3 Recensioni su

The Devil's Candy

/ 20155.645 voti

Per chi suona la campana? / 5 Ottobre 2017 in The Devil's Candy

Principalmente ho visto il film per via della locandina, mi ha attirato molto. Le mie aspettative sulla colonna sonora non sono rimaste deluse infatti. Niente di originale, e anzi fatico a considerarlo un horror.
Ho adorato la ragazzina, quindi spinta da questa simpatia ”empatica” alcune scene mi hanno messo una certa ansia, ma a parte questo niente di terrificante (come veniva pubblicizzato).
Insomma carino come thriller, vengono risparmiati i soliti litri di sangue e apparizioni dietro lo sportello del frigo, per concentrarsi su un dramma tutto familiare (cosa seriamente da apprezzare).

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28 Settembre 2017 in The Devil's Candy

Dopo averne sentito parlare bene un po’ dappertutto mi sono deciso a guardarlo..
In effetti non annoia, anche se sa di già visto. Cioè, la trama non è sicuramente originale, un serial killer che terrorizza una famiglia. Ad essere originale è forse la tipologia di famiglia, sicuramente molto diversa da quella degli spot del Mulino Bianco…
La vera protagonista è la musica (heavy metal ovviamente) e la pittura, sempre più malata e angosciante del padre. Anche per questo, e per lo stile “sporco”, ricorda un i film di Rob Zombie, ma senza gli slanci e gli eccessi cui ci ha abituati il musicista/regista.
Quindi un misto di luoghi comuni del genere (ma senza sangue e ciò non è un male), passaggi un po’ tirati e scene oniriche realmente inquietanti.

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Horror metallico / 8 Settembre 2017 in The Devil's Candy

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Volenti o nolenti, metal e Belzebù vanno a braccetto dalla notte dei tempi, ma, raramente, si sono ritrovati vis à vis in maniera tanto esplicita come in questo The Devil’s Candy di Sean Byrne. In questo senso, è curioso che il lavoro di Byrne abbia iniziato a circolare nel 2015, lo stesso anno del neozelandese Deathgasm, ed è interessante notare quanto, pur partendo da sostrati analoghi, le due pellicole affrontino la materia con sensibilità molto diverse.
Entrambi i film si beano dell’estetica e dei topoi metal abbinati all’immaginario horror satanico, ma quello di Byrne, appena uscito nelle sale italiane, lo fa in maniera decisamente meno autoironica e demenziale (e, quindi, meno autoriferita, ma più fruibile anche da chi non nutre una passione sfrenata per il metal), tecnicamente più elegante e originale, a fronte -purtroppo- di un risultato complessivo non troppo convincente.

La tara che grava come un macigno sul film è quella narrativa. Il plot è risibile e inconsistente e mozza il fiato a un racconto che, forte di specifici dettagli d’ambiente, avrebbe potuto avere un respiro molto più ampio.

Il grande pregio del lavoro di Byrne, invece, sta nella rappresentazione dell’orrore e del Male decisamente atipica per un film di genere. Il film non eccede mai nella rappresentazione della violenza ed essa risulta più intuita che mostrata, anche grazie a una bella fotografia e a efficaci scelte di montaggio. Il sangue c’è, ma è davvero centellinato e Byrne non indulge mai in voyeurismi di alcun genere.
Risulta anche interessante il fatto che all’atto creativo e artistico venga associato sia il legame con il Male che il suo antidoto: purtroppo, questo spunto perda strada facendo la sua forza.

Bravo Pruitt Taylor Vince, perfettamente ambiguo nel ruolo di un bambino dalle abitudini psicotiche incastrato nel corpo di un adulto.
Colonna sonora (e font dei titoli) da cornalcielo ad libitum.

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