Recensione su Il colpevole - The Guilty

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Il gioco delle apparenze / 11 Marzo 2019 in Il colpevole - The Guilty

Il colpevole – The Guilty, scritto e diretto dall’esordiente danese Gustav Möller e premiato come miglior film dal pubblico della sezione World Cinema – Dramatic del Sundance 2018 e del Torino Film Festival 2018, è un interessante thriller “da camera” che rispetta perfettamente le unità aristoteliche di luogo, tempo e azione.
Nel corso di circa 90 minuti, un agente della polizia di Copenaghen di turno al centralino del pronto intervento (Jakob Cedergren) prova a risolvere un caso complesso e caratterizzato da toni molto drammatici.

A conti fatti, Cedergren è l’unico attore in scena (con lui, in alcune sequenze, ci sono dei comprimari, ma i loro volti, a differenza di quello del protagonista, non sono quasi mai intellegibili). Le sue interazioni con gli altri personaggi sono perlopiù vocali, senza contatto visivo. Quindi, come lo spettatore, il protagonista apprende dettagli e risvolti della vicenda solo con il dipanarsi degli eventi, senza salti temporali di sorta, come se si trovasse dentro una stanza buia.

Il meccanismo narrativo e formale adottato nel film danese non è affatto nuovo. Basti pensare a Locke (2013) di Steven Knight con Tom Hardy.
Non per questo, la macchina cinematografica de Il colpevole – The Guilty ne risente.
In particolare, il film di Möller gioca bene con le possibilità offerte dalle apparenze, insistendo sui concetti di contestualizzazione ed empatia.

Gradevole e tiratissimo.

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