Recensione su La ballata di Buster Scruggs

/ 20187.3177 voti

6 parabole nere / 19 Novembre 2018 in La ballata di Buster Scruggs

Con La ballata di Buster Scruggs, i Coen prodotti e distribuiti (solo in streaming) da Netflix realizzano un film a episodi, il primo della loro filmografia, dichiaratamente ispirato al genere cinematografico a capitoli autoconclusivi sperimentato ampiamente in Italia negli anni Sessanta.
Il filo conduttore del progetto è il mito della Frontiera americana celebrato dai classici western e, qui, riletto in chiave parabolica, con una chiara derivazione narrativa ebraica.
L’ibrido coeniano, premiato a Venezia 2018 per la miglior sceneggiatura, alterna momenti ironici ad altri più drammatici e gioca con registri cinematografici diversi (dal musical già accennato nel precedente film dei Coen, Ave, Cesare!, al fantasy), mantenendo di fondo, anche nelle situazioni più seriose, uno spiccato gusto per un fatalismo che ben si adatta all’umor nero generale che permea le varie storie.

I 6 episodi che compongono il film sono raccolti idealmente in un libro illustrato (un’escamotage simile a quello che Disney usava per introdurre i suoi classici animati, ricordate?). Le storie si distinguono per tono, argomento e presenza di almeno una guest star diversa in ogni episodio, ma sono tutte accomunate dal fatto che ognuna contiene un messaggio differente con funzione quasi pedagogica. In più occasioni, quando non risulta palese grazie alle immagini mostrate, esso viene esplicitato nelle ultime pagine di ciascuna storia contenuta nel libro che, sfogliato da una mano anonima, viene mostrato all’inizio e alla fine di ogni racconto.

The Ballad of Buster Scruggs, che ha per protagonista Tim Blake Nelson, illustra le gesta di un pistolero canterino con la parlantina e la pistola più veloce del West. Near Algodones, con James Franco, racconta le disavventure di un rapinatore di banche (con un richiamo specifico a Il buono, il brutto, il cattivo di Leone). Meal Ticket (tra i più cinici della raccolta), con Liam Neeson e Harry Melling (Dudley Dursley nei film della saga di Harry Potter), parla della triste vita di un personaggio che sembra uscito da Freaks di Browning (o da The Elephant Man di Lynch, volendo insistere sulle origini britanniche dei protagonisti). All Gold Canyon, con Tom Waits (che, inevitabilmente, canticchia), mostra la tenacia di un anziano cercatore d’oro (e i danni dell’antropizzazione su un territorio vergine). The Gal Who Got Rattled, con Zoe Kazan, accenna alle fatiche dei pionieri grazie alla storia di una ragazza sfortunata. The Mortal Remains, con Brendan Gleeson e Tyne Daly, è una vera e propria gothic tale che (chiudendo il cerchio) riprende il tono fantastico del primo episodio e in cui mi è parso risuonino, fortissimi, gli echi della cultura ebraica a cui appartengono i Coen (non a caso, a fine visione, ho detto al mio compagno di divano: “Questo episodio, in quanto a ermetismo, potrebbe stare dalle parti dell’intro di ‘A Serious Man’…”).

Nonostante la natura eterogenea del film, La ballata di Buster Scruggs è un film compiuto, solido, a cui si può eccepire molto poco dal punto di vista estetico: i Coen si sono affidati a professionisti con cui collaborano da tempo. Molto bella la fotografia ariosa e piena di luce (a dispetto dei toni nerissimi della narrazione) firmata da Bruno Delbonnel, efficace la ricostruzione d’ambiente con i costumi di Mary Zophres e le scenografie di Jess Gonchor, entrambi candidati agli Oscar grazie a Il Grinta. Curiosità: il montaggio è curato dagli stessi Coen con lo pseudonimo di Roderick Jaynes.
L’impianto narrativo, in cui ogni dettaglio d’ambiente è estremamente funzionale alla resa complessiva, è inscalfibile e anche le sue parti più oscure e, forse, meno comprensibili (almeno a una prima occhiata) mi sono sembrate efficaci, correttamente spiazzanti.
Con poca tema di essere smentita, finora (cioè, senza aver ancora visto Roma di Cuarón, per esempio, ed escludendo il progetto di L’altra faccia del vento di Welles), dopo l’italiano Sulla mia pelle di Alessio Cremonini, La ballata di Buster Scruggs è il film originale Netflix più riuscito.

8 commenti

  1. TraianosLive / 20 Novembre 2018

    Bellissimo film con gli alti e bassi tipici dei film a episodi. Qualcuno mi sa spiegare l’importanza di Buster Scruggs sugli altri personaggi??? questa cosa non l’ho capita.

    • Stefania / 20 Novembre 2018

      @traianoslive: secondo me, perché è il primo racconto. Mi spiego meglio (anche se la mia è un’ipotesi piuttosto banale). Buster dice: Things have a way of escalating out here in the West, che può essere inteso come: “Le cose non sono mai banali, nel West”. La sua storia è il punto di partenza per un’antologia di fatti assurdi.

      • TraianosLive / 20 Novembre 2018

        @Stefania: ok…è anche l’unico che ci parla direttamente…però nell’economia del film non l’ho trovato così preponderante.

        Devo dire che i racconti che mi sono piaciuti di più sono poi anche quelli che si consumano più rapidamente lasciandomi parzialmente insoddisfatto.

        • Stefania / 21 Novembre 2018

          @traianoslive: ho continuato a pensare alla questione e mi è venuto in mente che, forse, potrebbe aver avuto un peso l’Antico Testamento. Nei libri attribuiti ad alcuni profeti minori (es. Zaccaria, Malachia, Sofonia…), in cui, fra l’altro, compare talvolta la divisione in 6 capitoli o in 6 brani (ma questa è una mia forzatura, eh: la struttura e i contenuti dell’AT sono complessi e, per fare queste supposizioni, non sto verificando testo alla mano), il profeta a cui è intitolato il libro compare inizialmente e, poi, parla di visioni profetiche, discussioni sull’amore di Dio, ecc. Insomma, talvolta, non è il protagonista di tutto il contenuto del libro. Nel West, la ballata era una forma di trasmissione del racconto che esponeva un fatto e, magari, a corredo, forniva anche una morale, era una specie di evoluzione della parabola biblica, appunto.
          Poi… Chissà! Magari non c’è un motivo particolare. I Coen potrebbero averlo fatto apposta per farci scervellare 🙂 In Rete, non sono riuscita a trovare (ma, magari, non ho cercato bene) dichiarazioni degli interessati sul significato del titolo del film.
          A me, per esempio, è piaciuto molto l’episodio con Liam Neeson: potrebbe essere muto, si basa esclusivamente sulle immagini e sul messaggio spiegato attraverso tali immagini (l’Arte non paga). L’ho trovato un ottimo esempio di scrittura cinematografica.

          • TraianosLive / 21 Novembre 2018

            @Stefania sull’antico testamento alzo le mani :D. Non sarà che la spiegazione vada ricercata nell’originale struttura del progetto, ovvero la serie tv? In realtà doveva essere una serie tv di pochi episodi e non mi stupirebbe se Buster Scruggs avesse dovuto introdurre i singoli episodi con le sue doti canore. E’ solo una supposizione.

            L’episodio più buttato via mi è sembrato quello con James Franco…parte benissimo ma poi si sgonfia malamente. Avrei voluto vedere più a lungo l’omino della banca…era divertentissimo. “PADELLA” 😀

          • Stefania / 21 Novembre 2018

            @traianoslive: ti confesso che all’intro canterina ci ho pensato anch’io. Ma questa storia della miniserie è un bell’inghippo. Nel senso che, ovunque, fin dall’annuncio del progetto, si era parlato di serie tv (anche noi, qui, avevamo pubblicato un articolo in merito). La serie è diventata ufficialmente un film quando sono stati annunciati i film in concorso per il Leone d’Oro 2018. Poi, mentre i Coen erano a Venezia, una testata italiana ha pubblicato una loro intervista in cui dicono che sono stati travisati e che non hanno mai avuto intenzione di fare una miniserie. Quindi… boh? 😀

  2. Noloter / 11 Dicembre 2018

    @traianoslive @stefania Se posso permettermi di intervenire, credo che la scelta del titolo “La ballata di Buster Scruggs” sia riconducibile al titolo del finto-libro che fa da ideale contenitore alle storie; ho notato che spesse volte le raccolte di racconti hanno effettivamente per titolo quello del primo racconto, e nella sequenza di apertura del libro si intravvede proprio l’indice con tutti i titoli degli “episodi”, tra l’altro.
    Almeno questa è la spiegazione che mi son dato io.

Lascia un commento