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The Post

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Convenzionale / 23 Marzo 2020 in The Post

A tratti, quasi avvincente. Per il resto, stereotipi a go-go. Meryl Streep che, a braccetto con le musiche un po’ invasive di John Williams, scende le scale del tribunale con una schiera di femmine che la guardano commosse, trasudando uno sguardo adorante, è imbarazzante per didascalismo e scarsa fantasia.
Nel complesso, The Post è un film ben confezionato, con un’attenta ricostruzione d’ambiente e attori in bolla. Dura poco meno di due ore e, vista la prolissità con cui il cinema americano tende ad affrontare questo tipo di argomenti, è una nota positiva.

Ma la retorica di cui è infarcito e la mancanza di elementi di vero interesse che vadano oltre quello della necessaria indipendenza della stampa lo rendono un film abbastanza piatto e convenzionale, a dispetto delle forze artistiche e tecniche messe in campo.

Di buono c’è che il film di Spielberg è servito al mio compagno di divano per riesumare dal fondo di un cassetto il dvd del documentario premio Oscar 2004 The Fog of War: La guerra secondo Robert McNamara (2003) legato proprio a questa vicenda. Potrebbe essere uno spunto di visione per la prossima serata sul divano.

Curiosità (scema, che, però, mi sono divertita a notare per sollazzo personale): il film di Spielberg termina con una sequenza in cui un agente di sicurezza scopre il nastro adesivo che tiene aperta una porta a un certo piano del Watergate Hotel, permettendo, poco dopo, di svelare la presenza di microspie nel quartier generale del Comitato nazionale democratico e dando il via al cosiddetto Scandalo Watergate.
L’inquadratura riprende il Watergate Hotel dall’esterno, mostrando le torce e le sagome degli uomini che si muovono negli uffici, per piazzare le cimici. Ebbene, è praticamente la stessa inquadratura sfruttata da Zemeckis in Forrest Gump, quando il protagonista del suo film, Forrest, chiama la concierge del suo albergo, posto esattamente di fronte al Watergate, per segnalare che alcune persone, di fronte, disturbano il suo sonno, con la luce delle torce. In questo buffo modo, perfettamente inscritto nella logica del film di Zemeckis, pare che lo Scandalo Watergate sia scoppiato grazie a Forrest Gump. E da chi è interpretato Forrest? Da Tom Hanks, protagonista maschile del film di Spielberg che, stando a questo lungometraggio, ha contribuito a scoperchiare il vaso di Pandora dei Vietnam Papers.

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Piatta ricostruzione / 11 Giugno 2018 in The Post

Ricostruzione storica minuziosissima, tanto da richiedere una discreta conoscenza della storia americana successiva alla II Guerra Mondiale, ma sostanzialmente piatta, priva di valori cinematografici, evocatrice di un senso frequente di déjà vu (e svolta anche dal punto di vista sbagliato: il ruolo maggiore nella pubblicazione dei Pentagon Papers lo ebbe il New York Times, non il Post).
Apprezzabili l’enfatica difesa dei valori costituzionali americani e la storia di una donna che cerca di far sentire la sua voce in un mondo di uomini (anche se lo spettatore italiano farebbe bene ad ascoltarla nella versione originale, non nella pronuncia lamentosa e affettata della attuale doppiatrice della Streep); ma il cinema non è fatto solo di buoni sentimenti e di buoni valori.

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The Post / 8 Aprile 2018 in The Post

Avevo molte riserve. Certamente non per le persone coinvolte nel progetto (di altissimo spessore tutte), ma più sul cosa quest’opera avrebbe aggiunto ad una cinematografia giornalistica già piena. E certamente ci stanno delle strizzatine d’occhio un po’ paraculo al ruolo della donna nella società (anche se qui declinata in un’evoluzione diversa dal solito) ed ad un presidente sfiduciato, odiato e sprezzante verso la stampa (chi potrebbe mai essere?), alcuni cliché. Però poi ti ritrovi a tenere su il fiato, come tanti film anche con una storia con più azione di questa non riescono. Ma soprattutto ti chiedi qual è il ruolo del giornalista nella società pubblica, quali sono i limiti dell’uno e dell’altra e come dovrebbero dialogare fra loro. Elementi enormi, che grazie alla loto trasposizione, danno nuova linfa al racconto. Candidato agli Oscar 2018 per miglior film ed attrice prot

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Un quotidiano troppo scritto / 21 Marzo 2018 in The Post

Tratto da una storia vera e indubbiamente romanzato, certi romanticismi irrealistici, certe rivolte del tappetino che non convincono. Però la storia è una bella storia e gli attori in superforma, anche se a volte Spielberg si assicura con troppo zelo che gli spettatori capiscano bene i messaggi.

Consigliato. / 19 Marzo 2018 in The Post

Un film molto bello su un pezzo di storia americana. La libertà di stampa in un paese democratico è alla base di ogni società libera. Davvero interessante.
Mariyn Streep e Tom Hanks bravissimi.
“I padri fondatori diedero alla stampa la protezione che le spetta per svolgere il suo essenziale compito nella nostra democrazia. La stampa serve chi è governato non chi governa.”

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. / 23 Febbraio 2018 in The Post

Sulla scia di Spotlight, anche The Post è un bel film sul giornalismo vecchia scuola, quello delle grandi inchieste e delle decisioni morali entro un contesto istituzionale irreggimentato e controllante. Il regista è un nome di poco conto, quello Spielberg che con mano sicura plana dall’alto sui suoi protagonisti, tutti laboriosi dentro spazi chiusi e illuminati artificialmente, intenti a fabbricare la notizia e a soppesare gli scompensi pragmatici ed umani che questa provocherà. Sebbene Spielberg si noti nei dettagli, non è particolarmente preponderante quell’afflato alle volte un po’ tanto retorico che lo caratterizza, se non verso il finale più o meno trionfante, dove concede spazio alla maestosità dell’inquadratura e alle musiche di Williams, vero punto debole, perchè smielate e ridicole. Dopo il primo smarrimento iniziale, dovuto a nomi e circostanze da ricordare e comprendere, la sceneggiatura fila molto bene portando convintamente lo spettatore al finale liberatorio, ma non troppo. Film ben fatto, recitato ancora meglio e abbastanza trasponibile nel contesto odierno per le sfaccettate tematiche che mette sul piatto.

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Il “bel” carrozzone / 21 Febbraio 2018 in The Post

Film d’inchiesta cui per fortuna Spielberg mette l’uniforme d’ordinanza, ma il nostro alla sagra del parrucchino ci va solo se può essere retorico, didascalico e illustrativo, per un Cinema che ruzzola dal classico al vecchio in men che non si dica e che in fondo non è nulla che non si sia già visto altrove e meglio.

Ancora Spielberg. Ancora Giornalisti. / 13 Febbraio 2018 in The Post

“The Post” è un discreto Film, realizzato da uno dei più grandi autori dell’ultimo cinema e da due delle più grandi stelle della storia del cinema Hollywoodiano.. Si aspettava molto di più. Il tema è delicato, l’opera anche. Ma l’abbiamo già visto e rivisto (vedi Spotlight due anni fa), è bello fare il giornalista, è bello vederlo al cinema, non è indispensabile vederlo continuamente. Segue un filo che inizialmente è già discontinuo, rientra nei binari e si reinserisce nella faticosa trama che non è da Spielberg. Ripeto: Film discreto, non da Oscar, ma da guardare. La cosa bella, è un altro schiaffo ai governi fantocci e bugiardoni. Lo nominerei “Spotlight 1/2”, ovviamente sullo spessore cinematografico. Sei e mezzo.

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Il voto sarebbe un 7.5 / 5 Febbraio 2018 in The Post

Buonissimo film giornalistico di Steven Spielberg sulla scia di “Tutti gli uomini del presidente” e del più recente “Il caso Spotlight”.
Prologo in Vietnam nel mezzo della guerra che sarà l’argomento dei documenti segreti che vengono trafugati e proposti al New York Times che dopo qualche mese trascorso a spulciarli, inizia a pubblicarli.
La storia è pero vista dalla parte del Washington Post, giornale che vede alla guida Kay Graham (Meryl Streep), prima volta di una donna a capo di un’azienda così importante. Quando i Pentagon Papers, così sono chiamati i documenti segretati svelati, giungeranno sulla scrivania del Washington Post si assisterà a un confronto.
Da una parte Kay che è in una difficile situazione: già come donne è poco vista per guidare il Giornale, inoltre sta per quotare il giornale in borsa e cerca di non deludere gli investitori; dall’altra il redattore Ben Bradlee (Tom Hanks) che vede una possibilità di rilanciare il giornare anche se si corre il rischio di guai legali.
Storia interessante e avvincente con i dilemmi, soprattutto di Kay, tra il rendere nota una scomoda verità (le bugie dei vari presidenti sulla guerra del Vietnam) e il tradire alcuni amici oltre che rischiare di compromettere il giornale invischiandolo in lotte legali. Infatti il presidente Nixon diffida il New York Times dal pubblicare ulteriori articoli (e il Times si fa da parte); ma il Post usando la stessa fonte rischia di correre gli stessi rischi.
Sotto la lente d’ingrandimento, la guerra del Vietnam che è costata moltissime vite sapendo che non c’era possibilità di vittoria ma il ritirarsi non era contemplato nelle opzioni.
Ottimi i due interpreti principali ma buono anche il cast di contorno tra cui cito Sarah Paulson nei panni della moglie di Ben Bradlee, Bruce Greenwood è il segretario McNamara (colui che ha scritto il documento che viene svelato, sugli studi sulla guerra del Vietnam).

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Come trarre nettare da un mattone / 5 Febbraio 2018 in The Post

Prima di andarlo a vedere mi sono visto su YouTube un paio di documentari sui Pentagon Papers e mi son detto: madonna sto film deve essere un pacco. Una materia che potrebbe stuzzicare solo gli history-nerd, i complottisti e simili. Ma avevo trascurato una cosa fondamentale: il fattore Spielberg.
Un cineasta simile riesce a produrre nettare anche da un mattone. La storia è avvincente dall’inizio alla fine, arredata con finezza rasente la perfezione; dai costumi alle rotative, tutto è ricostruito senza risparmio di dettagli.
Tom e Meryl vabbè, sono due monumenti di Hollywood – e la loro comparsa da Fazio ha dato una notevole spinta agli incassi in Italia – ma ottimi anche gli altri elementi del cast, soprattutto Odenkirk e Greenwood. La voce di Nixon quasi fuori campo è veramente inquietante, dà il giusto tocco di thrilling a una storia di libertà e dovere di informazione. Edificante e fatto divinamente.

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