ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama
The Hunt si inserisce appieno nel solco del cinema horror politico americano che, ultimamente, ha trovato una certa risonanza internazionale con i film di Jordan Peele, il ciclo de La notte del giudizio e il più recente Antebellum di Gerard Bush e Christopher Renz.
In questo caso, il film di Craig Zobel (regista che scopro di conoscere solo per via di un episodio della prima stagione di Westworld) è una satira nera e cattiva della società statunitense contemporanea.
Il risultato, che ho apprezzato molto, è una commedia nera dai toni gore che condanna la cecità e l’ipocrisia diffuse negli Stati Uniti (ma che, per alcuni versi, è possibile estendere abbastanza comodamente al resto del mondo).
Non mi stupisce che a firmare una storia così caustica ci sia (in coppia con Nick Cuse) Damon Lindelof, creatore di serie come Watchmen e Leftovers, fastidiose, scomode e, a loro modo, rivelatrici.
Semplificando molto, nel film, si contrappongono le fazioni politiche repubblicana e democratica.
Nella prima, ci sono persone di varia estrazione sociale e formazione culturale: nel gruppo, convergono anche amanti delle armi e complottisti. L’altra è formata dai rappresentanti di una élite privilegiata che, dall’alto dei propri sostanziosi conti in banca, si prefiggono di raddrizzare le sorti del mondo. A grandi linee, sono salutisti sensibili al riscaldamento globale che si commuovono per le sorti di un maialino (nella pratica, poi, non esitano a usare jet privati, per i loro spostamenti a sfondo “ludico” e non provano alcuna compassione o empatia reale per poveri, rifugiati e migranti economici).
In The Hunt, sono disseminati tanti piccoli dettagli (e chissà quanti non ne ho colto, specifici degli Stati Uniti!) che fanno riferimento alle gigantesche contraddizioni della società contemporanea.
Su tutte, c’è il dualismo bene/male che alberga in ciascuna “fazione”. Il motto diffuso è: Io sono “nel giusto”, è evidente che sono “gli altri” a essere “sbagliati”. Nel film, i personaggi hanno la possibilità di esaudire un desiderio, a volte espresso (sui social), immagino spesso taciuto: punire con la morte chi non condivide le proprie posizioni e si trova dal “lato sbagliato” del guado.
Trovo che The Hunt abbia perfino un che di profetico. Il film è uscito nei cinema USA nel marzo 2020 (in Italia, è stato distribuito solo sulle piattaforme digitali, a causa delle restrizioni sanitarie legate al COVID-19). Eppure, la lepre che non si rassegna a perdere la gara sembra pari pari (mattanza delle tartarughe a parte) Trump che (a novembre 2020) non si rassegna di aver perso le elezioni presidenziali, con tutti gli strascichi noti (assalto a Capitol Hill compreso). La lepre vince sempre, usando qualsiasi mezzo.
Trump non è tornato sulla poltrona presidenziale, ma ha inoculato un germe particolare, nell’animo degli statunitensi, contribuendo alla deriva del pensiero diffuso, anche al di là dei confini statunitensi.
Ma, nel film, chi è la lepre? Crystal (una tostissima Betty Gilpin) o i “cacciatori” capitanati da Athena (bentornata, Hillary Swank)?
Personalmente, penso che sia complicato stabilirlo in maniera univoca e il film precipita (correttamente) nel dubbio lo spettatore.
L’ambiguità viene rafforzata (e, forse, paradossalmente, svelata!) da un dettaglio che ho trovato molto divertente (e terribile, allo stesso tempo).
Il fattore discriminante nella scelta delle prede è rappresentato dalle caratteristiche dell’attività social delle persone. Con tutte le fake news che circolano, i “cacciatori” sembrano fidarsi solo di ciò che viene pubblicato sul web, senza fare particolari verifiche attraverso altre fonti. Per questo, sembra che abbiano sbagliato uno dei loro obiettivi. Crystal suggerisce che lei sia stata scelta a causa di uno scambio di persona. Ma, nel suo caso, l’errore è doppio. Non solo potrebbe non essere la persona “incriminata” (e, secondo me, non è la Crystal “giusta”), ma, soprattutto, è un individuo super preparato a sopravvivere nelle condizioni più difficili. Quindi, per quel che riguarda “la caccia”, è la persona doppiamente sbagliata. Insomma, Crystal sembra essere la dimostrazione vivente che una cosa non è tale, solo perché così è scritto sul web.
Infine, ultima nota di colore: mi ha divertito anche la trovata per cui, in particolare nella prima parte del film, non sia facile capire quale sarà il personaggio che porterà avanti il racconto. I personaggi su cui la macchina da presa si concentra temporaneamente muoiono tutti! Insomma, nella trama (come nella vita) nessuno è tanto indispensabile quanto crede di essere. Facciamocene una ragione.
Leggi tutto