Recensione su La forma dell'acqua - The Shape of Water

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Love is all you need / 15 Marzo 2018 in La forma dell'acqua - The Shape of Water

Una storia d’amore delicata come il petalo di un fiore, dai tanti richiami, dalle tinte cupe, ma fortemente sentimentali.
Guillermo del Toro, per suo conto, non esita a celebrare, da buon regista, un certo tipo di cinema, attivando nella testa di chi lo segue molteplici collegamenti a vecchi film romantici, fotografie, fumetti, libri e racconti fiabeschi.
Tutto si muove all’interno di ambienti che ricordano sullo sfondo l’america degli anni cinquanta, ma senza alcuno sfarzo, solo e soltanto nella sua versione brutale, decadente, patriottica e dogmatica.
Il resto è un viaggio nostalgico, attraverso i film di Terry Gilliam, come Brazil, La città perduta e Il favoloso mondo di Amélie di Jean-Pierre Jeunet, Il Quinto Elemento di Luc Besson e sicuramente tanti altri, magari più vecchi, in bianco e nero, o più moderni, come quelli degli anni ottanta, con qualche goccia di avventura e di horror spruzzate lì, una storia d’amore già vista e vissuta, una favola piena di speranza come La Bella e la Bestia, arrivando fino ad oggi, con spunti supereroistici e sovrannaturali.
I colori del racconto sono, in molte scene, malinconicamente monocromatici, rendendo bene l’immagine dell’esistenza che gli esseri umani coinvolti conducono. Spesso, infatti, il tono del grigio monopolizza l’occhio e lo fissa sul muro di uno dei tanti corridoi della base militare dove il film è ambientato.
Tuttavia, attraverso il proprio caleidoscopio è impossibile non accorgersi di come l’azzurro, il verde e, in alcuni momenti, il rosso vengano fuori timidamente ma con brilantezza.
Insomma, un gioco che descrive le emozioni dei protagonisti, la loro vita, le loro abitudini, il loro stare al mondo, l’eterno inverno al quale si sono rassegnati.
Nonostante questo, però, si avverte quella piccola dose di primavera che ognuno di loro, a modo suo, si porta dentro.
La ricerca della felicità, infatti, assume modi e forme variegate, rimesse, quasi sempre, alle scelte del singolo. A volte queste sono condivisibili, altre volte no e perfino giudicabili con disprezzo. Ma, alla fine, l’obiettivo rimane sempre lo stesso: lasciare, anche solo per un attimo di tempo, la propria misera solitudine esistenziale.
Sono certo che a dispetto della mia analisi, svolgendone una più approfondita, per i più attenti sarà difficile trovarci qualcosa di realmente originale, dovendo ammettere, io per primo, che i personaggi, così come la narrazione, la scenografia o la fotografia, rievocano strade già percorse. Per altri versi, invece, qualcuno troverà punti di vista diversi e sicuramente più pertinenti dei miei, che non hanno alcuna pretesa di completezza.
Penso, però, che la vera forza di questa pellicola sia nel modo garbato in cui la favola viene descritta in tutte le sue sfumature, seppur estremamente semplici e lineari.
Probabilmente, La Forma dell’Acqua è uno di quei film da vedere non con gli occhi, ma attraverso il proprio animo.
Una frase che evoca un approccio irrazionale ma che, in alcuni momenti, diventa una delle chiavi migliori per comprendere il vero significato di un’opera, il suo insegnamento e non solamente.

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