The Whale

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The Whale

Film tratto dall'omonimo dramma teatrale di Samuel D. Hunter. Charlie, solitario insegnante di lingua inglese afflitto da grave obesità, prova a stabilire un rapporto degno di tale nome con la figlia adolescente, Ellie.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: The Whale
Attori principali: Brendan Fraser, Sadie Sink, Hong Chau, Ty Simpkins, Samantha Morton, Sathya Sridharan, Jacey Sink, Wilhelm Schalaudek

Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura/Autore: Samuel D. Hunter
Colonna sonora: Rob Simonsen
Fotografia: Matthew Libatique
Costumi: Danny Glicker, Rachaell Dama
Produttore: Darren Aronofsky, Ari Handel, Jeremy Dawson, Scott Franklin, Tyson Bidner
Produzione: Usa
Genere: Drammatico
Durata: 116 minuti

Dove vedere in streaming The Whale

Annaspando tra dolori e ricordi / 18 Marzo 2023 in The Whale

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Per cercare di dire la mia sull’ultimo lavoro di Darren Aronofsky, utilizzerò il medesimo sistema che il protagonista del film, Charlie, professore universitario di corsi online, consiglia ai propri studenti quando questi sono chiamati a valutare un’opera.
Un sistema che predilige un certo tipo di narrazione autentica, che affonda le sue radici nelle primigenie emozioni, e che non fa uso di particolari sofismi, né di elaborate o astruse parole.
Parole semplici, naturali, che nel film vanno a levigare gli ispidi tratti di quella che si può definire ”un’anatomia del suicidio”.
Del resto, sin dai primi minuti, da quando la telecamera si sofferma, quasi in un atto voyeuristico e beffardo sull’imponente figura del protagonista, in un suo momento privato, che poi sfocia subito in quello che si può definire il leitmotiv visivo dell’opera, ossia l’ostentazione del dolore, si può evincere l’intento del regista di utilizzare le parole come testimoni dei più veri e reali sentimenti.
Quando Thomas, falso missionario della New Life Church, irrompe nella stanza principale, che è a conti fatti l’intero palcoscenico dell’opera, e comincia a leggere un tema ( che solo più avanti scopriremo essere scritto da Ellie, figlia di Charlie ) incentrato sull’analisi del capolavoro di Herman Melville, Moby Dick; le parole fungono da linea guida nel cercare di veicolare gli spettatori, scaraventati inizialmente in una sorta di Grande Fratello, verso il significato più profondo della pellicola.
Ellie, nel tema, offre il suo particolare punto di vista, asserendo ( o scrivendo ) che tutte le descrizioni fatte da Ismaele sui capodogli siano solo un tentativo di mascherare il dolore, quello che inevitabilmente dovrà affrontare più avanti nell’epilogo, e di quanto la figura del capitano Achab, nella sua monomaniaca ossessione, sia triste.
Forse sarà solo il frutto di una mia sovranalisi, ma ho visto in queste parole la volontà del regista di celare un dolore con un altro dolore, di natura diversa, più personale.
Di mascherare, paradossalmente, la sofferenza intima con quella fisica, strumentalizzandola e portandola alla sua fase culminante.
D’altro canto la figura stessa del protagonista, il suo ottimismo, che va in antitesi con il realismo crudo dell’ex moglie, e al nichilismo della sua giovane figlia, non è propriamente positiva, in quanto in essa si possono riscontrare, oltre a un cieco egoismo dettato dall’amore che ha portato poi ad abbandonare la sua famiglia ( soprattutto Ellie ), anche una certa pavidità nell’affrontare i problemi, lasciando che la gioia del cibo compensasse momentaneamente le sue pene.
Il finale è costruito per dare appunto a Charlie, non il modo di redimersi; Il suo tentativo di ripagare materialmente la figlia col denaro, anche a costo della propria vita, non vale un suo ipotetico sforzo di curarsi e tentare di ricucire un rapporto andato, piuttosto è solo l’opportunità di rialzarsi, anche se solo per un attimo, e di scusarsi, sublimandosi nella contemplazione di un ricordo.

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Emozionante / 5 Marzo 2023 in The Whale

Incredibile che sia io, incommensurabile cinico senza cuore, a tentare di risollevare le sorti di questo film, già stroncato da due recensioni da “4”.
Di un film io riesco solo a cogliere la storia, fregandomene di vezzi artistici o tecnicismi. Ciò detto, la storia è sì eccessiva e poco verosimile, ma è altrettanto umana.
In tanti, in sala, abbiamo empatizzato col protagonista, dispiacendoci dei suoi raptus, un po’ come se sapessimo già quale sarebbe stato l’epilogo.
Epilogo che, ovviamente, appare da subito telefonato e prevedibile ma che è la giusta chiusura della storia narrata.

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Film che pretende la completa indulgenza del pubblico / 27 Febbraio 2023 in The Whale

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

“Siamo andati al cinema a vedere un film, si intitola The Whale, in italiano si traduce ‘La balena’”
“Di cosa parla?”
“Di un uomo gravemente obeso”
“Sì! Ce l’ho presente! Ho pensato che potrebbe essere un buon film da vedere. Di cosa parla?”
“Di un uomo gravemente obeso”
“Non vuoi dirmi altro della trama, perché potresti svelarmi troppo del film?”
“No, è che non c’è altro da dire sulla trama del film. Parla di un uomo gravemente obeso. E basta”.

Questo dialogo telefonico tra me e un mio conoscente riassume praticamente tutto quello che penso del film di Aronofsky, dopo averlo visto.

The Whale è un film ruffiano che pretende la piena empatia e la completa indulgenza del pubblico (nei confronti di tutti i personaggi, di tutte le situazioni che descrive e del film stesso), senza offrire in cambio nulla, neanche una buona storia.

Al contrario, costringe chi guarda a soffocare per circa due ore, inscatolato in un formato quasi quadrato (1,33:1), all’interno di un film di asfittico impianto teatrale, punteggiato da musiche dottrinali, a stretto contatto con la sofferenza prostetica del protagonista (probabilmente, il ruolo della vita per Brendan Fraser, tornato in sella dopo un lungo periodo personale difficile e travagliato), un personaggio che sembra essere stato concepito con il solo scopo di muovere a compassione per il solo tempo della messa in scena.

Che delusione: altrove (vedi, ovviamente, The Wrestler, ma, per alcuni aspetti, anche Il cigno nero), Aronofsky aveva saputo parlare di disagi simili (cioè, legati anche al rapporto con il proprio corpo) e pressoché identiche alchimie famigliari, con maggiore originalità e, in quel modo, minore pietismo.

Di vagamente interessante e appena sufficiente a intavolare una piccola riflessione, il mio compagno di poltrona ha attirato la mia attenzione sul significato del titolo.
Se togliamo l’accostamento didascalico alla complicata condizione fisica del protagonista, la Moby Dick di Charlie è -forse- la figlia (interpretata da una nevrotica Sadie Sink che, praticamente, è stata chiamata a interpretare una piccola variante del suo personaggio in Stranger Things), se non -forse-la vita stessa, anzi, una vita serena, in accordo con la sua ottimista visione dell’esistenza.

Benché tutto sembra andargli male, infatti, Charlie conserva un buon cuore e una grande attenzione nei confronti dei sentimenti altrui e, seppure con un po’ di fatica, vede il lato positivo delle cose e delle persone, il che è rassicurante, ci mancherebbe. Ma il film, che conta pressoché essenzialmente sulla tenera espressività dello sguardo di Fraser, non sembra avere molto altro da dire.
E il finale surreale ed elegiaco (che molto ha in comune con la media degli altri finali della filmografia di Aronofsky, certo, senza, però, essere ugualmente giustificato) è la ciliegina sulla (mia) delusione.

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14 Febbraio 2023 in The Whale

Dramma che non colpisce. Un po’ perché film, recitazione e fotografia sono abbastanza piatti, un po’ perché la costruzione è abbastanza prevedibile, con un finale leggermente ridicolo, un po’ perché in Italia la vicenda si sarebbe risolta in cinque minuti con un TSO.