The Midnight Sky

Finalmente, dopo 3 anni nella watchlist di Netflix, ho deciso di cliccare su play…
Ma non proprio “finalmente”! Perché nonostante le recensioni negative ho voluto lo stesso vedere questa pellicola, diretta e interpretata da Clooney in modo egregio, ma senza quello spicco di qualità rispetto ad altre del genere.
Il film purtroppo scorre lento, tra flashback qua e la, e pochi momenti di suspence che non bastano ad alzare l’asticella dal mediocre.
Peccato. Una storia sprecata.
5/10.

Una vicenda che procede a un passo lentissimo, congelato, trova il primo e unico sviluppo drammatico – la passeggiata spaziale – a due terzi del film; e l’episodio appare come un riempitivo, estraneo com’è alla trama principale degli eventi. Non giova alla dinamica di Midnight Sky il fatto che uno dei personaggi sia praticamente muto; e la sorpresa finale – che potremmo chiamare in un certo senso un Gravity invertito – non è poi così inattesa. Corona il tutto un’accuratezza scientifica non del tutto inappuntabile, con un grosso satellite di Giove sfuggito misteriosamente a Galileo e a diverse altre generazioni di astronomi, e una nave spaziale che finisce inesplicabilmente fuori rotta. Però gli effetti speciali non sono male.

È una sceneggiatura che porta avanti tre storie contemporaneamente su diversi piani temporali ma esposti con linearità per rifiutare ogni accenno di nolanismo (o proprio per paura di presentarsi come film di genere), e la cosa può annoiare. Il catastrofismo è esagerato senza costruzione e arbitrario, e i personaggi stereotipici alla star trek.

Prende il pretesto del melodramma e il pretesto della fantascienza, ma pretesti al servizio di nient’altro. Pretestuoso.

Però si può guardare senza pretest—ehm, senza pretese.

Che noia.
The Midnight Sky nulla toglie e nulla aggiunge al genere sci-fi, né in termini narrativi, né dal punto di vista estetico o tecnico.
Clooney fa il suo diligente lavoro di recitazione e regia, ma la storia è piatta e il film scorre in maniera inutilmente prolissa per circa due ore.
Però, nonostante ciò abbia comportato la mancanza di trhilling, ho apprezzato una cosa: finalmente, un equipaggio interstellare (cinematografico) in cui non esistono rivalità, tensioni, psicopatologie varie e sotterfugi. Il gruppo di professionisti che viaggia insieme a Allison (Felicity Jones) è un gruppo coeso in cui ognuno lavora per gli altri, perché sa che solo dalla collaborazione deriva la salvezza di ciascuno (il che non sembra alla base del comportamento di chi è rimasto sulla Terra).

Domanda con spoiler, occhio:
se l’equipaggio superstite della nave spaziale è l’unico manipolo di umani ancora in vita, dò per scontato che l’umanità sulla Terra sia praticamente estinta (e, se anche vi fossero ancora dei sopravvissuti, come potrebbero raggiungere il nuovo pianeta?). In questo senso, non mi è chiara tutta la serenità che traspare da Allison e il capitano. Sul pianeta satellite di Giove, per caso, ci sono altre persone? Cioè, la spedizione annoverava altri esseri umani?