La familiarità di Loach / 18 Febbraio 2016 in Paul, Mick e gli altri

I vecchi film di Loach mi fanno puntualmente uno specifico effetto, quello che provo quando mi capita di rivedere Ladri di biciclette di De Sica: letteralmente, patisco pena fisica, pensando a quale immane sfortuna sta per abbattersi sui protagonisti. Perché, statene pur certi, il dramma è dietro l’angolo: bisogna solo aspettare, per vedere in quale forma si presenterà.
Lo confesso: la sensazione prevalente, al termine della visione del film, è di sollievo. Non tanto per le sorti dei protagonisti, quanto perché, almeno sullo schermo, i patimenti sono terminati.

Eppure, amo entrambi, sia Loach che il neorealismo di De Sica: mi beo della capacità del vecchio Loach di non tralasciare nessuna lacrima e nessun sorriso, nessuna ansia, né alcun sollievo e apprezzo la sua capacità di calare subito lo spettatore in un contesto preciso, facendogli prendere velocemente confidenza con un ambiente estraneo, toccando argomenti (famiglia, amici, soldi) di facile riconoscibilità, senza facili accomodamenti.

In questo film, per esempio, il tema della sicurezza sul lavoro è un utile pretesto per raccontare della trasparenza tra individui, dei compromessi e delle scelte con cui bisogna rapportarsi per sopravvivere.

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