6 Recensioni su

The House of the Devil

/ 20096.328 voti
The House of the Devil
Regia:

14 Novembre 2023 in The House of the Devil

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Film che omaggia fin dai titoli iniziali il cinema horror anni ’70(sembra quasi di assistere a un film di Lucio Fulci o di Dario Argento), ottima la ricostruzione degli anni ’80(le musiche, i vestiti, gli accessori) ma il film in sè è per me troppo lento nella parte centrale salvo poi riprendersi nella sua parte finale che è praticamente identico a un noto film di Roman Polanksi(Rosemary’s baby).
Rispetto alla maggior parte dei film horror odierni è senza dubbio di livello superiore ma a me francamente non ha fatto impazzire.

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Tuffo nel passato! / 4 Marzo 2021 in The House of the Devil

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Di tutto questo film si salva solo la splendida e dettagliata regia che omaggia gli horror degli anni 80.
Per il resto un film un po’ vuoto, riempito peró con i più stereotipi del genere: la giovane avvenente (abboccata di soldi), amica un po’ zoccoletta, casa enorme in mezzo al niente, manzione babysitter (pare inutilizzata), psicopatici, scantinati adibiti a culti satanici, riti demoniaci e sangue a fiotti.
Ve lo dico: è curioso da vedere e nonostante la lentezza quasi si apprezza. Lo consiglio comunque! Tecnicamente è eccellente, dalle location alle musiche, ai titoli di testa e di coda…. ma nel mezzo è così così.
Certo peró che…
SPOILER ALERT —————————>
…lei che si spara e si fracassa la testa e poi si ritrova nel letto d’ospedale con la testa fasciata… mi è saputo il punto più basso del film.
Un applauso alla pizza coi peperoni che sembrava davvero buona…. anche se lei l’ha sputata…?
4,5/10.

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Sulle orme dei classici horror degli anni ottanta / 23 Novembre 2016 in The House of the Devil

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ti West è un regista che mi è stato più volte consigliato, ma ammetto che ero negativamente prevenuto nei suoi confronti, anche se in realtà non avevo visto quasi niente di suo. Devo aver visto i suoi spezzoni nei film corali V/H/S e The ABCs of Dead e qualche episodio della serie televisiva Scream, opere che in generale non mi avevano entusiasmato più di tanto, ma non ricordo quali. Poi avevo letto che aveva diretto anche un sequel come Cabin Fever 2 che non mi attirava per niente. Per cui lo avevo sempre ignorato fino al giorno in cui mi venne consigliato per l’ennesima volta la visione di un suo film che fin dal titolo non prometteva niente di originale: The house of the Devil (2009).
Mi sono dovuto ricredere. Sin dai titoli di testa si respira aria primi anni ottanta. Non si tratta solo dell’ambientazione, ma sono anche lo stile di ripresa, la messa in scena e i tempi narrativi, a darci l’impressione di trovarci di fronte un film dei primi anni ottanta. Il lento incedere iniziale con la presentazione della protagonista e dell’ambiente, poi il crescendo di tensione con vari indizi inquietanti che si accumulano man mano che la narrazione procede, infine la sanguinosa virata finale. Tutte caratteristiche che mi ricordano un certo cinema horror di quegli anni, tipo qualche film di John Carpenter per intenderci (Halloween e Fog, per esempio).
Apprezzabili le scene iniziali dove si mettono subito in chiaro alcuni riferimenti ai topoi classici di questo genere di film: l’affitto di una nuova casa, la ricerca di una baby sitter, l’evento astrale (in questo caso un’eclisse), la villetta con un cimitero accanto.

Forse il punto meno convincente è il repentino cambio di registro nel finale. Dalla perdita di coscienza della protagonista fino alla risoluzione finale, è un improbabile turbinio di eventi (a partire dalla facilità con cui si libera dai legacci), veloce in maniera tale che ho fatto fatica a metabolizzare la nuova situazione.
Il cartello iniziale relativo alle sette e alle credenze sul Diavolo toglie un po’ di sorpresa al finale. Fino a dieci minuti dalla fine non c’era nessun indizio che il film potesse andare in quella direzione, averlo dichiarato già all’inizio è stato secondo me controproducente, l’avviso poteva essere benissimo messo alla fine. Il tema diabolico oltretutto mi è sembrato un semplice pretesto per cui dopo un’ora di efficace tensione crescente bisognava arrivare a un dunque.

L’elemento più interessante del film, come accennato, riguarda lo spirito cinefilo (relativo agli horror) con cui è stato realizzato dal regista. Se non lo si conoscesse, il film potrebbe essere benissimo scambiato per un prodotto dei primi anni ottanta. Un’operazione che mia ha ricordato per certi versi, e fatti i dovuti distingui, il cinema di Rob Zombie.

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Il nulla.. / 22 Febbraio 2015 in The House of the Devil

Nonostante la storia tutt’altro che originale (babysitter, casa enorme e inquietante, psicopatici) poteva essere un bel film: belle ambientazioni cupe (quelle nella casa), inquadrature interessanti e attori capaci..ma il fatto è che questo film è dannatamente lento!!! Non solo, in un’ ora e 20 di film non accade granchè. Potrebbe essere apprezzabile la suspense che hanno cercato di costruire…se non fosse che non sono riuscita davvero a sentire nessun crescendo.
Il finale poi, per quanto presenti qualche colpo di scena (ma niente di eclatante, è tutto molto prevedibile) si perde in delle cose che ti fanno davvero chiedere se lo sceneggiatore è rimbambito…insomma quei 20 minuti potevano valere la pena di aver passato questa ora e 40 interminabili ma ahimè nulla.
Non dico che sia da buttare eh, chi ama i film lenti potrebbe trovarlo di suo gusto, ma semplicemente non ho alcuna intenzione di rivederlo.

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The House of the Devil: la paura fa Ottanta / 12 Febbraio 2015 in The House of the Devil

Ricostruzione d’ambiente stre.pi.to.sa.: i primi anni Ottanta, qui, sono stati ricostruiti in maniera ineccepibile.
Non conoscere la data di produzione di questo film, perciò, potrebbe trarre facilmente in inganno: non si tratta della mera riproposizione di abiti e pettinature d’epoca, né della presenza di una serie di impeccabili brani originali “a tema” inclusi nella colonna sonora, ma di “respiro”, di totale adesione ad un’atmosfera (emblematica, benché tra le più elementari, la scena à la Risky Business con Sam che esplora la casa ballando).

Mi sento di non esagerare nell’affermare che l’uso di taluni spazi architettonici e le relative inquadrature mi hanno ricordato la “pulizia” fotografica e lo “sguardo” ricorrente in Shining di Kubrick (non a caso, distribuito nel 1980).
Praticamente in ogni scena, con movimenti di macchina virtuosistici ma discreti, l’ambiente costruito precede la comparsa del(la) protagonista: solo apparentemente asettico ed impersonale, è lo spazio costruito a definire l’architettura della paura di questa pellicola.
La dimora perturbante è tale non solo perché, fin dal titolo, racchiude l’orrore, ma soprattutto perché nel suo silenzio è, ovviamente, muta testimone e complice di indicibili aberrazioni. Benché naturalmente immobile, la casa palpita letteralmente di segreti e trasuda una tensione che si concretizza in scricchiolii, cigolii, tenebre improvvise. Ci sono innumerevoli porte di cui non si conosce la destinazione, angoli bui non raggiungibili con lo sguardo, un seminterrato ed una soffitta: la struttura e l’aspetto esterno dell’edificio sono quelli di una casa di bambole, ma essa non ha nulla di sognante e poetico. Eppure, questa accezione orrorifica le deriva esclusivamente dall’ambiguità dei suoi occupanti: la loro palese pericolosità si riflette sul costruito.
In questo senso, quindi, e nella capacità di costruire la tensione senza mostrare effettivamente nulla, il film di Ti West è davvero impeccabile.

Tutto tracolla, purtroppo, negli ultimi venti minuti di pellicola: dacché il mistero viene svelato, la classe della regia mostrata fino ad allora scompare con uno schiocco di dita, cambiano il ritmo e la qualità del racconto, nonché la “purezza” tanto decantata delle inquadrature, con una regressione narrativa, tecnica ed estetica in-credibile.
Voluto o meno, a mio parere questo scarto penalizza irriducibilmente una pellicola altrimenti fascinosa come poche tra gli horror di recente produzione.
Peccato.

Due parole sul cast: Tom Noonan (Mr. Ulman) è stato uno dei migliori serial killer degli anni Ottanta, l’impressionante Dolarhyde di Manhunter di Mann; Greta Gerwig (Megan) è una delle rivelazioni del cinema indie americano, musa di Noah Baumbach (Frances Ha, Greenberg); Dee Wallace (la padrona di casa)… eh beh! Frequentatrice dello slasher d’oro (Le colline hanno gli occhi di Wes Craven, Critters, Cujo) è pur sempre la mamma single di E.T..

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11 Febbraio 2015 in The House of the Devil

Dal giallo e dai caratteri dei titoli all’inizio e alla fine del film ti accorgi di quanto ‘sto film possa puzzare di anni ’70, la trama va avanti e puzza ancor di più di anni ’70 e.. e la cosa mi piace da matti. The House of the devil è il secondo film di Ti West che ho modo di vedere e secondo me merita anche e soprattutto la vostra attenzione.

Ambientato negli anni ottanta, con una giovane studentessa come protagonista interpretata dalla bella Jocelin Donahue The House of the Devil è un horror raffinato, con un ottimo gioco di luci ed ombre ed un movimento di macchina notevole. La studentessa Samantha Hughes è al secondo anno di college, ama la musica e non ha un soldo, ha preso in affitto una casa che probabilmente non arriverà a pagare (visti gli sviluppi della trama) ma è felice. Entusiasta per aver trovato un lavoro come baby-sitter a Samantha vengono offerti 400 $ per dare un’occhiata all’ospite della casa Ulman. Il bello del film è quel senso di inquietudine che sale, cresce dentro noi grazie alla protagonista. Lo stato d’animo di Samantha passa dalla preoccupazione per la mancanza di danaro alla felicità dovuta al lavoro trovato e, ancora, all’inquietitudine e alla paura. Inquietudine, questa è la parola chiave: chiamata per lavorare come baby-sitter la nostra se la vedrà con una strana coppia, il tutto mentre è in atto un’eclissi lunare.

The House of the Devil è il secondo film di Ti West che vedo e posso ritenermi più che soddisfatto. Attraverso una serie di carrellate e panoramiche, primi piani sulla protagonista ed una colonna sonora che punta sugli archetti quel tanto che basta per farti drizzare dalla poltrona in uno o due momenti, Ti West realizza un prodotto che vale e che sembra strizzare l’occhio alle pellicole low budget a cavallo degli anni ’70 e ’80. L’auotre riprende la paura dei rituali satanici, ci spruzza un po’ di Rosemary’s Baby ed un pizzico di sano splatter (che non fa male).

Forse l’unica cosa che avrei evitato, non mi ha convinto molto, è la realizzazione del demonio/madre. Fossi stato in Ti West avrei continuato a spingere sull’angoscia. Come direbbe Hitchcock: non c’è terrore nello sparo ma nella sua attesa.

DonMax

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