Recensione su La rosa purpurea del Cairo

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Quando il metacinema riesce alla perfezione / 20 Gennaio 2014 in La rosa purpurea del Cairo

Rivedo sempre volentieri uno degli Allen della “golden age”, o meglio di quella che io ritengo tale, ovvero dal ’79 all’ 89 (da Manhattan a Crimini & Misfatti). Questo Purple rose of Cairo è un’operazione di metacinema riuscitissima, ambientato in due fascinose epoche (la dura grande depressione contro la sognante belle époque prima della Grande Guerra), pellicola che ammicca al romance con un fondo di amarezza; la voglia di evasione dalla cruda realtà di una donna decisamente svampita e ingenua (una magnifica Mia Farrow in una delle sue interpretazioni più riuscite), infelicemente sposata con un fannullone ubriacone (efficace Danny Aiello), prende sostanza in una improbabile uscita di schermo di un eroe all’antica, in bianco e nero, cavalleresco e un po’ minchione (un Jeff Daniels coi fiocchi). Un trucco che gioca pericolosamente con la suspension of disbelief dello spettatore ma riesce alla perfezione aprendo di fatto una infinità di situazioni divertenti; indimenticabili le sequenze che vedono impegnati in dialoghi assurdi il cast del film in bianco e nero con gli spettatori in sala.

9 commenti

  1. Riccardo Armonti / 22 Gennaio 2014

    Ottima e condivisibile analisi @paolodelventosoest. Uno degli Allen che ho imparato ad amare col tempo, che invecchia benissimo e non risulta mai superato. Il regista stesso lo considera uno dei suoi capolavori.

    La pellicola riassume perfettamente l’ottica alleniana della realtà inclemente, deludente ed inesorabile: mai come in questo caso è meglio rifugiarsi nella fantasia.

  2. paolodelventosoest / 23 Gennaio 2014

    Grazie @percy-thrills io ho sempre pensato che la fantasia è il miglior rifugio (sempre preferito i romanzi ai saggi, per dirne una), e Allen ha il tocco poetico per dirlo con l’arte. Il mio prossimo ritorno ai fasti del passato alleniano sarà con Hannah e le sue sorelle, di cui ricordo ho un ricordo molto sbadito.

  3. Riccardo Armonti / 23 Gennaio 2014

    Hannah rientra sicuramente nella mia Top5 di Allen. Un film da antologia, che intreccia un filone tragicomico-esistenziale a uno sentimentale, con personaggi femminili micidiali ed indimenticabili.

    Io consiglio sempre una rivalutazione di Harry A Pezzi, sottovalutatissimo e tutto da riscoprire (nonchè uno dei miei preferiti). Ma nella linea temporale sarebbe fuori dalla tua “golden age” di Woody. A mio avviso, nonostante qualche scivolone di quando in quando, tutta la sua carriera potrebbe essere descritta come eta d’oro. @paolodelventosoest

  4. paolodelventosoest / 23 Gennaio 2014

    Harry a pezzi è sicuramente un ottimo film ma è anche il nonplusultra della recitazione nevrotico balbuziente di Allen, un prototipo che effettivamente non risulta piacevole a tutti. A me piace, ma in generale ho apprezzato di più i film dove non compare di persona.

  5. paolodelventosoest / 23 Gennaio 2014

    p.s. con le dovute eccezioni per Manhattan e Zelig 🙂

    • paolodelventosoest / 23 Gennaio 2014

      acc, c’è pure Io & Annie… va bene, mi sa che ho parlato troppo in fretta

    • Riccardo Armonti / 23 Gennaio 2014

      Ti dirò, nonostante Allen sia uno dei miei tre registi preferiti, non amo particolarmente Zelig. Ne riconosco la genialità, ma non mi colpisce nel profondo, lascia con l’amaro in bocca.

      Mi stavo per dimenticare di Interiors e di Stardust Memories! Il punto è quest’uomo ha sfornato troppi film e tutti imperdibili.

  6. Stefania / 23 Gennaio 2014

    A voi amanti di Allen, mi permetto di segnalare, nel caso in cui non l’aveste ancora letto, l’ “agevole” (?) libricino Saperla lunga, una raccolta di racconti di Woody dei primi anni Settanta, in cui si possono ritrovare in forma seminale le tracce di alcuni film a venire, tra cui Il dittatore dello stato libero di Bananas e Midnight in Paris. Il primo racconto, il noir filosofico, poi, è esilarante. La prefazione di Umberto Eco, risalente alla prima edizione italiana del libro, è pregevolissima: ai tempi, Allen era ancora praticamente sconosciuto, in Italia, e la disamina di Eco, oltre che interessante, è, oserei dire, profetica. I brani hanno i loro difetti di forma, ma il risultato finale è molto godibile. Qualche giorno fa, l’ho segnalato anche qui: http://on.fb.me/1bk8mFQ 🙂

    • paolodelventosoest / 23 Gennaio 2014

      Mah, io di Allen ho letto Pura anarchia e mi è sembrato scritto maluccio. No, un grande regista non può essere anche un grande scrittore. C’è un po’ di giustizia a questo mondo, no? 🙂

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