Un film politico e di denuncia / 21 Ottobre 2019 in Panama Papers

Dopo High Flying Bird, con Panama Papers avevo una paura folle di imbattermi in un altro film Netflix di Steven Soderbergh tecnico e, quindi, per me, complicato. Di economia, infatti, ne so come di basket.
Invece, posto che non tutti i passaggi “di settore” mi si siano rivelati in tutta la loro beltà, il film mi è piaciuto molto, grazie alla sua formula interattiva (il continuo sfondamento della quarta parete), alla prova del cast artistico, alla qualità tecnica della messinscena e al ritmo sostenuto della narrazione.

Fin dalle prime sequenze, i personaggi di Gary Oldman e Antonio Banderas (Mossack e Fonseca) illustrano con piglio da documentario informale la genesi e lo sviluppo di un sistema economico deviato. Loro sono buffi ed eccentrici (in maniera perfettamente calcolata) e il contrasto con la palese drammaticità delle situazioni che coinvolgono gli altri protagonisti è la linfa giusta per alimentare un racconto in cui, come succede spesso, la realtà supera la fantasia.

Panama Papers di Soderbergh, presentato in concorso a Venezia 76, è un film apertamente politico, in cui regista sceneggiatore (Scott Z. Burns ha adattato un libro-inchiesta di Jake Bernstein) e attori si schierano a viso aperto contro un sistema giudiziario malfunzionante e uno status quo politico che lo ignora.
L’assunto di fondo, fatalista e lampante ma non retorico, è che i soldi chiamano i soldi, in una vertigine senza fine, e che solo il denaro è in grado di salvare e giovare a chi ne ha già (in depaperonesche quantità, s’intende). Le scatole cinesi e le matrioske dentro cui si nascondono gli escamotage legali dell’economia capitalista (vedi, le società offshore) sono i denti di un meccanismo che stritola e annulla l’ignaro piccolo investitore nei modi più inaspettati, arrivando a impedirgli di ottenere giustizia in caso di dolo.
Per far ciò, in maniera quasi didattica, come se si trattasse di un saggio socioeconomico, Soderbergh ha elaborato almeno cinque film dentro il film (tutti con toni e modi narrativi diversi), con l’analisi di tre casi particolarmente surreali legati allo scandalo dei Panama Papers: il bigamo; l’avvelenato; gli avidi. La vicenda dei turisti morti le abbraccia tutte e le lega. La storia dell’agenzia Mossack-Fonseca è la cupola che, non solo metaforicamente, contiene ogni cosa.

Meryl Streep in formissima: che forza, quando imbraccia il fucile! E vogliamo parlare del finale?
Tra gli altri attori di spicco coinvolti, ci sono Jeffrey Wright, James Cromwell, David Schwimmer, Matthias Schoenaerts, Robert Patrick e Sharon Stone che, eh eh eh, torna a Las Vegas dopo Casinò.

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