Recensione su Swiss Army Man

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Folle, poetico e geniale / 2 Giugno 2020 in Swiss Army Man

In un periodo storico dove l’omologazione è sempre più presente e l’originalità virtù assai rara, i Daniels ballano impazziti e sbracciano come forsennati facendosi notare, e non poco, in una processione di autori zombie che, ahimè, non hanno molto da racconatare. La parabola dell’uomo depresso è stata oggetto di tantissime rappresentazioni nel corso della storia del cinema, tuttavia, Swiss Army Man, rielabora le strutture principali del genere evolvendo gradualmente e intelligentemente nel cinema puro: dall’ originalità dello script, che danza calibratissimo tra il grottesco e il drammatico all’ingegnosità della scenografia, dalla fotografia che valorizza il paesaggio boschivo e che si adatta brillantemente alle varie fasi della giornata all’epica colonna sonora che crea la cosiddetta “magia” in molte sequenze del film. Interessante l’analogia tra l’evidente inquinamento della natura, deturpata dai rifiuti, e i due protagonisti. Manny è un rifiuto organico vero e proprio e Hank è un rifiuto della società, un inetto a vivere che però sfrutta le tracce del passaggio dei suoi simili per costruire una realtà tutta sua, modellandola grazie al suo amico multiuso che si presta come pietra focaia, mazzafionda, rampino, doccia e fontanella. Un film che, nel XXI secolo, andrebbe premiato solo per il coraggio, la simpatia e la riflessione che riesce a smuovere nello spettatore. 

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