superdad / 18 Aprile 2011 in Superman Returns
Non sono mai stato un fan di Superman, neanche quando ero piccolo. L’idea di questo supereroe imbattibile, psicologicamente vuoto (la sua unica debolezza è la kriptonite…) che svolazza su e giù per la città e si nasconde sotto le spoglie di un imbranato giornalista non mi è mai sembrata interessante (niente a che vedere con un Batman in cerca di vendetta, cupo e solitario).
Il primo “Superman”, firmato da Donner e interpretato dal povero Christopher Reeve e da Gene Hackman, nei panni di Lex Luthor, tuttavia, non è stato male. I seguiti sono da dimenticare.
Qui ci pensa Bryan Singer (autore de “i soliti sospetti” e della saga di “X-Men”) a risollevare il personaggio. E, secondo me, ci riesce.
L’idea di far tornare sulla terra Superman, dopo un periodo di assenza coinciso con un suo viaggio di riflessione e maturazione ne fa una figura quasi cristologica, un figlio rimandato sulla terra dal padre per guidare e sorreggere noi umani, che abbiamo la spiacevole tendenza a fare delle nostre vite un pasticcio.
Superman torna e trova la sua innamorata e premiata giornalista, accasata con il nipote del giornale e con tanto di figlio.
Nel frattempo un maturo e spietato Lex Luthor (Kevin Spacey è spettacolare nel ruolo) è uscito di prigione e giocherallando con la mineralogia punta a liberarsi una volta per tutte dell’eroe.
Singer centra l’obiettivo, cioè di umanizzare Superman, di dargli una dimensione affettiva più marcata e di rendere la sua missione più conflittuale, considerata la sua natura non-umana.
L’intenzione c’è ed il risultato è gradevole. La scena del pestaggio è il culmine dell’umanizzazione del personaggio, che ritrova anche un legame ancora più stretto con l’umanità. La regia è buona e si vede.
L’attore che interpreta Superman è eccessivamente marmoreo, le sue espressioni facciali sono ridotte al minimo. Forse un pò di coinvolgimento in più avrebbe migliorato il voto finale.

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