Recensione su Survival Family

/ 20177.220 voti

Migranti energetici / 4 Marzo 2022 in Survival Family

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

(Riflessioni sparse)

Benché il film giapponese Survival Family si esprima perlopiù in forma di commedia, il lungometraggio di Yaguchi Shinobu è un dramma apocalittico in cui, oso dire, ai migranti economici/in fuga da conflitti bellici/climatici si sostituiscono nuovi transfughi, che definisco migranti energetici, persone alla ricerca di un luogo, in Giappone, in cui energia elettrica e acqua corrente potabile siano normalmente disponibili.

Il misterioso blackout che ha colpito improvvisamente l’arcipelago asiatico non ha una spiegazione logica e/o scientifica (il film non ne fornisce nessuna, dichiaratamente).
Nel suo sviluppo, il racconto di formazione e “redenzione” della famiglia protagonista sottende un messaggio abbastanza preciso: abbandonare i parossismi di una civiltà ipertecnologica e iperconnessa, a favore di una vita a misura d’uomo (reale e non virtuale), basata sull’esperienza diretta, su manualità e spirito d’ingegno, alla (ri)scoperta di ritmi circadiani, abitudini, interazioni e abilità dimenticate, se non sconosciute.

Credo che il film di Yaguchi sia una critica diretta alla duale società giapponese, in cui, straordinariamente, convivono moderno e antico, ma dove la tecnologia è sempre sul punto di diventare tecnocrazia. Il regista e sceneggiatore nipponico suggerisce che il popolo giapponese sembra aver dimenticato di avere una millenaria tradizione culturale legata intimamente alla Natura e a uno stile di vita e di pensiero che si basa sulla reciproca collaborazione e che rigetta ciò che è superfluo.

Nel film, stupisce l’assenza di violenza. Nonostante il caos legato alla mancanza di beni di prima necessità, il film evita accuratamente la rappresentazione della follia che potrebbe caratterizzare questo tipo di situazioni e preferisce raccontare soprattutto gli aspetti “positivi” del dramma, come la reciproca assistenza.

Nota curiosa (per me): la famiglia di ciclisti ben equipaggiata in cui si imbattono i protagonisti sembra il team di un robottone, con tanto di divise con i classici colori della situazione, rosso per il leader, rosa per l’elemento femminile, ecc. (peccato che non possa confermare esattamente la tesi, dato che la squadra è composta da 4 unità e non dalle canoniche 5).

Lascia un commento