La morte corre sul fiume

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La morte corre sul fiume

Virginia, anni '30. Poco prima di essere arrestato per aver causato la morte di due uomini durante una rapina, Ben Harper rivela ai suoi piccoli figli, John e Pearl, il nascondiglio del bottino: la sorte beffarda vuole che in cella, in attesa dell'esecuzione, faccia la conoscenza del pericoloso Harry Powell, un sedicente predicatore che si sposta per le cittadine della provincia americana in cerca di giovani vedove da circuire e derubare.
laschizzacervelli ha scritto questa trama

Titolo Originale: The Night of the Hunter
Attori principali: Billy Chapin, Robert Mitchum, Sally Jane Bruce, Lillian Gish, Shelley Winters, James Gleason, Evelyn Varden, Peter Graves, Don Beddoe, Gloria Castillo, James Griffith, Gloria Pall, Paul Bryar, Cheryl Callaway, Alexander Campbell, Michael Chapin, Roy Engel, Kay Lavelle, Frances Morris, Mostra tutti

Regia: Charles Laughton
Sceneggiatura/Autore: James Agee, Charles Laughton
Colonna sonora: Walter Schumann
Fotografia: Stanley Cortez
Produttore: Paul Gregory
Produzione: Usa
Genere: Drammatico, Thriller
Durata: 93 minuti

Dove vedere in streaming La morte corre sul fiume

La morte corre sul fiume / 31 Luglio 2020 in La morte corre sul fiume

“La morte corre sul fiume” è uno dei film forse più anticonformisti di tutta la storia di Hollywood, nonché una delle pellicole dove forse più si analizza il rapporto tra apparenza e realtà, tra il bene ed il male.
Il film risulta bellissimo in quanto presenta una messa in scena essenzialmente fiabesca: tanto è vero che l’introduzione al film fa direttamente riferimento ai tradizionali racconti orali della favole. L’atmosfera della fotografia alimenta il paragone film-fiaba: le luci e le ombre giocano in continuazione tra di loro, con una precisa logica narrativa. La sceneggiatura inoltre risulta essere estremamente coinvolgenti: pur trattando tematiche delicate e complesse, il film risulta essere estremamente popolare. Insomma: un piccolo capolavoro da guardare assolutamente.

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Splendido Laughton / 24 Maggio 2017 in La morte corre sul fiume

Noir bizzarro, oserei dire strambo, se tale aggettivo non rischiasse di denotarlo in maniera negativa: si tratta della prima prova (accreditata) alla regia del mitico Charles Laughton e il risultato è spiazzante, ricco com’è di un inaspettato fascino gotico.
Tutto, qui, eccelle, dagli attori alle scelte tecniche e narrative.

In un bianco e nero modulato da forti accenti espressionisti e protagonista di arditissimi movimenti di macchina (dal basso, dall’alto, a volo d’uccello) e di accorgimenti stilistici davvero particolari (fondamentale, in questo senso, l’uso delle silhouette o ombre cinesi), Robert Mitchum è un lupo cattivo da manuale che, secondo me, non ha anticipato solo il terribile Max Cady da lui interpretato ne Il promontorio della paura del ’62 e quello poi rielaborato da De Niro nel remake scorsesiano del 1991, ma anche la caratterizzazione da parte di Nicholson del Jack Torrance di Shining (in particolare, nella figura del predatore/del cacciatore di donne e bambini-l’hunter che compare nel titolo originale del film di Laughton- richiamata apertamente e in maniera folle nelle note scene finali del lungometraggio di Kubrick, tanto simili al breve assedio di Mitchum alla cantina dove sono nascosti i piccoli protagonisti e alla successiva caccia agli stessi): nei primi minuti del film il suo pericolosissimo predicatore rivela immediatamente la propria natura schizoide in un dialogo surreale con Dio, senza, per questo, depauperare di tensione il lungometraggio, anzi arricchendolo di una precisa nota morbosa.
La sua è un’ossessione di natura sessuale sublimata da quella religiosa (posticcia e funzionale alle sue azioni criminali: il reverendo Powell è assolutamente conscio del fatto che il suo conclamato fervore religioso è una giustificazione ai propri atti, nonché un’ottima copertura degli stessi), un velo che altri personaggi del film usano per giustificare determinate scelte, compresa la sfortunata Willa (Shelley Winters) che, in uno strano deliquio, decide scientemente di farsi martire. Strepitoso il richiamo preraffaellita nella scena, inusitatamente lunga, del rinvenimento del suo corpo, incastrato nell’auto, sul fondo del lago. Willa, la melusina, la fata dell’acqua, già un tutt’uno con gli organismi lacustri, forse costretta a rimanere laggiù fino alla fine del mondo.

Laughton manipola e trasforma gli elementi del thriller, declinando il genere con i toni dell’horror, inteso questo non come la classica “storia di paura” con fantasmi annessi: si tratta di un horror dal respiro vagamente europeo (vedi Lang), in cui la componente psicologica è fondamentale, moderno, spaventoso ma ironico, dissacratorio, precursore di certe riletture più recenti del genere (vedi, Craven).
Quello che, a tratti, sembra un racconto per bambini (le strane musiche originali, dai temi smaccatamente fanciulleschi, lo ricordano a più riprese) è, in realtà, la truce rappresentazione di un macabro fatto di cronaca ambientato in un contesto già di per sé orrorifico come quello della Grande Depressione.
Ciliegina sulla torta, la presenza di un vero monumento del cinema, Lillian Gish, musa di Griffith e volto iconico, insieme a Mary Pickford, dell’epoca del muto.

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7 Aprile 2017 in La morte corre sul fiume

La morte corre sul fiume si annovera tra i cult movies del passato, grazie all’ironica figura del pastore Henry Powell – straordinariamente interpretato da Robert Mitchum -, rappresentando uno dei miglior villain “dimenticati” dell’universo cinematografico.
È proprio attorno a questo grottesco personaggio che ruota il film, un elemento discordante in quella che rappresenterebbe un’avventura per ragazzi ma estremamente cupa per il pubblico a cui potrebbe essere rivolto.
C’è fanatismo religioso, rappresentato da eccessi e bigottismo, sfruttato dal pastore per esercitare una contorta volontà divina che punisce i peccatori, abbindolando povere vedove e menti frastornate dalla fede soltanto per manipolare ed avere un proprio tornaconto.
Grande capacità dietro la cinepresa nel proporre una fotografia davvero d’effetto, con sorprendenti giochi di ombre.
Peccato che il film risulti noioso in alcuni tratti, mascherandosi da thriller quando in realtà possiede un esoscheletro da film per ragazzi “coraggiosi”, a cui la pellicola è rivolta risultando però inappropriata non solo per i contenuti maturi ma anche per la sua impostazione che non riuscirebbe ad esser compresa, divenendo semplicemente ambigua per il pubblico più giovane.
Finale deludente, intriso dalla morale della Grande Depressione, per lo più propinata durante le festività natalizie. Cliché, laddove poteva funzionare per il pubblico dell’epoca che sicuramente si scandalizzò per il film ma figurarsi se poteva esser permesso ad un ragazzo di vederlo dati i contenuti.
Durante la visione si spera in un concreto distacco dall’impostazione che lo accosta ad un film (involutamente) inappropriato per i ragazzi per divenire film rivolto agli adulti in maniera effettiva, in attesa di qualche scelleratezza attuata dal pastore, che brama di compierle e che lo farà anche, ma tramite gesti mascherati, limitandosi a perseguitare i due bimbi e stregare giovani fanciulle con il suo charme maledetto.

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Ordine sociale e ordine divino. / 23 Dicembre 2016 in La morte corre sul fiume

Piccolo grande capolavoro dell’immenso Charles Laughton, andatosene troppo presto e troppo in fretta. “La morte corre sul fiume” è un incalzante noir che riflette, ma sopratutto fa riflettere. Il desiderio da parte della popolazione di avere dei punti di riferimento in assenza di un’ordine sociale (notare come lo zio Bill ha paura di denunciare la morte della giovane madre di John e Perl per paura di non esser creduto) porta al fanatismo religioso, piaga che accieca in mancanza di istruzione e istituzione. Fortissima la critica alla religione, che, talvolta, sopprimendo qualsiasi esigenza umana, dimentica l’importanza della libertà come fondamento di qualsiasi virtù divina (il reprimere il desiderio dell’amore o il semplice bere un alcolico) allorché umana. Magistrali le interpretazioni e la fotografia.

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Una filastrocca buia nello scenario della Grande Depressione. / 18 Agosto 2015 in La morte corre sul fiume

Il film ripropone in maniera quasi invariata la trama dell’omonimo romanzo di Grubb, da cui è tratto, e vi aggiunge una messa in scena che ne accentua il pathos e le atmosfere fiabesche e infantili.
Il regista, noto anticlericale, accentua anche i temi del bigottismo e del fanatismo religioso. Un film straordinario con delle immagini splendide.
Lo stile di ripresa e la fotografia si rifà all’espressionismo tedesco degli anni ’20/’30, sopratutto nelle scene notturne, con effetti di straordinaria profondità di campo, grandangoli impossibili, scenari palesemente falsi e antinaturalistici, stilizzate scenografie gotiche.
Nel ruolo del Predicatore un gigantesco Robert Mitchum, che qualche anno dopo riprenderà un ruolo da maniaco psicopatico ne Il promontorio della paura.
Il film fu un insuccesso commerciale e questo precluse al novello regista di realizzare altre opere
All’uscita del film Francois Truffaut predisse:

“Con un film come questo non si può inaugurare una carriera di regista Hollywoodiano e si può ben scommettere che questo film, realizzato nel completo disprezzo delle più elementari norme commerciali, sarà l’unica esperienza di Charles Laughton: ed è un vero peccato”

Già un vero peccato!

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