Recensione su La forma dell'acqua - The Shape of Water

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Mélo delicatissimo / 27 Febbraio 2018 in La forma dell'acqua - The Shape of Water

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Del Toro sceglie di ambientare questo mélo favolistico in un contesto ben preciso. In questo contesto i cinema gestiti da individui con l’accento dell’est non se la passano bene, le gelatine non possono essere “rosse” e le spie che parlano una lingua che non è la propria si rivelano essere meno spregevoli dei camerieri dei franchise, che a loro volta modificano il proprio accento, ma solo per vendere due torte in più.
C’è poi il cattivo, le cui azioni sono deplorevoli, ma pur sempre determinate da un meccanismo più grande di lui. Un meccanismo che l’ha disciplinato a dovere, insegnandogli a desiderare Cadillac fiammanti e caramelle nella media, ma soprattutto che gli ha insegnato ad odiare il “diverso”. E nemmeno lui è del tutto al sicuro da questo meccanismo, che può decidere di trasformarlo in ciò che lui stesso detesta da un momento all’altro (magari un dito per volta).
Infine c’è la bella, Elisa, che un giorno si presenta a lavoro con cappotto e scarpette rosse. Non tanto per questioni ideologiche, ma solo per celebrare la notte di passione avuta col suo amato. Poco importa che il lui in questione sia un afroamericano, un asiatico o un uomo-pesce con addominali ragguardevoli, perché gli esseri viventi, così come l’acqua, hanno la forma (e il valore) che scegliamo di dare loro.
Il buon Guillermo ci dice tutto questo e lo fa con tanta grazia, come al solito.

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