Recensione su Suburra

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Suburra / 11 Novembre 2015 in Suburra

Suburra.
Tensione nel cinema che in Italia non c’è più.

La recensione potrebbe aprirsi e chiudersi con un bel grazie o magari con un applauso. Lo dico da fan del cinema di genere, lo dico da fan di Sollima (padre), lo dico da ammiratore di chi nel 2015 ha ancora la voglia di fare questo tipo di cinema.
Perché, badate bene, di Sollima in Italia ce ne sono pochi e forse ne servirebbero una manciata di più. Ma andiamo con ordiene, partiamo dalla domanda da un milione di lire Giamaicane: “Chi è Stefano Sollima?”.

Stefano Sollima è il figlio di Sergio, avete presente Sergio Sollima, no? Corri uomo Corri, La resa dei conti.. ma vi manca seriamente l’abc? Il piccolo Stefano comunque è uno che è cresciuto a pane e film di genere, non ha mai frequentato corsi di cinema né scuole (grazie al ca**o dico io con un padre che fa di nome Sergio Sollima sono buono pure io) e quindi nulla, si forma prima frequentando i set paterni e poi con i documentari sulle zone dove c’è la guerra. Si ok, c’è tutta la gavetta con porcherie televisive tipo Un posto al sole e cinematografiche come ACAB (si, Acab è una porcheria. Una porcheria pure se è girata bene è sempre una porcheria) ma almeno per il sottoscritto Sollima è uno con le palle cubiche e dopo anni di frequentazione nelle due palestre chiamate Romanzo Criminale e Gomorra riesce a dirigere un’opera che è semplicemente un panzer. Suburra è un campo di battaglia: è un film di morte e di amore; di sudore e coltelli; di sangue e sperma; di cocaina ed escort minorenni. Dicevo, Stefano Sollima, signore e signori miei, è uno con le palle cubiche. Come lo chiamate uno che vi fa un film di genere in un Paese in cui il cinema di genere non se ne fa da ..fatemi fare due conti, togliendo i Manetti, moltiplicando x2 e dividendo per L’odore della notte.. almeno 25 anni pieni?

Senza presunzioni, con la naturalezza e la forza di chi ama il cinema di genere, Sollima dirige un film impeccabile, ottimo anche e soprattutto grazie all’aiuto della fotografia che esalta le atmosfere da noir metropolitano. Uso il termine noir metropolitano (guai a dire che questo è un western, questo film puzza di noir e la puzza si sente da dove vivo io in provincia di Rieti) perché la metropoli qui non è soltanto sfondo ma diventa vera protagonista della storia, così come la violenza, la criminalità e il degrado ambientale e morale. La fotografia, le sequenze dedicate alla Roma notturna, una Roma dark, corrotta all’inverosimile, una Roma piovosa e poi c’è la pioggia signori miei, la pioggia che diventa uno stato d’animo. Ma no, che dico uno stato d’animo.. la pioggia È lo stato d’animo del film. Tutto inizia con la pioggia e tutto finisce con la pioggia. In una delle scene iniziali l’acqua esce dai tombini. Un presagio, si sta suggerendo che qualcosa sta venendo a galla.

Ambientato nel Novembre 2011, il film racconta sette giorni di vita criminale a Roma e descrive le vicende intorno al progetto «Waterfront» ovvero la trasformazione del litorale di Ostia in una specie di Las Vegas: l’affare vede coinvolti parlamentari e i criminali della piccola e grande malavita romana. Alla storia principale, la storia di Samurai (un Carminati rivisitato da un ENORME Claudio Amendola. ENORME) della coppia criminale composta da Numero 8 (Alessandro Borghi, a sinistra nella foto) della sua fidanzata Viola (Greta Scarano), del politico di destra interpratato da Pierfrancesco Favino (straordinario nella parte del politico credibile di fronte alle telecamere ed allo stesso tempo figura collusa, ma anche padre, marito e puttaniere), del Pr interpretato da Elio Germano, si affiancano le storie di altri piccoli grandi personaggi: gli zingari Casamonica; l’escort interpretata da Giulia Elettra Gorietti (che si era già incontrata con Amendola sul set di Caterina va in città, altro film con un Amendola validissimo); il capofamiglia dei Casamonica e via dicendo. Personalmente l’unica cosa poco chiara è quanto il Vaticano c’entri nella storia e quanto la crisi del potere/la crisi di coscienza di Papa Ratzinger c’entri con lo sviluppo della storia. Ma in fondo sono tre minuti di film e probabilmente per capire questo punto dovrei leggere il libro di De Cataldo. De Cataldo tra l’altro firma la sceneggiatura assieme a Rulli e Petraglia e Bonini. Tornando al film, Suburra ha tutto quello che serve per diventare uno dei migliori film italiani di quest’anno (se non della decade ma ci andrei piano perché potrebbe essere il mio entusiasmo a parlare): c’è una sparatoria in un supermercato (a livello narrativo dovrebbe svolgersi ad Ostia o zone limitrofe visto che il territorio di Numero 8 è quello ma Sollima la gira a Porta di Roma), sparatoria fantastica in mezzo a zucche e mamme che vengono colpite come il miglior cinema reazionario vuole. Abbiamo le esplosioni, palazzi incendiati, fregna, Favino nudo, inseguimenti con il suv, fregna, zingari uccisi, Favino nudo, esplosioni, zingari accoltellati, Amendola in versione gangster che mette i brividi.
E poi c’è l’eroina, la fregna e Favino nudo (va bè, si vede una mezza chiappa).

Ma la cosa che più mi ha sorpeso è stato il ruolo di Amendola. Chiunque ho sentito ha detto che Amendola fa lo stereotipo del gangster. Claudio/Carminati/Samurai fa la sua comparsa sotto la pioggia, entra in un Casinò e saluta un vecchio “camerata”, un suo vecchio collega dei Nar che lo minaccia di dire tutto quello che sa del suo conto. Amendola è calmo, lucido, combattivo. È un samurai, è freddo ed impassibile. Dopo neanche due minuti il vecchio “amico” viene investito da una macchina, il cadavere neanche fosse una pallina da ping pong va contro una macchina che veniva dal verso opposto. Incidente stradale, i tg in tv neanche ne parlano.
Ed è questo l’altro punto a favore del film, tutti gli omicidi che avvengono vengono presi come episodi separati, casi minori che non hanno nulla a che vedere con la malavita. E torno ad Amendola, il motore primo dell’opera, è Samurai infatti l’uomo che sta dietro a questa situazione. È lui che si occupa dell'”ordine” a Roma. È Samurai (il rappresentante della Camorra, de Cosa Nostra, della Sacra Corona Unita e via dicendo) che si occupa del lato economico del Waterfront. Claudie’ ti perdono quella porecheria poraccista dei Cesaroni dopo questo ruolo, giuro.

In soldoni, Suburra è il film da vedere. È un’opera in cui tutti i personaggi sono caratterizzati, in cui non c’è un personaggio positivo anche se nel finale abbiamo il riscatto di due personaggi che si trasformano così in degli “antieroi”. E forse è questo il limite di Suburra, non esistono personaggi positivi, ma calcolando che l’obiettivo era quello di raccontare la malavita romana, la scelta di non mettere personaggi positivi ci sta a pennello. Girato in una Roma spaccata in due: da un lato quella borghese, come direbbe il fu Remo Remotti; dall’altro la Roma de borgata dura e pura; Suburra è il film che racconta in modo veritiero la criminalità romana, un’opera di sano intrattenimento in cui non si fa il tifo per nessuno. Guardiamo il film e pensiamo a quanto marcio c’è. Il film italiano che serviva al cinema italiano.. e alle serie tv, visto che nel 2017 uscirà la serie tv di Suburra, prima su Netflix e poi sulla Rai. La collaborazione è un esempio della nuova strategia che si stanno intraprendendo per essere competitivi sia in Italia sia all’estero. Se guardiamo il panorama delle serie tv italiane ci rendiamo conto da subito quanto siamo indietro rispetto ai prodotti anglo-americani. Certo il budget è determinante quando parliamo della riuscita di un prodotto, ma a me vengono i brividi al solo pensiero che un Don Matteo sia la serie tv più seguita nel nostro paese.. con tutto il rispetto per il buon Terence Hill.

DonMax

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