Recensione su Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato

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Google Maps ci fai una pippa / 22 Dicembre 2012 in Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato

Tratto dall’omonimo romanzo di J. R. R. Tolkien, è il prequel de “Il Signore degli Anelli”, la saga letterario – cinematografica sul trekking più famosa del mondo, e vede ancora alla regia e alla scrittura Peter Jackson, che ritorna in Nuova Zelanda affiancato dallo stesso cast tecnico e di collaboratori (a partire da Fran Walsh e Philippa Boyens), con il supporto di Guillermo Del Toro, che avrebbe dovuto dirigere il film in un primo momento, alla sceneggiatura. A differenza del libro, che è unico, i film saranno tre, e ciò permetterà a Jackson di sfogare la bulimia venutagli dopo essere stato costretto a macellare lunghe parti della trilogia precedente: già a partire da questo film, infatti, sono stati aggiunti personaggi non presenti nel libro, per formare un legame più stretto tra le due saghe, ed evitare domande estemporanee del tipo “Ma l’anello non lo avevano già distrutto?”, “Perché Gandalf è ancora grigio?”, “Cos’è un Hobbit?”. Bilbo è Martin Freeman (“Guida galattica per autostoppisti”, Watson nella serie tv inglese “Sherlock”), che riesce a interpretare bene la versione giovanile di un personaggio già conosciuto, risultando credibile sia come hobbit in generale sia come giovane Bilbo nello specifico; a differenza del nipote Frodo Occhi a Palla, l’Hobbit – Bond girl il cui compito era farsi salvare, mostra un minimo di indole combattiva in più e ciò gli attira più simpatia da parte del pubblico rispetto al parente. Gandalf è ancora Ian Mckellen (decenni di Shakespeare a teatro e lo ricorderanno per questo personaggio e Magneto, vabbè…) doppiato, in sostituzione dello scomparso Gianni Musy, da Gigi Proietti, grande attore/comico teatrale e televisivo (sì, va bene, è quello che dà la voce al Genio in “Aladdin”…) che riesce tuttavia a non sfigurare di fronte a questo grande doppiatore e a non cadere in un Gandalf stile “Whisky maschio senza rischio”; i nani, di cui vi sfido ad abbinare ad ogni nome alla rispettiva faccia, sono tutti abbastanza caratterizzati e macchiettistici per divertire i più piccoli, e una menzione speciale va a Richard Armitage, che interpreta il suo Thorin Oakenshield sia come fiero principe guerriero (ci si dimentica che è alto un metro e quaranta) sia come uomo ferito interiormente, risultando in entrambi i casi molto nella parte. Come al solito splendida fotografia di Andrew Lesnie e ancora musiche di Howard Shore, che riprende i vecchi temi musicali, in primis quello della Contea, e aggiunge nuove tracce molto ben realizzate (ottima in particolare quella dei nani). Nel complesso un film ben fatto e curato, e se vi sono piaciute le dieci ore cinematografiche complessive per arrivare ad un Cristo di vulcano molto probabilmente vi piacerà anche questa scarpinata.

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