Recensione su La passione di Cristo

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La passione di Cristo
Regia:

poteva essere 6, ma gibson mi sta antipatico / 3 Maggio 2012 in La passione di Cristo

Premesso che Gibson è uno degli attori peggiori che abbiano mai passeggiato davanti ad una cinepresa, che non vedo quasi mai i suoi film se non sono mossa da altri interessi, posso giudicarlo molto poco, ho visto troppo poco. Ovviamente ricordo qualche suo tentativo buonista come regista, ma non ho mai superato i 10 minuti di visione causa collasso nel sonno.
Gibson ha un buon mestiere nel girare, The passion non è girato male, buon ritmo, gran uso enfatico del montaggio, inquadrature studiate e sensate per ciò che voleva comunicare, bisogna riconoscerglielo, ma ciò non fa di The Passion un gran film, anzi.
Trasuda retorica in ogni sequenza e la trovo una operazione di estetizzazione della violenza che se avesse avuto un soggetto diverso la Chiesa cattolica avrebbe fatto precipitare nell’inferno, e che, indipendentemente da questo, è stucchevole.
Ottima operazione di marketing, dal punto di vista commerciale un gran prodotto, ma è un film proprio fine a se stesso, alle palate di soldi che ha incassato (e allora anche Superman e 3 volte i Pirati sono dei gran film) e alla fascistoide crociata di certi individui (discorso a latere che ebbe peso ai tempi, ora spero un po’ meno). Inutile, direi, nell’aggiungere qualcosa al tema, eppure il Cristo è un tema infinito.
A mente fredda mi è rimasta una smagliante messa in scena di violenza e sangue, estetizzazione pura, ma per il cinema in quanto tale senza molto senso.

Per i sottotitoli: altra trovata brillante, ma cinematograficamente insignificante
, perchè non c’è nulla di documentaristico, neppure realmente realistico nella versione di Gibson della passione, nulla quindi che giustifichi “cinematograficamente” l’uso dell’aramaico.
Se faccio un’operazione di realismo allora abbraccio il dialetto, rispolvero una lingua perduta (essendo un pochetto accurato magari), ma se mi metto a far parlare latino ed aramaico e poi tiro fuori un ponzio pilato che non ha nulla del personaggio storico, dal punto di vista del film questo è un controsenso.

Se dobbiamo parlare di realismo fermiamoci alla figura di Pilato, qui buono, storicamente un uomo crudele a tal punto dedito a uccidere ebrei che fu ripreso da Tiberio in persona, un uomo che certo non parlava l’aramaico e che mai potè lavarsi le mani, un gesto tipicamente ebraico, impossibile in un cittadino romano. Impossibile che un tale personaggio fosse influenzato da sacerdoti e popolo, storicamente il gran sacerdote era nominato dall’autorità romana e in generale il modo di dirigere il tempio era subalterno alle direttive romane. I tentennamenti di Pilato sono continuamente accentuati, quando per la legge del tempo egli aveva il diritto di imporre serenamente la condanna.
Ma ci sono milioni di pagine dell’esegesi biblica che riportano alla realtà la parola scritta, come per esempio la riunione del sinedrio di notte…impossibile per i costumi dell’epoca, in prossimità della Pasqua poi!
E se per fedeltà intendiamo la fedeltà ai vangeli anche qui è come andar di notte. Gibson mischia i 4 vangeli agli apocrifi e ad un testo di una mistica di epoca sette/ottocentesca, tagliando qui e lì a piacimento: le parole di Matteo, Giovanni e Marco sono pochissime sulla flagellazione, nessuna in Luca; la salita al calvario è arricchita dalla folla, solo Luca ne parla, gli altri tacciono, ma Luca non cita personaggi ghignanti; Giovanni, da cui riprende lo schiaffo ricevuto da Gesù, non parla di processi, nè di un processo al sinedrio da Caifa o in altro luogo ebraico. Un po’ comodo.
Ma sinceramente Gibson è libero di tagliare, interpretare, adattare al suo pensiero ciò che vuole , può far parlare latino ginnasiale alle guardie romane (!), prendere a piene mani dalla tradizione devozionale di epoca medievale, perchè no? E’ un film, una storia, una libera interpretazione. Il problema è pretendere di rappresentare una storia in maniera realistica, ossia come storicamente si sono svolti i fatti. E ciò non è neanche un bel servizio reso a 2000 anni di esegesi biblica che hanno riconosciuto il carattere metaforico, apologetico, polemico, teologico su un impianto a tratti storico dei testi in questione, che, non dimentichiamolo, sono frutto di un processo redazionale complesso, e soprattutto sono da contestualizzarsi all’interno di un’epoca di aspre lotte interne al primo nucleo del cristianesimo, tanto da giustificarne il carattere agiografico.
E soprattutto chi redasse i vangeli non intendeva essere storicamente oggettivo, perchè questo è un concetto moderno, estraneo alla forma mentis dell’epoca.
Il problema attorno a questo film è tutto il corollario di discussioni gonfiate volutamente, ma è solo un film.

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