28 Settembre 2013 in Tempo massimo

Ciò che mi stupisce maggiormente di queste vecchissime commedie sentimentali italiane, di cui Vittorio De Sica fu grande ed elegante mattatore, è l’estrema modernità con cui gli interpreti più talentuosi usavano il proprio fisico, in particolare il volto, mutevolissimo, espressivo oltre ogni dire, al punto che, anche la donna più “insignificante” (non vogliatemene, ma Milly, almeno qui, non mi pare fosse una vamp) riesce ad esprimere ogni singola emozione (rabbia, curiosità, divertimento, ecc.) con pochi ma repentini movimenti dei muscoli facciali.
Si tratta di accorgimenti arcaici, datati, legati alla teatralità dell’avanspettacolo prima (Ridolini era un maestro di tali, a volte inquietanti, fisicità) e del cinema muto poi.

Resta il fatto che leggo sempre questo metodo espressivo come indice di grande disinvoltura (seppur sofferta, costruita, artificiale) e padronanza di sé da parte dell’attore e vi confesso che in questa vecchia pellicola ho trovato, in questo senso, in maniera quasi inattesa, ottimi interpreti.

Detto ciò, il film è stralunato, improbabile non nell’intreccio, ma nelle risoluzioni.
Però, risulta gradevole, a tratti davvero divertente (la gara in bicicletta, per esempio) e voglio credere che Mike Nichols l’abbia incrociato e si sia lasciato ispirare da esso, dato che la scena finale del bus de Il laureato (1967) ricorda moltissimo la sequenza conclusiva di questo film di Mattoli.

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