Recensione su The Imitation Game

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the “compliance” game… / 21 Agosto 2018 in The Imitation Game

Vi ricordate quando eravate bambini, non così bambini da non capire nulla ma nemmeno troppo grandi per capire proprio tutto? Di fronte a qualche avvenimento apparentemente fuori dalla vostra portata cognitiva chiedevate ai vostri genitori: “perche?” e vi veniva risposto qualcosa come: “perché si” o “non puoi capire” o “shh shh guarda e stai buono”. Quando dico “non così bambini da non capire nulla” intendo che intuivate che la risposta laconica dei vostri genitori voleva dire che pensavano che non avreste capito la loro spiegazione e che non valeva la pena darvela.

“The imitation game” è uno di quei film che mi fa sentire di nuovo bambino ma nel senso spiacevole appena descritto.

E’ un film che mi fa sentire stupido o meglio che mi fa pensare che chi ha studiato e realizzato la pellicola pensa che sia uno stupido e che non mi meriti niente di più di quello che mi propina e mi fa domandare come il bambino in cui mi trasforma: “perché?”.

Perché un film tratto dalla storia vera di un genio deve per forza rappresentarlo come tormentato, malato, mezzo pazzo quando, come in questo caso, non esistono prove evidenti che Turing fosse davvero così turbato?

Perché deve esserci inevitabilmente una storia d’amore anche quando non c’era motivo alcuno di esserci e nella realtà della storia non ha avuto la rilevanza che vogliono dargli nel film?

Perché bisogna per forza metterci tutti, ma proprio tutti, i clichè e stereotipi di questo genere di film? 1) genio incompreso con difficoltà relazionali 2) storia d’amore travagliata “ma insieme supereremo le difficoltà” 3) antagonista che disapprova ma poi riconosce il vero genio e lo stima 4) il protagonista che proprio non riesce a “svolgere la matassa” ma poi un personaggio inutile dice una stupidaggine e: “Grande Giove! Ho capito!”.

Il film è così indulgente verso la stupidità che lui stesso ci attribuisce da ripetere tre volte nel corso del film il suo roboante motto “a volte sono le persone da cui nessuno si aspetta nulla che riescono a fare quello che nessuno immaginava”, così, giusto nel caso vi fosse sfuggito!

La sceneggiatura inoltre, in alcuni casi, si permette delle uscite talmente spaccone e fuori luogo che credevo di poterle sentire solo da Stallone nella serie dei “mercenari” come quando il mega capo di una divisione supersegreta (così segreta che al gruppo di matematici, perfetti sconosciuti, appena convocati viene svelata subito, cosa che ci fa pensare che non resterà segreta molto a lungo se la rivelano ogni volta che vogliono fare colpo su qualcuno) chiede a Turing se sa quanti soldati sono morti nella guerra in corso e aggiunge subito dopo: “3 solo durante la nostra conversazione” poi guarda l’orologio e aggiunge “oh eccone un altro”…eh?!?

E sorvoliamo pure sul nome dato alla macchina da Turing che nel film hanno voluto fosse quello del suo amore infantile finito tragicamente, vi prego…

Non sono un accanito sostenitore della verità e rigore scientifico o narrativo a tutti i costi se le esigenze cinematografiche vogliono che certi fatti vengano cambiati o inventati di sana pianta; quando servono a realizzare una bella storia e un bel film ben vengano! ma mi fa imbestialire quando questi vengono inventati o travisati per trasformarli in qualcosa di così banale e inutile.

Benedict Cumberbatch è uno straordinario attore e anche in questo film fa una meravigliosa interpretazione che da sola merita la visione ma spero sinceramente che qualcuno lì fuori gli proponga qualcosa in cui possa osare di più, in pellicole che escano un po’ dai binari del consueto per regalarci qualcosa di davvero unico.

Ma soprattutto perche Morten Tyldum, regista norvegese del film, ha realizzato qualcosa di così convezionale? Guardatevi, se non l’avete già fatto, “Headhunters” dello stesso regista e ditemi se pensate che sia lo stesso regista.

Io credo che la risposta sia un’immaginaria scena tagliata di un altro film dove “l’uomo che fuma” dice al regista “potresti portarti a casa qualche bel premio con questo film, non fare caz**te” e voit là ecco accontentata l’accademy con quanto di più tradizionalista si poteva fare e in questo è stato fatto un ottimo lavoro; una volta letto il manuale de “la perfetta pellicola americana per il cinema americano” il risultato è ineccepibile.

Peccato perché è comunque un bel film, piacevole, divertente e a tratti commovente e decisamente ben interpretato dal protagonista Cumberbatch, dalla comprimaria Keira Knightley (anche se non altrettanto profondamente secondo me) e tutti gli altri attori (Charles Dance!).

Avrebbe potuto essere molto di più, avrebbe potuto osare di più nel raccontare la travagliata omosessualità del protagonista e soprattutto gli strazianti e dolorosi mesi successivi alla sua condanna per tale “crimine” come era considerato in quegli anni. Avrebbe potuto affidarsi a stratagemmi narrativi più fini e originali senza appoggiarsi sulle solite convenzioni. Certo mi rendo conto che se ammiccava troppo alla guerra avrebbe finito per entrare in territorio “American sniper”, se stuzzicava intorno al genio e la sua storia avrebbe cozzato contro “The theory of everything” e non andava bene…

Certo il film nelle primissime scene e verso la fine butta lì due indizi che fanno tragicamente sorridere sapendo il metodo utilizzato da Turing per togliersi la vita, ma il film avrebbe potuto indulgere un po’ di più su questo aspetto anche correndo il rischio di renderlo più drammatico.

Per questo motivo chi cerca qualcosa di insolito e affascinante resterà un po’ deluso, chi invece vuole un altro motivo per adorare Benedict o per spegnere il cervello e godersi un’altra storia “accontenta masse” sarà più che soddisfatto.

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