9 Recensioni su

Steve Jobs

/ 20156.7208 voti

Meraviglioso / 5 Ottobre 2019 in Steve Jobs

Un biopic che non è un biopic (evviva!), un dramma in tre atti molto teatrale, molto parlato, scritto magnificamente, di un’intelligenza sopraffina. Avrebbe meritato molto, ma molto di più questo magnifico film: più successo, più attenzione, più premi, per quello che valgono. L’ho visto due volte al cinema e svariate altre in dvd ed ogni volta scopro qualche sfumatura nuova, nei dialoghi o nella recitazione. Scritto, diretto, montato in maniera superlativa, interpretato da una perfetta Kate Winslet e da un meraviglioso, magnetico, irraggiungibile Michael Fassbender.

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Scelte discutibili / 27 Luglio 2016 in Steve Jobs

In un film biografico, le scelte di sceneggiatura e regia si possono giustificare in base al loro effetto drammatico, o all’apporto che danno alla conoscenza del protagonista (ma anche in questo caso lo scopo finale è di raggiungere un effetto drammatico; in caso contrario meglio sarebbe girare un documentario). Come si giustificano allora le scelte di Steve Jobs, in quest’ottica? Il film, nel suo impianto fondamentalmente teatrale, ruota attorno ai rapporti di Jobs col suo primo partner, Steve Wozniak, con uno degli AD della Apple, John Sculley, e con la figlia Lisa.
Il rapporto con Wozniak ha qualche potenzialità drammatica, viste le differenze caratteriali fra i due uomini; ma il film sceglie di insistere eccessivamente sulla richiesta inascoltata di Wozniak a Jobs di riconoscere i meriti di un particolare team della Apple, e quindi sulla supposta mancanza di gratitudine di Jobs – una richiesta che però nella realtà Wozniak non ha mai avanzato.
Per quanto riguarda Lisa, la struttura drammatica della vicenda che ci viene raccontata è elementare: Jobs non vuole riconoscerne la paternità; ha dei tentennamenti, perché la ragazzina è dolcissima e brillante; alla fine cede e si pente. Né apprendiamo qualcosa di significativo sul vero Jobs, tranne che sapeva comportarsi da vera canaglia: nulla ci viene detto sui motivi del rifiuto iniziale.
Il rapporto con John Sculley è più interessante, grazie anche alla bella interpretazione di Jeff Daniels: da confidente e figura quasi paterna, a traditore (almeno dal punto di vista di Jobs), a cavalleresco sconfitto. Se il film si fosse concentrato su questa vicenda – possibilmente con meno imprecisioni: come puntualizzato dal vero Sculley, il Macintosh non fu affatto il completo fallimento che ci viene raccontato – avremmo avuto un’opera molto più interessante. Ma così non è stato.

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Da smussare / 7 Marzo 2016 in Steve Jobs

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Parole parole su SJ. Come non ce ne fossero abbastanza. Diviso in tre atti, mostra i retroscena e primascena e sottoscena dei lanci di tre prodotti, Macintosh, NeXT e IMac, nei rispettivi 1984, 88 e 98. Embè? Eqquindi queste presentazioni, stando a quel che si vede, per lui erano uno stress assurdo perché ogni volta gli passava tutta la sua vita davanti, con personaggi vari che arrivano a ricordargli che deve, che questo, che quello, che è stronzinsensibile ecc. E lui è tutto questo, parole parole su SJ, carismatico e visionario che non sa fare un ca**o ma vede l’insieme e oltre e sa far funzionare i pezzi singoli. E la sua vita privata sucks, perché è un mostro ma si inventa il punta e clicca, ebbasta con ste banalità, e la camera segue dietro le quinte le porte si aprono si chiudono, spunta la figlia da un cunicolo, spunta Woz che si lagna, ottimamente interpretato da Seth Rogen che è un paciugone, ed è così, anche Woz nelle interviste è sempre stato un paciugone, e il paciugone era un gelato della Motta tanti anni fa. Nei movimenti dietro le quinte e nei camerini ricordava la frenesia che seguiva i personaggi di Birdman. Spunta il fantasma dei Natali passati, no, spunta la sua assistente, che è tizia cosa Kate Winslet, l’unica a sopportarlo e non se ne comprende del tutto il motivo. Spunta Jeff Daniels, che fa il CEO Apple e prima lo tira su, poi giù, le guerre di potere nei consigli di amministrazione e bla. E dire delle donne che vanno al cinema solo perché Fassbender (o altra star hollywoodiana equifunzionale) è figo? Io se voglio veder della figa guardo un porno, ma vabbè, polemica mia u_u Fassy fa comunque un figurone, intenso e antipatico, a parte non poter nascondere braccia enormi e muscolose che SJ poco verosimilmente aveva, poi alla fine si mette dolcevita e occhialini e new balance e BAM! (quasi) uguale. Tra insuccessi, lo spottone storico di 1984, l’idolatria dei nerdoni in attesa delle presentazioni, prima dell’ultima finalmente anche lui cresce, e accetta di avere una figlia e volerle bene e che forse sarebbe anche il caso ogni tanto di emettere qualche segnale in tal senso. Quindi è una crescita no? Non agiografico perché è abbastanza jackass con tutti, ma nemmeno lo affossa, una specie di artista chiuso nel suo mondo di angoli smussati perché sono più kawai ^_^ e incapace di far quadrare il cerchio dell’empatia con altri umani essere. Ma che ‘cce frega, noi c’avemo il mac sottile e liscio.
Io ovviamente no. E non ho capito perché sul mac manchi il tasto Canc. Ma il ragazzo era così, bizzoso e volubile e spesso aveva TANTA ragione da rivoluzionar solo quasi tutto.

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. / 28 Gennaio 2016 in Steve Jobs

Biografia poco gentile sul mito Jobs, scritta con piena padronanza dal solito grande e verboso Sorkin e diretta da un Boyle che fa il discreto e che di tanto in tanto spunta fuori con qualche inquadratura tipicamente sua. Bella l’idea di inscenare il tutto come fossimo a teatro, nella struttura narrativa (in 3 atti) e pure scenograficamente parlando. Il film infatti si svolge perlopiù dietro le quinte e in minima parte su palchi teatrali, per i lanci dei prodotti Apple. La struttura così schematica ed essenziale della sceneggiatura viene gestita bene, funziona, eppure verso metà c’è un momento di stanca, che corrisponde anche al passaggio più confusivo, per me, della sceneggiatura. E’ come se Sorkin un po’ si incartasse preso dalla sua smania di dialoghi corposi (in linea di massima sempre un piacere da seguire però, su questo non ci piove), a discapito della chiarezza di retroscena e dinamiche della vita di Jobs che posso non sapere. Bravi tutti e c’era da aspettarselo: Fassbender è magnetico, è Jobs pur essendo lontano anni luce dal vero Steve e recita con scioltezza battutone megalomani e battutine sarcastiche, affiancato dalla meravigliosa Winslet, tanto umana e calda nel suo personaggio. Musiche molto presenti e coinvolgenti, mi sono piaciute. Finale che riequilibra in parte tutti i colpi assestati al personaggio di Jobs, senza santificarlo per fortuna, ma mostrando un minimo di rinato senso paterno, forse.

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Il fascino dell’inutilità / 28 Gennaio 2016 in Steve Jobs

Carrellata biografica fugace con orologio al polso, evita l’agiografia, ma nulla che una buona lettura, Wikipedia o YouTube non possano spiegare e meglio.

Rivoluzione Biopic / 26 Gennaio 2016 in Steve Jobs

Pellicola estremamente aggressiva e perfetta! Come risalta il personaggio principale, protagonista del nostro pianeta e della sua vita indaffarata piena del suo ego e della rivalità incognita verso qualunque cosa, questo fa di lui un genio! Jobs è interpretato da un più che affascinante Michael Fassbender, accompagnato da Kate Winslet e da Seth Rogen, che si rendono brillanti agli occhi del pubblico… Tre atti che non ti lasciano neanche sospirare. Un’opera del tutto vivace. Sceneggiatura scritta dal mago dei Biopic Aaron Sorkin, montato dall’ottimo Elliot Graham ed infine il direttore di questa melodia è l’esperto Danny Boyle che si fa notare sempre di più… Film che vince ogni tipo di aspettative, azzardato ma apprezzato! Due Globi vinti, si aspetta il ventotto… Il migliore sin’ora!

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“Ti metterò la musica in tasca!” / 26 Gennaio 2016 in Steve Jobs

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Danny Boyle e Aaron Sorkin orchestrano alla perfezione le vicende più intime del fondatore, nonché uomo-simbolo, della Apple.
Si inizia nel 1984, anno di lancio del Macintosh e la fotografia si “adegua” al periodo, mostrandoci immagini sgranate e ben lontane dall’alta definizione a cui siamo ormai abituati.
Qui conosciamo lo Steve Jobs cocciuto che vuole a tutti i costi lanciare un prodotto che fino ad allora era un rischio: un sistema chiuso, senza la possibilità di modificarlo, ma a suo modo innovativo.
Poi ecco Lisa, la figlia che Jobs non ha voluto riconoscere che vive con la madre. Lisa come “Local Integrated Software Architecture”, che, per stessa ammissione di Jobs, alla fine, non significa nulla, ma è solo un omaggio alla figlia non voluta.
Il Macintosh è un flop e il consiglio destituisce Jobs che, per conto suo, ma sempre affiancato dalla fida Joanna Hoffman, crea NeXT. E’ il 1988. Ma ecco anche qui che Jobs non intende vendere un computer che costa 13mila dollari, ma vuole che Apple acquisti il suo Sistema Operativo.
Infine, nel 1998, con i capelli radi e ingrigiti, Jobs si prepara al lancio del primo iMac. L’occasione è buona per riavvicinarsi alla figlia ormai diciannovenne, trascurata dalla madre e che va all’università grazie alla retta pagata dall’amico di Jobs, Andy Hertzfeld.
Il finale è un po’ Spielberghiano, se mi concedete il termine, con Jobs che dà alla figlia il disegno che aveva fatto nel 1984 con il primo Macintosh. E c’è la folla in visibilio per il nuovo computer Apple.
Sorkin si riconferma il fenomeno dei dialoghi come già abbiamo apprezzato anche in TV con The Newsroom, perfetta la sua “penna” per descrivere un personaggio tanto geniale quanto “stron*o” come Jobs.
Ottimo lavoro di Fassbender e Winslet. C’è spazio anche per Seth Rogen nei panni del co-fondatore di Apple, Steve Wozniak.
Da segnalare anche il montaggio, con i rapidi flashback che si amalgamano senza soluzione di continuità con il presente.
Molte spanne sopra il Jobs di Ashton Kutcher, ma qui Boyle & Sorkin indagano l’anima di un uomo geniale a modo suo e non si limitano a narrare i fatti come (forse) sono avvenuti.

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La vita come rappresentazione teatrale / 25 Gennaio 2016 in Steve Jobs

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

L’impianto del film di Boyle è decisamente e piacevolmente teatrale, sia per la scelta delle location (i dietro le quinte e le platee mostrate negli attimi che precedono tre presentazioni fondamentali di Jobs) che dell’impianto narrativo (scandito in tre atti precisi), che delle entrate/uscite in/dalla scena dei comprimari (a conti fatti, Fassbender è l’unico ad essere sempre sul “palco”, senza interruzioni, se non quelle tra un atto e l’altro).

E anche lo sviluppo del racconto può essere definito teatrale, nell’accezione forse più prosaica del termine: la vita privata e professionale di Steve Jobs che emerge da questo film è un inviluppo di deficit comportamentali che pongono il protagonista in bilico tra il noto genio, l’anaffettività e la testardaggine pura.
In questo senso, ho apprezzato il “coraggio” iniziale avuto da Boyle (regia) e Sorkin (sceneggiatura) nel tratteggiare con apparente sincerità un personaggio fastidioso (inteso letteralmente come “creatore di fastidio”) come questo, ma non capisco perché, sulla distanza, abbiano sentito l’impellente necessità di riabilitarlo, prima impercettibilmente, dando indizi sulla sua infanzia difficile, poi in maniera via via più plateale, con l’approssimarsi di un finale che ho trovato davvero poco digeribile.

Se, nell’ultima sequenza del film, avessi visto Jobs chiudere materialmente la porta in faccia alla figlia (“Scusa, tesoro, ma devo presentare l’iMac, sai com’è”), non avremmo avuto nulla di cui stupirci e, anzi, avremmo potuto apprezzare l’uniformità completa del personaggio: non interessa sapere se quell’episodio si è verificato davvero e se si è svolto così come è stato rappresentato (come il resto della messinscena, d’altronde), ma gli ultimi minuti di film sono stati in grado di sgretolare un complesso di chiaroscuri altrimenti molto coerente e credibile.
Voler mostrare a tutti i costi che Jobs sapeva provare emozioni ed empatia, con la presunzione di offrire tale concetto al pubblico come se fosse un colpo di scena, è un artifizio che -a parer mio- poteva essere risparmiato e che inficia decisamente la mia valutazione complessiva di un film altrimenti ben diretto, solido e decisamente ben interpretato (eccellenti Fassbender e la Winslet), a cui riconosco il grande merito di aver saputo raccontare, come forse neppure i documentari sull’argomento finora prodotti sono stati in grado di fare, come precisi “oggetti” sono diventati comuni e familiari nell’immaginario collettivo e quali sono le logiche che ne hanno sotteso l’immissione sul mercato.

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Shakespeariano, anche se non muore nessuno. / 24 Dicembre 2015 in Steve Jobs

L’attesissimo nuovo copione di Aaron Sorkin, il film definitivo sul mito di Steve Jobs, è finalmente compiuto.
Sorkin ha l’idea mirabile di non adattare l’intera biografia di Jobs ma di legare il personaggio ai suoi prodotti, e in particolare alle rituali presentazioni di questi al pubblico. A poche ore (a volte minuti) dall’inizio di tre fondamentali keynote (quello del Mac del 1985, del NeXT nel 1988 e dell’iMac nel 1998) amici, colleghi e familiari di Steve si accalcano su di lui costringendolo a confrontarsi col suo caratteraccio che allontana chi gli vuole bene; allo stesso tempo è l’occasione per Jobs di ribadire la sua visione del mondo e di come i suoi prodotti e le sue idee possono rivoluzionarlo.
Una sceneggiatura di impianto teatrale per unità di tempo e spazio, con continue entrate e uscite di personaggi, e rari flashback vivacizzati dalla frenesia del montaggio alternato, che rispecchia la fibrillazione continua dei dialoghi di Sorkin.
Ne risulta un ritratto non necessariamente celebrativo né caricaturale, dove un Fassbender neutrale è serve piuttosto d’appoggio ai più colorati compagni corali.

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