“A working class hero is something to be” / 1 Agosto 2011 in Gioventù amore e rabbia

Aveva la faccia, Tom Courtenay, da buffo eroe proletario: capelli tagliati alla bell’e meglio, guance scavate, occhiaie profonde e abiti sdruciti. E, poiché quel film altro non è che un tassello della modesta epopea della classe lavoratrice (urbana e suburbana) inglese degli anni ’50 e ’60 che, registi come Anderson, Reisz, Schlesinger, e, appunto, Richardson, con i loro attori feticci, contribuirono a creare, Courtenay ci sta dentro perfettamente.
C’è il tentativo, da parte di Richardson (e, forse, anche di uno sceneggiatore d’eccezione, lo scrittore Alan Sillitoe, il quale adattò, per l’occasione, una propria short novel), di stemprare la tensione, di ridurre la dimensione di un dramma quotidiano, ma non per questo meno straziante (è il dramma di una gioventù disorientata, continuo oggetto di rimproveri da parte di genitori allo stesso modo frustrati ed insoddisfatti, in una società dove tutti, o quasi, subiscono il fascino del denaro, disposti a sacrificare affetti e moralità pur di raggiungere un certo benessere): musichette da sit-com, scene velocizzate, disegnini cartoonizzati, fanno in modo che aleggi, sul film, un’atmosfera da commedia. Malgrado o proprio grazie a questo, però, il coinvolgimento dello spettatore nella storia è totale: entriamo con Colin nelle stanze del riformatorio dove viene rinchiuso dopo un furto in un panificio, riviamo con lui (attraverso una lunga serie di flashbacks) la morte del padre, la “corruzione” della madre, il primo, piccolo amore per una dolce ragazza di nome Audrey; proviamo, con lui, la tentazione di cogliere, finalmente, quell’unica, preziosissima occasione di riscatto (nel riformatorio, Colin scopre d’essere un’eccezionale corridore di maratona), anche a costo di lasciare indietro gli amici, cancellare il passato. Ma come Billy (il Billy Fisher dello splendido film di Schlesinger) non può prendere quel treno per Londra, così Colin (e non è un caso, forse, se entrambi hanno il volto di Courtenay) non può tagliare quel traguardo prima degli altri, non può distinguersi, non può correre lontano dal disamore e dalla miseria, perché farlo significherebbe piegarsi ad una logica, quella dei potenti, alla quale aveva promesso di ribellarsi sempre.

Leggi tutto