Recensione su La teoria del tutto

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bello ma distratto / 21 Agosto 2018 in La teoria del tutto

Andate a fare una gita su una spiaggia, una spiaggia dove non siete mai stati prima. La prima cosa che vi sorprende quando arrivate è l’acqua limpida e di un colore meraviglioso. Purtroppo vi accorgete anche che è stranamente bassa e non vi permette di nuotare a largo o a fondo come vorreste, anzi non potete nuotare per niente.
Restate lì per un paio d’ore a rimirare la bellezza e purezza dell’acqua e quando ve ne tornate a casa e vi chiedono dove siete stati non lo sapete dire, quando vi chiedono com’era il posto non lo sapete descrivere; sapete solo parlare dell’acqua che era davvero fantastica! Non vi ricordate il posto, non vi ricordate la spiaggia, il panorama intorno, niente: solo l’acqua. Vedere questo film per me è stato così. Una pellicola, tratta dallo scritto della prima moglie di Stephen Hawking, Jane, che evidentemente non vuole raccontare la storia del celebre scienziato dal punto di vista delle sue scoperte e delle sue geniali intuizioni ma vuole coglierne il tratto emotivo e raccontare la vicenda umana dal punto di vista di chi gli è stato accanto per 25 anni.
A me ha fatto l’effetto di una panoramica di diapositive delle esperienze e tappe raggiunte e passate dallo scienziato e la sua famiglia ma senza soffermarsi davvero su nessuna di esse; voler rappresentare molto (non tutto) ma non dover spiegare o commentare niente. In una storia come quella di Hawking e della sua famiglia, soprattutto a livello emotivo devono esserci stati dei risvolti ed aspetti molto più profondi di quelli intorno ai quali ha voluto saltellare il regista che sembra quasi aver voluto preparare una frittata senza rompere nemmeno un uovo; ogni cosa ci viene mostrata e viene sorvolata prima che abbiamo il tempo di fare una qualsiasi riflessione. Non posso fare a meno di chiedermi :“Per una donna, negli anni ‘70, crescere 3 figli e un marito nelle condizioni in cui già’ versava Hawking non deve essere stata proprio una passeggiata, e tutto quello che abbiamo per esplorare questa difficoltà’ e’ uno sbuffo?” e continuo a chiedermi “come sarebbe stato, in confronto a questo, un film tratto dallo scritto di una donna diretto da una donna, ad esempio?”; in fondo credevo che il sottotitolo del film fosse “l’incredibile storia di Jane E Stephen Hawking” e non “l’incredibile storia di quanto sia stata difficile la vita di Stephen Hawking e si certo anche quella disgraziata che mi stava dietro non se l’e’ passata troppo bene”.

Insomma, le riflessioni le fai e di emozioni ne provi ma non certo grazie al film che in maniera blanda e noiosa ci accompagna lungo il periodo preso in considerazione della vita del professore. No, se si prova qualcosa: commozione (credo che la mia scena preferita in quanto ad emozioni e riflessioni sia quella in cui Jane avvicina per la prima volta una sedia a rotelle a suo marito; lui si alza, gli si posiziona sopra, afferra i braccioli e resta un paio di secondi in piedi, probabilmente gli ultimi della sua vita, prima di accasciarvisi sopra), pieta’, ammirazione e’ unicamente grazie all’incredibile, soverchiante interpretazione di Eddie Redmayne che è veramente raffinato ed intenso nel rappresentare tutte le fasi e le emozioni della vita di Hawking e che come uno dei buchi neri tanto cari allo scienziato, attira ogni cosa verso di se inghiottendo e facendo dimenticare tutto quanto sta intorno a lui, film compreso.

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