altromondo a cui accede con quello che credo che sia laudano?
Visto il ruolo di voce narrante e occhio che sfonda la quarta parete rivestito dal personaggio nel corso del film, sono stata portata a credere che Kitty tutto sapesse e tutto vedesse: dopotutto, un gatto di casa è così.

Torno brevemente nel solco delle considerazioni sul film, anche se, in realtà, non c’è molto altro da dire, perché, purtroppo, non ho compreso bene cosa Lelio volesse mettere in scena, se non una storia torbida e livida, dotata di una specifica allure vittoriana, basata sul concetto di salvezza e che, infine, trascende praticamente e un po’ banalmente nel feuilleton.
La storia è intrigante e affascina per epoca storica e ricostruzione d’ambiente e anche per l’atmosfera imbevuta di religione, ignoranza e superstizione.
Nel complesso, però, il film risulta dilatato nei tempi, un po’ reiterato e poco convincente, soprattutto nella definizione del nucleo O’Donnell. Il padre, in particolare, è fantasmatico: sa, non sa, fa finta di non sapere, cosa pensa? Nulla si evince. A dirla tutta, sono tutti i personaggi maschili a sembrare irrisolti.
E a che pro ribadire, nella parte iniziale del film, che gli O’Donnell parlano un’altra lingua, oltre all’inglese, se questo dettaglio non è funzionale al mistero che avvolge la mistica?
Peccato.

Bella la fotografia dell’australiana Ari Wegner, che avevo già apprezzato in Lady Macbeth (2016, sempre ambientato nel Regno Unito rurale del XIX secolo e sempre con la Pugh vestita di celeste, peraltro!) e Il potere del cane (2021). L’impronta cromatica del film spazia in tutto il repertorio preraffaellita, con richiami a opere di Rossetti, Hunt, Millais e Madox Brown.
Interessante anche la colonna sonora di Matthew Herbert, che collabora con Lelio dai tempi di Disobedience (2017).
Degni di nota pure i costumi firmati da Odile Dicks-Mireaux e le scenografie di Grant Montgomery e Margot Cullen.

Concludo con una grande nota di demerito per Netflix, che è riuscito a spoilerarmi il nodo narrativo del film, nel momento esatto in cui ho premuto “play”.
Nelle indicazioni relative alla definizione del pubblico per cui il contenuto viene ritenuto adatto e che appare sullo schermo in quel frangente e nelle eventuali pause, compare la dicitura che recita (vado a memoria): “riferimenti ad abusi su minori, riferimenti a violenze sessuali”. Non è difficile fare subito 2+2 e intuire la causa del martirio della protagonista, nell’istante esatto in cui se ne ha notizia.
Applausone.

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