18 Recensioni su

The Master

/ 20126.6285 voti

Il potere della recitazione / 16 Aprile 2020 in The Master

Film discutibile e per molti versi noiso, ma poco importa.
Gli attori surclassano in tutto e per tutto.

Film discreto. Attori(Phoenix-Hoffman) eccellenti. / 13 Settembre 2019 in The Master

Il film racconta, in maniera un po’ romanzata, la storia del fondatore di Scientology, Lafayette Ron Hubbard (nel film Lancaster Dodd) e del reduce Freddie Quell (un intensissimo Joaquin Phoenix).
Freddie Quell è un soldato americano che ha combattuto nella seconda guerra mondiale e torna in patria con evidenti problemi psicologici: da una risata patologica, all’ingobbimento a gravi disturbi ossessivi che riguardano la sfera sessuale. Rifiutato il sostegno psicologico garantitogli dall’esercito, Freddie, si da all’alcolismo (anche questa parte è molto interessante perché ci descrive in maniera più approfondita il personaggio e il suo disagio); lui non beve dei semplici alcolici, ma prepara dei distillati fatti in casa con: alcool, detersivi e alcuni tipi di solventi che ne aumentano notevolmente l’effetto stordente(in un’occasione un poveraccio assaggiando uno dei suoi intrugli ci rimette quasi la pelle). Tra una sbornia e l’altra, un giorno, si ritrova su una nave senza sapere come ha fatto a finirci e fa la conoscenza di Lancaster Dodd, il leader di una “setta”(passatemi il termine) denominata “La Causa” e di tutti gli adepti aderenti a questo movimento. Lancaster è uno uomo carismatico dalla spiccata abilità oratoria che gli garantisce fedeltà e idolatria da parte dei membri del gruppo (Rust Cohle direbbe che cerca di vendere l’inganno ontologico, ma non divaghiamo).
I due sembrano entrare in simpatia, fanno lunghe chiacchierate sorseggiando le dubbie misture preparate per l’occasione, su rischiesta di Lancaster, che sembra essere motivato a capire Freddie e aiutarlo tramite dei test domanda/risposta che ricordano l’ipnosi e che sembrano giovare a quest’ultimo.
In poco tempo Freddie diventerà un membro portante del movimento ma, complice la differente indole, i due non termineranno il percorso intrapreso insieme come si aspettavano.

Il problema di questo film è che sia Hoffman che Phoenix sono talmente magnetici da far passare in secondo piano la trama. E’ stata a tutti gli effetti un’arma a doppio taglio perché si passa dall’aspettare con ansia gli incontri-scontri tra Lancaster e Freddie al guardare il minutaggio per sapere quanto manca alla fine del film quando i due non sono insieme.
Dal punto di vista visivo è ottimo, scenografia e fotografia molto ricercati che contribuiscono, a mio avviso, a invogliare lo spettatore a rimanere fino ai titoli di coda. Sicuramente, per mio gusto personale, ho preferito altre pellicole di Anderson, da “Magnolia”, a “Il Petroliere” al più recente ” Il filo nascosto”.

Questo film mi ricorda quando da più piccolo andavo in in gita con la scuola a vedere le mostre di quadri, mi annoiavo parecchio ma c’erano dei dipinti che catturavano la mia attenzione, erano belli, senza dubbio e suscitavano in me dell’interesse, ma la domanda è : sarei tornato a vedere quella mostra? E la risposta è no.
Mi è piaciuto questo film? Si, anche se esclusivamente per la prova attoriale da applausi. Ne consiglio la visione? Assolutamente si. Lo riguarderei? Non ora, più avanti magari.

*Ultima cosa, un plauso al doppiaggio di Adriano Giannini che è migliorato notevolmente in questi anni(forse grazie agli insegnamenti di papà Giancarlo) dal Joker di Heath Ledger(The Dark Knight) a Dicky Eklund di Christian Bale(The Fighter) a Rust Cohle di Matthew McConaughey(True Detective) a John Fitzgerald di Tom Hardy(Revenant) e vedremo come se la caverà nei panni del nuovo Joker di Joaquin Phoenix.

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Maestro e allievo / 28 Dicembre 2014 in The Master

P.T. Anderson racconta la ricerca di una sorta di rinascita interiore, inseguita da un Joaquin Phoenix nei panni di un problematico reduce del secondo conflitto mondiale. Un percorso che va a toccare con eleganza numerosi temi (si passa dalla psicoanalisi al sesso, passando per la “pseudo-religione”).
Anderson confeziona un buon prodotto. Lo fa avvalendosi, oltre che delle proprie capacità, di due interpretazioni decisamente sopra le righe di Philip Seymour Hoffman e del già citato Phoenix. Ne esce una pellicola sicuramente dallo svolgimento lineare, forse meno riuscita rispetto a Il Petroliere, ma comunque decisamente intensa e meritevole di visione.

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25 Aprile 2014 in The Master

Brillante e curiosa l’interpretazione di Joaquin Phoenix, attenta e misurata quella del compianto Seymour Hoffman.
Al di là del richiamo o meno al movimento di Scientology, la pellicola offre uno spunto di riflessione sulla facilità con cui individui fragili e soli, in cerca di un proprio posto nel mondo, possono essere ghermiti e sottomessi da personalità più forti, dalla cui ombra è poi difficile separarsi.
La sceneggiatura però non regge. Procedendo perde in compattezza, apparendo via via sempre più debole e sfumata. Inciampa e si perde. E chissà, non è forse un caso se le più importanti nomination a festival e concorsi il film le abbia ottenute proprio sul versante attoriale.

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5 e mezzo / 9 Febbraio 2014 in The Master

Un film scialbo, completamente carente di attrazione.
Un’accozzaglia di interpretazioni anche notevoli, con una fotografia di indubbia qualità (le uniche due cose che gli han fatto guadagnare qualche stella) e null’altro, senza tensione, senza una storia, senza capo né coda. La premessa di un passato traumatico, l’incontro con un potenziale guaritore, i sintomi di disagi profondi, danno potenziale a un film che invece cade, fallisce nel tratteggiare e delineare approfonditamente i personaggi, nello sviluppare i loro rapporti. Un peccato di sicuro.

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18 Agosto 2013 in The Master

Quel che rimane impresso di The Master, almeno per me, sono le composizioni delle inquadrature, una in particolare : Lancaster e Freddie paralleli e opposti, dopo il primo test/botta e risposta, fotografati e posizionati come un quadro di Hopper. La costante di tutta la pellicola è stata la perfezione stilistica e l’eleganza, insieme ad una atmosfera tesa e ombrosa, se non accecante di luce, che ben racchiude l’intreccio di due storie: il mistico e il disagiato, stretti da un legame di attaccamento inspiegabile, forte e folle, ma infine collassato, credo, in una pantomima liberatoria.
Greenwood sempre stridente e bellissimo, Anderson che danza con la cinepresa e attori eccezionali, tutti frullati dentro un’opera che è più ridimensionata rispetto a There Will Be Blood, ma che nondimeno parla forte e chiaro con gli occhi e la postura storta di un Phoenix bravissimo.
Assurdo nei concetti, mai gridato e dall’atteggiamento discreto, il film si legge come si vuole; io con Freddie e la sua scelta, ragionata o meno.

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5 Maggio 2013 in The Master

5 Aprile 2013 in The Master

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

C’è quello dei Phoenix che non è River che si masturba sul ciglio del mare. Ché sono un fottuto nostalgico di Stand by me. Comunque. Freddie torna dalla guerra, un po’ tipo Carlo Martello, anzi, per niente come Carlo Martello, torna e tanto bene non sta. Si scoperebbe qualsiasi cosa, come faceva con le forme di donne disegnate sulle sabbie del Pacifico, e sbevazza ancora di più. Non ha qualità, questo Freddie, se non di sapersi alienare gli altri, e di preparare un beverone superalcolico che gli permette di avvelenarsi e farsi amici e nemici. Nel suo sfuggire a disavventure da vagabondo, incontra Filippo S. Hoffman, nel ruolo di una specie di fondatore di setta con un rivoluzionario metodo di introspezione psicologica e blabla. Proprio setta, con adepti idolatranti e famiglie al seguito. Freddie finisce sotto la sua protezione, e si accoda, e difende il capo quando qualcuno lo deride, e fa a botte, e il loro rapporto sarà strettissimo e durerà anni. Il ruolo di persona stupida e dai comportamenti irrazionali, non ne fa una giusta, questo spetta al Phoenix. Filippo invece ha il ruolone di superprofeta di una lieta nuovanovella, e tiene il suo pubblico in un pugno tranne poi trovarsi spesso tanto solo quanto il suo stupido amico. Che non capisce, ma anche a capire si è soli lo stesso. Infatti sarà Freddie, e non il Master, a uscire dal film con un miglioramento alla mano, a superare i nodi del passato e a optare per un futuro. Mentre a esser Master si va avanti, per inerzia e per l’approvazione degli altri, ma al nocciolo non ci arrivi. Almeno, questo non ci arriva.
Detto così non si capisce forse :/ mi è piaciuto assai più il personaggio di Filippo che quello di non-River. Perché uno stupido non fa primavera.

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Cercasi adepti / 17 Marzo 2013 in The Master

A me è capitato di uncontrare un Freddie Quell ubriacone, egoista ed iracondo ma non appena ho capito che era una causa persa l’ho lasciato al suo destino. Sarà per questo che non darò vita ad un culto parareligioso?… Mannaggia e io che ho sempre sognato di avere degli adepti… Uff!

28 Febbraio 2013 in The Master

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Un film che viaggia tra il quasi capolavoro, e l’insostenibile e l’inconcludente (soprattutto parte centrale). Ma il fascino è tanto, e PTA si dimostra ancora una volta un regista di talento purissimo, che anche senza virtuosismi riesce a costruire storie imperfette, di uomini imperfetti, sfiorando la perfezione cinematografica. Alcune scene sono da manuale del cinema, sia per scrittura che per interpretazioni (quella nel deserto e l’ultimo confronto tra Hoffman e Phoenix su tutti). I due interpreti maschili giganteggiano. Phoenix in particolare, con quella postura, con quella camminata, con quello sguardo, con quel ghigno perenne, entra completamente nella follia di Freddy (pazzo lo è di suo, quindi ha interpretato qualcosa di se stesso).
Imperfetto ma geniale.

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21 Febbraio 2013 in The Master

Mi aspettavo qualcosa di completamente diverso.
L’interpretazione di Joaquin Phoenix è eccezionale e mi è piaciuta molto anche la fotografia. Però si tratta di un film che non mi ha coinvolto e che ho trovato piuttosto lento.

11 Febbraio 2013 in The Master

Grandi attori ma il film è decisamente noioso e lungo.
4 è anche troppo.

sette e mezzo / 30 Gennaio 2013 in The Master

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Bello è bello, capolavoro no, ma bello. Come mi piacerebbe che uno solo dei registi italiani avesse quella purezza dello sguardo che ha Anderson, come mi piacerebbe che uno solo dei film italiani potesse prendersi il tempo di abbandonarsi al bello come fa questo film anche solo con quell’inizio che ti riconcilia con la settima arte (l’acqua che scivola via e il primo piano di Phoenix). Girato bene, ma davvero bene, sottolineamolo, perché è vero che lui è bravissimo e meno che bene non può fare, ma sottolineamolo. Trovo un po’ troppo avviluppato il soggetto, come se nello svolgerlo vi si fosse imbrigliato. Questo ennesimo capitolo della storia della sua nazione (un monumento dovrebbero fargli) forse perché guarda ad una setta che in USA avendo lo status di religione diventa difficilmente indagabile, forse perché il film non è veramente centrato lì mi sembra troppo concentrato su un tema psicoanalitico mentre il senso del potere così costretto nella diade Hoffman/Phoenix mi sembra svolto in maniera poco spalmabile a livello sociale.
C’è un titanismo fra personalità che la macchina da presa cristallizza benissimo, campi, controcampi, anche la scena della galera, inquadratura divisa in due con le due anime separate dell’io, l’una a sinistra (l’animalità istintuale), l’altro a destra (la ragione). Non mi aspettavo però la stitichezza nelle pennellate riguardanti il contesto sociale, tolta la prima parte in cui si indottrina il reduce al sacro verbo del successo economico/lavorativo e le scene asfissianti e laccatissime sull’immaginario anni cinquanta della provincia regolare, perfetta, equilibrata e necessariamente sorridente, poi Hoffman si muove in un ambiente poco caratterizzato. Ci sono adepti abbastanza ricchi da cercare il balsamo delle parole rassicuranti del profeta, ma l’impatto del suo indottrinamento è così agli inizi che se ne rappresentano le difficoltà (la sovvenzionatrice i soldi li rivuole indietro), c’è la Dern che non capisce il fatto che non sia il testo, il modello che ha importanza, ma l’uomo che le propone, però nulla di più.
Lunga è l’analisi del rapporto di Phoenix con il femminile e il maschile (sin dalle prime scene la madre/donna di sabbia che è il suo simbolo sessuale e femminile di accoglienza vicino a cui si accoccola e che poi chiude il film, la ricerca della donna sognata dolce e femminile, lui è l’unico che non fa sesso se non all’ultimo, ma è concupito, dalla madre reale è guardato e vivisezionato con estremo rigore e giudizio), il bisogno di guida che si placa con la chiusura della lacerazione riguardo all’ideale femminino e alla realtà materno/sessuale della donna. Hoffman è rapito dall’impresentabile Phoenix anche perché è la liberazione degli istinti che lui ha imbrigliati attraverso il dominio della sua Lady Macbeth personale (che infatti non vuole neppure che lui beva) e alla razionalizzazione del vissuto (quella storia del tornare indietro e dell’immaginare avanti non so se sia veramente calata sull’esempio di Scientology, ma ricordiamo che il ricordare il passato e confrontarsi con esso è uno dei meccanismi della psicoanalisi classica che Scientology aborre).. Tutti e due, discepolo e guida, sono diversamente avviluppati dietro a dipendenze e iati non risolti, ma mentre Phoenix desidera un femminile che è luminoso e non castratorio e, seppur con un percorso molto accidentato, alla fine lo trova, Hoffman in fondo è soggiogato dalla sua donna onnipotente che determina e libera lo sviluppo della sua razionalità pura.
Scena splendida l’incontro a Londra, notavo il lato sinistro dell’ufficio con i pavimenti rovinati, la vetrata imponente come un suggello di superomismo subito ricondotto alla realtà .

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14 Gennaio 2013 in The Master

Un film che necessariamente fa discutere. Per molti aspetti. Innanzitutto, la scelta di girare in 70 mm, cosa che non si faceva da diversi anni. Anderson è un autore colto ed estremamente capace, che sa sfruttare la possibilità di conferire alle immagini una patina di autenticità tangibile. I colori sfumano, come alcune inquadrature in cui il viso di Phoenix va ondeggia fuori fuoco. Il carattere del personaggio viene riproposto anche a livello stilistico con grande abilità.
La grandezza degli attori è un altro punto da segnalare: Phoenix e Seymour-Hoffman sono due metà che in parte si attraggono e in parte si allontanano. Due individui soli e intimamente collegati. Davvero due bellissime prove da parte di entrambi: Phoenix meriterebbe un oscar per il grado di disperazione che ha saputo far emergere, anche a livello fisico.
La storia è forse il nodo cruciale. Si parla di Scientology? Dodd è ispirato a Hubbard? Tutti dicono di si, Anderson non conferma. Poco importa. Anderson non fa altro che portare sullo schermo una “storia” che getta le radici nel tessuto sociale americano. La presenza di sette e culti, movimenti di pensiero alternativi che già da metà del secolo scorso hanno preso piede soprattutto negli USA, è un fatto. Un fatto raccontato e descritto da Anderson attraverso l’ambigua relazione tra due protagonisti, un maestro e un “discepolo”.
I temi proposti possono essere più o meno condivisibili ma la base psicologica dei personaggi è ben caratterizzata: i traumi del soldato, i dubbi del maestro, la sua incapacità di sostenere un confronto, tutto questo trova ampio margine di descrizione nei due personaggi principali.
Personalmente, credo che non sia un’opera a sostegno delle correnti di pensiero di cui parla, ma questo non è comunque ciò che interessa al regista che preferisce soffermarsi sulla solitudine di due uomini speculari.
Non è al livello di Magnolia e neppure del Petroliere, anche se si avvicina a quest’ultimo come stile, ma rimane un film importante su una tematica scottante, soprattutto oltre oceano.
L’academy ha detto di non aver trovato il decimo film da inserire nella lista dei candidati all’oscar. Forse perchè piuttosto di citare un film in gradi di suscitare un dibattito interno ha preferito il pulp di Tarantino e l’indie di Ang Lee. Peccato non aver avuto più coraggio per proporre anche questo film.

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The Master / 13 Gennaio 2013 in The Master

Pellicola incentrata sulla ricerca di se stessi e la necessità di essere ascoltati risulta ambigua ed affascinante. Le incredibili interpretazioni dei protagonisti, assolutamente magistrali, e una bella fotografia affiancano una storia che procede a fatica e non senza momenti piuttosto noiosi.

così così / 5 Gennaio 2013 in The Master

Regia e fotografia di alto livello. Interpretazione eccezionale di Joaquin Phoenix. La storia però, sebbene muova diverse chiavi interpretative, non mi ha convinto.

4 Gennaio 2013 in The Master

(Sei stelline e mezza)

Mano registica impeccabile, quella di P.T. Anderson, ed interpretazioni magistrali, quelle di Phoenix e P.S.Hoffman, senza contare che fotografia, sonoro, musiche e costumi sono da manuale.
Il messaggio è attuale, pienamente comprensibile e condivisibile: la ricerca spasmodica di comprensione, di attenzione e di affetto, di esempi morali da seguire, di identità personale e di collocazione all’interno di un contesto sociale definito costituiscono il fulcro della follia di Freddie Quell, il protagonista, paradigma dell’uomo comune (più comune di quel che sembra, nonostante la sua palese alienazione), in costante pellegrinaggio affettivo.

Purtroppo, però, dal punto di vista del racconto, il film non mi ha convinta fino in fondo, ed ecco il motivo del voto risicato.
Se ne Il petroliere (e faccio riferimento a questo titolo della filmografia di Anderson, perché -a mio parere- segna una netta cesura, rispetto alla sua produzione precedente e perché con The Master ha comunque forti analogie) la furia di Plainview è cieca ma, paradossalmente, razionale, votata coscientemente alla ricerca del potere materiale, qui l’impulsività di Quell (e in seconda battuta) l’egocentrismo di Dod sono legati a disagi personali, a disfunzioni comportamentali più articolate che, forse, comprendo (o accetto) con più difficoltà.

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Eccezionale / 3 Gennaio 2013 in The Master

Ho l’onore di essere il primo a recensire questo capolavoro.
Sesto film di Paul Thomas Anderson. Partendo dalla storia di un problematico ex militare e dei suoi tentativi di re-inserimento nella società, il regista californiano arriva ad indagare sul rapporto tra il culto, le sette e la loro capacità di attrarre soprattutto gli individui dalla personalità più debole ( non mancano, a questo riguardo, le analogie con Il Petroliere ). Molto rumore si è fatto intorno alle presunte similitudini tra La Causa (la fittizia setta raccontata nel film) e Scientology. In realtà quest’ultima non viene mai citata esplicitamente e lo stesso Anderson pare indagarne il fenomeno con occhio acritico, senza prendere una inequivocabile posizione, concentrandosi maggiormente sui rapporti tra i personaggi.
Vale la pena citare, all’interno del cast eccellente, soprattutto un grandissimo Joaquin Phoenix che ritorna alla grande con un’interpretazione sofferta che da sola vale tutta una carriera.

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