Meglio il backstage / 3 Luglio 2018 in The Void: il vuoto
I registi di The Void, Jeremy Gillespie e Steven Kostanski, sono due esperti di effetti speciali tradizionali. Finora, da soli o in coppia, hanno lavorato a produzioni cinematografiche di Guillermo Del Toro (Pacific Rim, Crimson Peak, La forma dell’acqua), David Ayer (Suicide Squad), Andy Muschietti (It), e a serie tv di successo (Hannibal, Fargo, The Expanse).
Questo secondo lungometraggio, finanziato attraverso una campagna di crowdfunding, arriva dopo Father’s Day (2011) e il corto Inferno of the Dead (2009), sempre progetti indipendenti e low budget.
Gillespie e Kostanski non si fanno remore nel mostrare chiaramente di essere debitori nei confronti dei classici del body horror e dello slasher d’annata. Anzi, se ne fanno apertamente vanto. Romero, Carpenter e Barker sono fra i loro riferimenti principali: un gruppo eterogeneo di persone asserragliate in un edificio, un pericolo all’esterno (ma, forse, anche all’interno), la mancanza di cause/di spiegazioni e il repentino adattamento a una situazione di pericolo… Cose già viste e riviste che, però, trattate con la dovuta perizia, possono dare ancora delle soddisfazioni.
Dal punto di vista tecnico, The Void è ben fatto (anche se, in realtà, non ho apprezzato -e, a tratti- non ho compreso granché della fisionomia dei mostri: i limiti economici del film, qui, sono evidenti nelle inquadrature abborracciate che gli vengono riservate, atte a nascondere vizi creativi legati ai mezzi risicati) e la furbizia dei registi sta nell’aver saputo sfruttare adeguatamente le loro conoscenze artistiche e pratiche e il valore evocativo delle location scelte come set (l’ospedale, il veloce richiamo alle case rurali e piene di orrore di Hooper, ecc.).
Narrativamente, invece, il film è desolante. Nel tentativo di inserire quanti più cliché possibili nel plot, trascurando una adeguata caratterizzazione dei personaggi e delle situazioni, The Void perde progressivamente per strada fascino e ragion d’essere. Il tema della sconfitta della morte attraverso non meglio definite pratiche sataniche à la Rosemary’s Baby, poi, è particolarmente aleatorio.
Confesso di aver trovato decisamente molto più interessante il documentario che descrive il backstage del film, contenuto nel dvd italiano, che il film stesso.
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