Recensione su Il cavallo di Torino

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Il cavallo di Torino
Regia:

Durezza fatta pellicola / 19 Gennaio 2013 in Il cavallo di Torino

Un film pesante, sicuramente poco piacevole ma che a mio avviso va visto.
Correva l’anno 20011 quando il regista ungherese Bela Tarr crea un film che mi ha davvero colpito.
La vita massacrante di una famiglia composta da padre e figlia, viene descritta accuratamente dal regista. Prende la loro vita quotidiana, si interessa dello spazio di tempo di sei giorni. In sei giorni, Dio creò la terra, l’uomo e tutte le cose viventi. In sei giorni Bela Tarr li distrusse.
La pellicola si apre con un episodio reale di cui fu testimone il filosofo tedesco Nietzsche. A Torino, nel 1889 vide un cocchiere frustare con molta forza il suo cavallo. Lo fermò e venne accompagnato a casa.
Qui, inizia una follia che durerà per dieci anni.
Verrà sdraiato sul letto e sarà assistito dagli amici, dalla madre e dalla sorella.
In questo stato le sue ultime parole furono:”Madre, sono pazzo”. Questa pellicola è la botta e risposta al dopo, cioè ciò che accade al cocchiere, al cavallo e alla sua figlioletta. La loro sussistenza infatti è proprio il cavallo (che arriverà a rifiutar di bere e mangiare come se volesse morire) oltre al loro pezzo di terra che in poco tempo diverrà arido ed il pozzo completamente asciutto. La cosa che mi ha più colpito è il senso di solitudine dei personaggi, di sporco dei loro abiti, barbe, capelli e della loro vita, la colonna sonora e il bianco/nero rendono la pellicola di una melanconia e di una durezza incredibile. Pochissime le battute, ci si concentra maggiormente al gioco di silenzi e sguardi verso l’ignoto, forse la ricerca di un futuro migliore o forse il presentimento negativo, il presagio, come se si aspettasse l’arrivo di qualcosa di brutto. La vicenda prende piede in un casale e un piccolo appezzamento di terra che si estende vicino. A livello tecnico, abbiamo una sola inquadratura lunghissima e tristissima, questi piano-sequenza ci immettono nella loro vita.
Una vita fatta di dolori che si basa su azioni semplici e ripetute all’ennesima potenza: “l’acqua da prendere nel pozzo, accendere un fuoco, spogliare il proprio padre, portare un carro fuori dalla sua sistemazione, mangiare delle patate, aspettare che qualcosa cambi.
Una vita dura, tremenda che come sottolineerà un loro compaesano: “Una vita dove non ci sono né Dio né dei, né bene né male. Una vita dove c’è la sconfitta e la vittoria. Nessun cambiamento”.
DonMax

1 commento

  1. yorick / 19 Gennaio 2013

    Capolavoro assoluto, superato solo da Satantango. non vedo l’ora di dare ‘sti due ca**o di esami e correre a vedere L’uomo di Londra e Le armonie di W.

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