Recensione su The House of the Devil

/ 20096.328 voti
The House of the Devil
Regia:

Sulle orme dei classici horror degli anni ottanta / 23 Novembre 2016 in The House of the Devil

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ti West è un regista che mi è stato più volte consigliato, ma ammetto che ero negativamente prevenuto nei suoi confronti, anche se in realtà non avevo visto quasi niente di suo. Devo aver visto i suoi spezzoni nei film corali V/H/S e The ABCs of Dead e qualche episodio della serie televisiva Scream, opere che in generale non mi avevano entusiasmato più di tanto, ma non ricordo quali. Poi avevo letto che aveva diretto anche un sequel come Cabin Fever 2 che non mi attirava per niente. Per cui lo avevo sempre ignorato fino al giorno in cui mi venne consigliato per l’ennesima volta la visione di un suo film che fin dal titolo non prometteva niente di originale: The house of the Devil (2009).
Mi sono dovuto ricredere. Sin dai titoli di testa si respira aria primi anni ottanta. Non si tratta solo dell’ambientazione, ma sono anche lo stile di ripresa, la messa in scena e i tempi narrativi, a darci l’impressione di trovarci di fronte un film dei primi anni ottanta. Il lento incedere iniziale con la presentazione della protagonista e dell’ambiente, poi il crescendo di tensione con vari indizi inquietanti che si accumulano man mano che la narrazione procede, infine la sanguinosa virata finale. Tutte caratteristiche che mi ricordano un certo cinema horror di quegli anni, tipo qualche film di John Carpenter per intenderci (Halloween e Fog, per esempio).
Apprezzabili le scene iniziali dove si mettono subito in chiaro alcuni riferimenti ai topoi classici di questo genere di film: l’affitto di una nuova casa, la ricerca di una baby sitter, l’evento astrale (in questo caso un’eclisse), la villetta con un cimitero accanto.

Forse il punto meno convincente è il repentino cambio di registro nel finale. Dalla perdita di coscienza della protagonista fino alla risoluzione finale, è un improbabile turbinio di eventi (a partire dalla facilità con cui si libera dai legacci), veloce in maniera tale che ho fatto fatica a metabolizzare la nuova situazione.
Il cartello iniziale relativo alle sette e alle credenze sul Diavolo toglie un po’ di sorpresa al finale. Fino a dieci minuti dalla fine non c’era nessun indizio che il film potesse andare in quella direzione, averlo dichiarato già all’inizio è stato secondo me controproducente, l’avviso poteva essere benissimo messo alla fine. Il tema diabolico oltretutto mi è sembrato un semplice pretesto per cui dopo un’ora di efficace tensione crescente bisognava arrivare a un dunque.

L’elemento più interessante del film, come accennato, riguarda lo spirito cinefilo (relativo agli horror) con cui è stato realizzato dal regista. Se non lo si conoscesse, il film potrebbe essere benissimo scambiato per un prodotto dei primi anni ottanta. Un’operazione che mia ha ricordato per certi versi, e fatti i dovuti distingui, il cinema di Rob Zombie.

Lascia un commento