Recensione su La casa del diavolo

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La casa del diavolo
Regia:

Zombie, il reietto del cinema! / 30 Luglio 2013 in La casa del diavolo

I suoi film non sono per tutti, non sono prodotti prettamente commerciali, sono più dei concept molto personali su una visione di horror stilizzata, estrema ed ispirata allo stile sevenites, quello brutto, sporco e cattivo di “Non aprite quella porta” o Quel Motel vicino alla palude”. “La Casa del diavolo”, traduzione immonda e poco inerente di “The devil’s rejects”, è un horror/action/on the road davvero notevole, sequel, del precedente “La Casa dei 1000 corpi”, un raro caso di sequel decisamente migliore. Rob Zombie, musicista heavy metal (yeah) e cultore di cinema horror, mette in scena, e in questo capitolo conclude, l’epopea sanguinaria della famiglia Firefly, assassini feroci, sadici e squilibrati figli di un’America rurale, lercia e amorale, quella sperduta provincia americana capace molto spesso di nascondere orrori ed atrocità. La casa del titolo, in questo capitolo, non esiste se non nel rocambolesco inizio, degno figlio de “Il mucchio selvaggio” di Sam Peckinpah, violento e stilizzato, da qui il film parte e prosegue in uno sguaiato on the road, nel quale il famigerato Capitano Spaulding, Otis e Baby tentano di sfuggire alle forze dell’ordine, guidate dallo sceriffo John Quincy Wydell, un tipo non da meno, per violenza e cattiveria, ai tre reietti. Il mondo rappresentato da Rob Zombie è questo, violento, intriso di malvagità, ignoranza e bestialità, senza speranze, nel quale non vi sono punti di riferimento e nessuno è degno di salvarsi. Potrebbe sembrare un’opera minore di un regista schizzato, un film come tanti, ma “La casa del diavolo” è di più, dietro tanto sangue c’è un’estetica affascinante, riprese mai banali, dettagli accurati e una capacità ben evidente di saper fare spettacolo, Zombie ci mette il cuore e si vede, gira con voglia e cura proponendo un film lontano anni luce dagli horroretti insipidi della new-hollywood, privi di phatos e mordente, intrugli per ragazzetti facilmente impressionabili che li adoperano come pretesto per agguantare una tetta. C’è tanta carne al fuoco qui e non solo dal punto di vista registico ma anche nella scelta del cast che annovera come protagonisti il grande caratterista Sid Haigh, Bill Moseley e Sheri Moon Zombie, moglie di Rob, Sheri è molto poco, parlando di recitazione, ma wow, che culo, poi ci sono Ken Foree (il Peter di Dawn of the Dead di Romero) e il grande William Forsythe. Alte vette si raggiungono anche nel reparto sonoro, con una soundtrack rock fenomenale che passa dagli Allman Brothers Band a Joe Walsh, da Otis Rush, Muddy Waters e The James Gang alla fantastica Free Bird dei Lynyrd Skynyrd per un finale degno di entrare nella storia per chi di cinema ne mastica.

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