Recensione su The Master

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18 Agosto 2013

Quel che rimane impresso di The Master, almeno per me, sono le composizioni delle inquadrature, una in particolare : Lancaster e Freddie paralleli e opposti, dopo il primo test/botta e risposta, fotografati e posizionati come un quadro di Hopper. La costante di tutta la pellicola è stata la perfezione stilistica e l’eleganza, insieme ad una atmosfera tesa e ombrosa, se non accecante di luce, che ben racchiude l’intreccio di due storie: il mistico e il disagiato, stretti da un legame di attaccamento inspiegabile, forte e folle, ma infine collassato, credo, in una pantomima liberatoria.
Greenwood sempre stridente e bellissimo, Anderson che danza con la cinepresa e attori eccezionali, tutti frullati dentro un’opera che è più ridimensionata rispetto a There Will Be Blood, ma che nondimeno parla forte e chiaro con gli occhi e la postura storta di un Phoenix bravissimo.
Assurdo nei concetti, mai gridato e dall’atteggiamento discreto, il film si legge come si vuole; io con Freddie e la sua scelta, ragionata o meno.

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