18 Recensioni su

The Lobster

/ 20157.3469 voti

Poveri single / 15 Maggio 2020 in The Lobster

Film particolare di Lanthimos (che in futuro dirigerà “La favorita”) premiato dalla Giuria a Cannes.
In un futuro distopico, essere single è considerato un reato (povero me) che viene punito con l’arresto e la deportazione in un hotel dove si hanno 45 giorni per trovare l’anima gemella altrimenti si viene trasformati in un animale a propria scelta.
Ed è qui che troviamo il protagonista del film, David (Colin Farrell), appena arrivato all’albergo con il cane che sarebbe il fratello che è stato trasformato. Nell’hotel vigono regole particolari, l’anima gemella deve avere un qualcosa in comune e si arriva a fingere per non essere trasformati.
La prima parte si svolge nell’hotel, paradossale e particolare le scenette con le differenze tra essere in coppia o essere single; nella seconda ci troviamo invece nel bosco circostante dove vivono in clandestinità i Ribelli Solitari.
Anche qui ci sono regole severe (praticamente l’opposto dell’hotel, qui chi viene trovato a flirtare viene gravemente punito).
Il film però è molto carino e avvincente, straniante ma una feroce satira sulla vita di coppia ma non solo.
Il titolo è la traduzione in inglese di aragosta ovvero l’animale in cui vorrebbe trasformarsi David.
Nel resto del cast troviamo Rachel Weisz, la ragazza miope di cui David si innamora nel bosco, Lea Seydoux nei panni del capo dei ribelli, John C. Reilly è l’uomo bleso (con il difetto di pronuncia e che sceglie l’unico animale che parla ovvero il pappagallo), Ben Whishaw è l’uomo che zoppica (che finge di soffrire di epistassi per stare con la ragazza
interpretata da Jessica Barden), Olivia Colman è la direttrice dell’hotel.

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Premessa surreale / 21 Maggio 2019 in The Lobster

C’è qualche traccia di Fahrenheit 451 in questo film di Yorgos Lanthimos: la società distopica dalle regole crudeli; la resistenza che sopravvive nei boschi; un certo tono distaccato del racconto (anche se The Lobster ha una crudezza che manca al film di Truffaut).
Lanthimos ci parla dell’esclusione sociale – portata all’estremo della disumanizzazione – che colpisce chi non trova un compagno; ci parla della menzogna che vive chi l’ha trovato; in breve, ci racconta l’impossibilità dell’amore in un mondo che pure lo valuta moltissimo. Se dovessi indicare una scena rappresentativa dell’intero film, sceglierei quella in cui Olivia Colman canta sul palco con il viso impassibile una canzone romantica.
È notevole il modo perfettamente conseguente in cui il film dipana la premessa surreale da cui parte: i protagonisti si comportano esattamente come si comporterebbe qualcuno che vivesse davvero in un simile mondo, tra goffi imbarazzi, inganni meschini e quieta disperazione. Questo realismo «secondario» riesce quasi a far dimenticare l’assurdità dei presupposti.
Peccato che verso la metà The Lobster perda l’ispirazione che l’ha animato fin lì: la parte nei boschi capovolge un po’ meccanicamente la parte ambientata nell’albergo, senza raggiungere la stessa coerenza narrativa. Mezz’ora in meno di durata avrebbe giovato al risultato finale.

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Scioccante / 20 Maggio 2017 in The Lobster

In un futuro (ma non proprio, meglio dire presente alternativo) essere single è il male. Ma per davvero, tanto più che chi è rimasto da solo, per scelta o no, viene portato in un hotel, dove ha 45 giorni di tempo per trovare l’anima gemella, e chi non ci riesce, verrà trasformato in un animale a sua scelta. Vigono strane leggi qui dentro, e il protagonista, interpretato da Colin Farrell (in un ruolo decisamente inusuale) cerca di cavarsela, tra battute di caccia alla gente rimasta single che vive nelle foreste, tentati rapporti, e fughe. Difficile descrivere il film a parole onestamente, perché è davvero molto particolare. Parte da un’idea davvero originale e, pur non avendo per nulla ritmo, riesce sempre ad essere interessante e a proporre diversi spunti di riflessione. Nel cast, come detto, protagonista Farrell. Altri attori noti, in ruoli più o meno importanti: Rachel Weisz, John C. Reilly, Lea Seydoux. Un film nel quale vince l’originalità del tema, il modo nel quale viene affrontato lo stesso e diverse scene che definire schock sarebbe poco.

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Sorpresona / 16 Gennaio 2017 in The Lobster

In genere non sono fan di questi film stramboidi e fulminati , ma questa è stata un eccezione…Il film non cala mai di intensità, ha spunti interessanti e cmq “diversi” dai soliti cliché. Molto belle e suggestive le ambientazioni …Molto British e non convenzionali. Alla fine lo spettatore deve metterci qualcosa di suo , che solitamente per me questo rappresenta un difetto. Ma non questa volta. Eccellente , veramente eccellente , Colin Farrell.
Suggerisco di vederlo dopo due o tre birre , rende al massimo.

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Quando essere single è una colpa / 1 Settembre 2016 in The Lobster

Film che trasuda tristezza, angoscia e rassegnazione sin dai primi minuti.
Ottimi interpreti per una storia che, nonostante sia ambientata in un futuro distopico, fa riflettere sulla condizione umana e su quello che poi, alla fin fine, è il desiderio di tutti: essere amati.
Lo consiglio.

Non c’è libertà di rimanere soli e non c’è libertà di trovare qualcuno / 26 Luglio 2016 in The Lobster

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Non siamo liberi, ma neanche un po’.
Non siamo liberi di vivere aspettando che le cose accadano -o non accadano, chi lo sa- perché o succede e sei tra i normali o non succede e sei il diverso, l’emarginato, colui che deve essere considerato e trattato come tale.
Verrai punito, sarai da colpevolizzare, gli altri dovranno sapere che non rientri nella cerchia di coloro che hanno trovato l’anima gemella, quella uguale a te -perché avere quella cosa che vi rende uguali ti rassicura, ti fa pensare che basti ad essere felici, a renderti più vicino agli altri, quando poi ti troverai intorno ad un tavolo con lo stesso maglioncino di coloro di cui ti sei circondato a discutere del peso di un pallone da calcio di cui a nessuno importa-.
Quanta ipocrisia in un mondo di coppie felici che si sentono in dovere di donare, senza possibilità di scelta, questa felicità a qualcun altro.
Parafrasando:
Quanto ami tua moglie da uno a quindici? Quattordici. Dunque molto; potresti vivere senza di lei? Credo di sì. Chi dei due sopravvivrebbe senza l’altro. Io. Sapresti vivere da solo in un mondo in cui non puoi vivere da solo? Certo, amo la solitudine.
Ed ecco smascherato l’amore di chi si nasconde dietro una relazione perché rende tutto più facile. Di chi forse potrebbe ma preferisce non essere solo perché è la strada, a quanto sembra, con più ostacoli. Ostacoli creati da te stesso e da tutti coloro che si ostinano a pensare che non sia possibile intraprendere un’altra via. Carichiamo il timer per un conto alla rovescia e ci puniamo per non aver raggiunto l’obiettivo in tempo.
E devi stare male per questo. Perché hai fallito. Ma devi stare male anche se decidi di non accontentarti. Perché non scendi a compromessi. Perché non è giusto avere una scadenza. Perché non puoi vivere ogni cosa come un obbligo, non vuoi rientrare in uno schemino preciso secondo cui la solitudine equivale alla sofferenza, al pericolo, ad una morte solitaria e senza amore. Ma poi?
Neanche la parte dell’outsider è tanto facile da interpretare. Anche lì esci da un mondo che ti costringe a vedere la vita di coppia come la normalità, ad essere uguale agli altri, per poi entrare in un altro mondo non meno brutto in cui vivere da soli è sofferenza, è sacrificio, costrizione, ancora penitenza. Sei solo e devi faticare a sopravvivere. Ti sentirai braccato come una preda lo è dal proprio cacciatore che, infondo, ben poco se ne fa di quel bottino; serve spesso a riempire un vuoto, a dare un giorno in più a qualcuno per sopravvivere nel tentativo di poter vivere davvero.
E quindi? O sei con noi e ti adatti o non ti permetteremo di vivere in altro modo. Ti influenzeremo fino a farti credere che sia davvero così.

Non c’è libertà di rimanere soli e non c’è libertà di trovare qualcuno.

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Neosurrealismo cinematografico / 29 Aprile 2016 in The Lobster

Ipotesi di una diversa socialità, in cui l’organizzazione in coppie è il nucleo atomico minimo che non lascia spazio all’individuo solo. Allo stesso tempo messa in scena del contrasto ideologico tra categorizzazioni (coppia vs solo) che sono derive diverse in uno stesso modo di intendere la libertà personale, ovvero annientandola. Un ritratto neosurrealista -oserei inventare-, dove l’organizzazione assurge a matrice (in senso soprattutto matematico) del vivere sociale. Il finale è paura, speranza, dubbio, decisione e indecisione: tutto insieme.

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7.5 / 1 Marzo 2016 in The Lobster

Cosa ca**o ho appena visto.
Devo dire che non mi ero informato su questo film e non sapevo dunque che fosse di Lanthimos fino a poco fa ma devo ammettere che mentre lo vedevo sentivo l’aria di Kynodontas permeare tutta la pellicola. Suddetto film rimane comunque insuperato.
Cosa è “The Lobster”? Eh…vallo a spiegare.
Una società fin troppo simile a quella moderna obbliga tutti i cittadini ad essere “accoppiati”: se sei singolo finisci in un bel albergo dove hai una quarantina di giorni di tempo per trovare il tuo partner ideale e se non lo fai…vieni trasformato nell’animale che più di aggrada.
Boh, direte voi…e boh dico anch’io.
Sembra fantascienza, un po’ lo è, a ben vedere, ma il film non si basa su questo quanto su una rappresentazione della società moderna che ci spinge a seguire i suoi canoni obbligati: lavorare – sposarsi – fare figli – ripeti.
The Lobster si concentra sullo sposarsi: tutti si aspettano, ovunque, che ad una certa età tu sia, se non sposato, almeno fidanzato da tempo. Tanto che è inaccettabile che tu non lo sia e quindi ti obbligano a diventarlo, se non ci riesci perdi la tua umanità.
Ora non vi dirò altro, perché questo specchio della società attuale, almeno in una sua sfaccettatura, che è il film, poi si sviluppa e prosegue: ci sono cacce notturne ai fuggitivi, gente che mente, gente cui affidano figli solo per farli sentire più uniti…E ogni cosa che accade si sviluppa dietro il presupposto che un single non ha senso d’esistere perché è inutile per la società.
Al punto che i suddetti single si sentono in colpa: mai esiste possibilità di vera ribellione poiché ci si sente colpevoli nell’esser soli, al punto che si cerca di trovare qualcosa in comune col potenziale partner (presupposto fondamentale per essere in coppia) a discapito del proprio io, sia fisico che mentale.
Vedetelo e ne sarete felici.

Consigliato a: Dipendesse da me io lo farei vedere a tutti. Come pure Kynodontas…anzi, doveste scegliere puntate su quest’ultimo, ma se riuscite guardateli entrambi che meritano.
E’ lento in alcune parti, è metaforico, è riflessivo…rendiamoci conto che non è il filmetto da vedere con pizza e birra con gli amici, è più un film intimistico da vedere e digerire da soli, ecco. Ma l’importante è vederlo.

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_ / 23 Febbraio 2016 in The Lobster

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

L’amore è cieco finché dura.

NON E’ UNA COMMEDIA / 30 Gennaio 2016 in The Lobster

The lobster è un film che racconta di un futuro distopico dove gli esseri umani vengono trasformati in animali casomai non trovassero l’anima gemella. Raggiunta una certa età vengono mandati in un hotel dove hanno quarantacinque giorni per trovare un compagno di vita. Mentre nel bosco vicino all’hotel c’è un gruppo di ribelli che invece vieta categoricamente ogni forma di innamoramento.
Di certo questa situazione paradossale è del tutto metaforica. Ma obiettivamente non si può fare a meno di cercare una certa razionalizzazione di questa situazione. Perché effettivamente non ha molto senso questa cosa che vengono trasformati in animali, se non in una visione del tutto metaforica del film. Perché il governo e la società avrebbero interesse a fare ciò? Il fatto che non lo spieghino rende il tutto molto tirato per i capelli.
Oltretutto io preferisco guardare i film del tutto ignara del loro contenuto. Così ho letto nella scheda di questo film che era una commedia romantica fantascientifica, e nient’altro. Credo che ci sia stato un errore perché non è chiaramente una commedia. E’un film piuttosto asfissiante e alienante, un po’ troppo prolisso e angosciante per i miei gusti.

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. / 18 Dicembre 2015 in The Lobster

La curiosità per The Lobster era tanta e devo dire che il film non delude da questo punto di vista: lo spunto è molto affascinante e si viene introdotti in un mondo che per quanto assurdo, ha il suo fascino. La visione è molto interessante, soprattutto nella prima metà mentre dalla seconda parte in poi le cose si fanno un po’ più superficiali. Più precisamente trovo che per quanto l’idea di partenza sia buona, lo svolgimento sia stato caratterizzato da un atteggiamento un pochino pretenzioso, accumulandosi le immagini costruite a puntino e lasciate poi lì ad ammorbare lo spettatore. Io ritengo che ci sia un punto ideale a metà nel continuum che va dal “ti dico tutto e non ti faccio mai pensare” al “questo è quanto, ragionaci su” e che in The Lobster ci si sia spostati un po’ troppo verso il secondo. Comunque bello il finale aperto e bellissimi gli scenari, così come alcune scene; un po’ meno nelle mie corde la recitazione piatta richiesta a tutti gli attori (comunque bravi). Accompagnamento musicale azzeccato, costruiva l’atmosfera proprio bene. E’ un film cinico e grottesco e che un po’ se ne compiace, ma da vedere almeno una volta.

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Lanthimosiano / 15 Dicembre 2015 in The Lobster

La pressione del debutto internazionale (nel cast, almeno) non snatura il lavoro del regista, la cui mano rimane ferma nel tratteggiare un mondo algido, straniato in cui la sofferenza è allo stesso tempo soffocata e amplificata da una strisciante sensazione di artificio, di cristallizzazione, di gelida struttura.
Su questo si riflette: le strutture dell’interumano, della socialità e dei rapporti interpersonali; tutto appare costruzione, obbligo, obbedienza all’auctoritas, sia la vita di coppia che la vita in solitudine, forme entrambe vigorosamente normate.

Rispetto a quello che, per me, rimane il suo capolavoro – Kynodontas – qui lo sguardo del regista si fa se possibile ancora più cupo, nonostante alcuni quadri sulla vita di coppia e sui tentativi di trovare l’anima gemella (il Graal della contemporaneità e di molto cinema di consumo) siano di un sapido umorismo.

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A cuore aperto / 7 Novembre 2015 in The Lobster

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Scriverò questa recensione totalmente di getto, non sono neanche 24 ore che ho visto questo film ma non ho fatto che pensarci tutto il giorno. L’amico con cui sono andato al cinema, dopo che ho passato il resto della serata a parlarne e a speculare su ogni particolare, una volta tornato a casa credo che mi abbia bloccato anche su Whatsapp, rendendo impossibile da parte mia ogni ulteriore tentativo di esposizione di tutti i miei pipponi mentali.
Quindi ora cercherò di riassumerli qui, sperando in una Vostra condivisione e partecipazione.
In questo mondo parallelo, essere single è il Male, perchè l’Uomo ha bisogno dell’altra metà della mela, per vivere sicuro nella società.
Chi è single è un emarginato, l’anello spaiato di una catena doppia (?), che non ha nessuna utilità per gli altri, incapace persino di provvedere a se stesso, per questo meglio porre fine alla sua insignificante e miserabile vita da essere umano trasformandolo in un animale, in modo da poter almeno contribuire alla ricchezza dell’ecosistema. E già qui sale una certa ansia, il “Ommioddìo, io avrei fatto sicuro quella fine”.
In questa realtà altra, le persone sembrano incapaci di interagire tra di loro, di avere ed esprimere emozioni in modo naturale. Si insiste sull’importanza di stare in coppia, ma non ci sono sentimenti.
Si capisce se si è compatibili tramite caratteristiche fisiche, perchè tutti si comportano allo stesso modo.
Le regole all’inteno dell’hotel sono numerose ed assurde, anche in contraddizione tra di loro, così come quelle dei solitari che vivono nel bosco.
Regole, regole, regole che disumanizzano. E’ un mondo dove tutto è bianco o nero, senza mezze misure.
Il fine ultimo dello stare in coppia non sembra neache tanto finalizzato alla procreazione e preservazione della specie umana, in quanto addirittura dei bambini possono venire assegnati nel caso in cui ci siano problemi coniugali (“Aiuta sempre!”), ma più che altro perchè è sbagliato essere single.
Penso anche che ci possa essere una critica sull’evoluzione dei rapporti personali e sentimentali che stiamo vivendo ora, con l’avvento di app come Tinder e affini che ti fanno credere che ci possa essere qualcuno sempre più giusto per te, e ti ritrovi a switchare come un forsennato per trovare la tua anima gemella basandoti su una foto profilo e gli interessi comuni condivisi su Facebook ( e i chilometri di distanza).
L’Uomo animale sociale di Aristotele, può l’essere single essere la concretizzazione di una paura primordiale di ritrovarsi da soli in un mondo ostile, in cui si è preda del gruppo? La zitella (usando una volta tanto un termine generico femminile), è una sconfitta, una vinta secondo gli standard della società contemporanea? Perchè oggi è considerato ancora così importante riuscire a dimostrare di avere qualcuno accanto, a tutti i costi?
Concludo ritornando al film, e dico soltanto che tutto il gast è semplicemente grandioso, Colin Farrell bravissimo e convincente, me ne sono reso conto quando ho notato che non vedevo Colin Farrell ingrassato e con i baffi fare lo sfigato, come invece mi è successo guardando Johnny Depp in Black Mass, in cui risultava staccato dal personaggio che interpretava.

Comunque una cosa certa la so, se dovessi trasformarmi in un animale sceglierei un koala, e voi?

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La cameriera / 26 Ottobre 2015 in The Lobster

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Società di un vago futuro, i single oltre una certa (da cui la frase “s’è fatta una certa”) vengono presi e deportati in un hotel nelle campagne fuori da brillanti e levigate tecno-città. E lo accettano, le regole sono così. Lì hanno 45 giorni per trovare qualcuno con cui accoppiarsi, in qualsiasi senso, se non lo trovano alla scadenza verranno trasformati in un animale scelto al check in → donde il titolo. David, un Colin Farrell con la panza (e altrettanta costanza) arriva all’albergo insieme a un cane (fu suo fratello). A lui insieme veniamo introdotti alle regole dell’hotel, la caccia quotidiana ai solitari che hanno scelto di vivere nella foreste, didascaliche rappresentazioni di quanto la vita sia meglio in coppia che soli, crudeltà verso chi sgarra; e poi agli altri ospiti dell’albergo, tutti a loro modo persone “difettose” e mancanti di qualcosa, incapaci di trovare collocazione nel mondo fuori (tra cui l’onnipresente John C. Reilly). David fugge nei boschi e si unisce ai solitari (capitanati da una gnocca francese a caso, Léa Seydoux, la tizia coi capelli blu di Adele), che vivono in una specie di eterno campeggio à la Bear Grylls e hanno altrettante regole della società da cui fuggono (e da cui vengono cacciati con fucili carichi di sonniferi per poterli trasformare in animali). La prima è non innamorarsi, lui ovviamente si innamora, e finirà per perdere la vista (leggi anche: l’amore, altro che le pugnette, rende ciechi).
Lanthimos è tra i registi del disaggggio greco, e chi ha visto Kunodontas (Dogtooth) si avvicina a questo nuovo film con un misto di chapeau e angoscia, e paragoni. In questo caso è in trasferta in Irlanda e con attori famosi random, e realizza un’opera di un grottesco assai più pronunciato e meno violenta. L’idea distopica alla base, della società che marginalizza formalmente, con tanto di procedure burocratiche ad hoc, le persone sole è forte nel rappresentare un malessere psicologico e reale dei tempi d’oggidì, dove ci si sente in colpa a non essere come fb ci vorrebbe (non parlerei più oramai della tv) e costantemente si è schiacciati dal confronto coi ca**o di sorrisi degli altri in foto simpa/lovva. Valide sono anche tante delle sotto-idee che mettono in immagini quella di base, e stralunate, come gli attori e la loro recitazione, che in queste gabbie di regole cercano di muoversi e sopravvivere per non finire bestificati. Pullula intorno di coppie reggentisi sull’ipocrisia e la comodità, e controlli di polizia per chi non è/ha un consorte a portata di mano. Fatto sta che tutte queste idee faticano a tenere insieme – toh, come la maionese -, e forse più della messa alla berlina delle richieste che la società fa all’individuo è la mancanza di risposte nel film a lasciare un senso di incompleto. I mean, in Kunodontas l’alternativa, quel che si soffriva a vedere, era la fuga, la ribellione/soppressione di chi ci ha dato vita, che le vittime non riuscivano a mettere in atto. Qui chi, cosa, dove andiamo, se l’hotel è una me**a e fuori è ancora peggio, coi solitari che sono una setta (e devono ballare da soli per non flirtare, per questo ascoltano solo musica elettronica, lol)? Quell’amore di coppia parimenti difettosa finale è la soluzione? In un mondo dove non si capisce il senso di essere normali, se tutti non lo sono, né dentro né fuori. Ma se tutti non sono normali diventano normali :/ e allora David da cosa scappa o perché lui, che è supermedioman, dovrebbe poter vedere il senso di un’alternativa?

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Analisi spietata di una società convenzionale / 18 Ottobre 2015 in The Lobster

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

(Riflessioni sparse)

La capacità dell’eccellente Lanthimos di creare universi paralleli profondamente disturbanti è indubbia e tale è anche la straniante ironia nera che li sottende.
Pur ragionando su uno schema narrativo molto simile a quello del devastante Kynodontas (costrizione-alienazione-fuga-liberazione-finale aperto), The Lobster sembra sottolineare con un sempre maggiore senso del grottesco l’aspetto ridicolo dell’intera faccenda che pare riassumersi in un unico, sostanziale concetto: è impossibile non incorrere negli strali di una società convenzionale, cioè letteralmente basata su convenzioni imposte da volontà superne e legiferatrici.
Gli adulti protagonisti del film vengono puntualmente messi a tacere, costretti sia fisicamente che psicologicamente a pratiche, schemi e comportamenti dettati da altri, in virtù di indefiniti poteri.
Anche chi sembra aver trovato una via di scampo ad una delle varie forme di prigionia materiale e mentale, deve seguire un avvilente schema per mettere in atto la propria fuga: la probabile felicità personale e di coppia viene raggiunta solo attraverso il sacrificio.

Tra i tanti dettagli (il film è ricchissimo di sottili iperboli che richiamano situazioni socialmente costrittive ben note, come la presenza della figlia fittizia ed equilibratrice all’interno della coppia giunta alle fasi finali della propria conoscenza), mi ha colpito molto l’arroganza quasi infantile, anche (e, forse, soprattutto) nella sua crudeltà, della leader dei “ribelli”, messa poi a tacere con una facilità, per l’appunto, bambinesca.

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wow / 17 Ottobre 2015 in The Lobster

disturbante, bellissima fotografia, potente su relazioni e società, grottesco, divertente nella deriva horror (in senso lato), sorprendente

miope? / 16 Ottobre 2015 in The Lobster

In un futuro futuro i singoli sono visti male perché poco prevedibili allora ci si inventa un hotel dove poter ovviare al problema cercando di accoppiare sti poveracci… tra difetti, bugie e figli salva rapporti va in scena il film più dissacrante dell’anno! Il compromesso d’amore raccontato con cinismo e superiorità dal regista greco mi ha stregato, c’è pure una scena che richiama il tempo delle mele (@stefania), nell’imperfezione che poi è parte di tutti noi. Stamane ho avuto un’epifania sul dialogo iniziale ma dovrei risentirlo per essere certa, comunque fateci caso

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16 Giugno 2015 in The Lobster

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

In un mondo in cui è vietato stare da soli (pena l’essere trasformato in un animale) la “resistenza” è costituita da coloro che si rifiutano di avere rapporti sentimentali o sessuali (in questo caso si rischiano torture e menomazioni fisiche). Nel primo caso le persone stanno insieme per sopravvivenza, per non essere costrette a mutare in un cane, un gatto o un pappagallo. Mentono, ingannano il partner potenziale, si fingono ciò che non sono inventando compatibilità inesistenti. Nel secondo, se contravvenendo alle regole del gruppo si innamorano, non vanno al di là di una differenza o un’incompatibilità che potrebbe non essere sufficiente a giustificare il loro voler stare insieme. Le ragioni che li hanno portati ad avvicinarsi e volersi bene sono infatti superficiali; le “cose in comune” si riducono ad avere lo stesso problema fisico, saper suonare lo stesso strumento musicale o parlare la stessa lingua straniera. Con questi presupposti l’individuo sceglie di salvare sempre e solo se stesso e non è capace del più piccolo sacrificio per l’altra persona. Inevitabilmente si resta soli. La superficialità e la freddezza che caratterizzano i personaggi e le loro dinamiche distruggono completamente anche solo l’idea di un sentimento.
Il cast è notevole, l’idea buona e non mancano spunti di riflessione interessanti. La critica e voluta freddezza dei personaggi, quasi totalmente privati della loro umanità e della capacità di provare sentimenti reali, rende tutto eccessivamente sterile e lascia lo spettatore un po’ troppo distaccato.

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