Recensione su Stalker

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4 Giugno 2015

La Zona è la vita.
La Zona è la fede.
Che cos’è la Zona?
Come soltanto i grandi film di fantascienza sanno fare, Stalker lascia cullare lo spettatore nelle proprie, personalissime, interpretazioni fornendo una solidissima base di immagini e concetti misteriosi.
In ciò, questo capolavoro di Tarkovskij può essere assimilato al 2001 di Kubrick e a pochissimi altri film memorabili che, ancora oggi, non smettono di affascinare il cinefilo in cerca dell’essenza della settima arte, ricerca nella quale troppo spesso si deve scendere ad inaccettabili compromessi.
Poi ti capita di vedere Stalker e capisci che allora quello che cercavi era proprio questo, quell’ineffabile sensazione di trovarsi di fronte ad un capolavoro, come quando si è davanti al David di Michelangelo o alla Cappella degli Scrovegni.
Tecnicamente, Tarkovskij è un assoluto fuoriclasse e lo dimostrano i fantastici movimenti di macchina, gli intensi piani sequenza, le lente carrellate avanti e indietro riprese dall’alto (memorabili quella iniziale e quella sopra il torrente).
Un autentico fenomeno deve essere stato anche il Direttore della fotografia, che lo ha accompagnato in quest’impresa: il suo nome è Aleksandr Knyazhinskij, ossia uno sconosciuto (per molti), ma almeno una menzione era necessaria per colui che ha curato la più bella fotografia in cui mi sia mai imbattuto.
Toni scialbi, ma con forte contrasto, che dal bianco e nero virano sull’ocra, sul seppia o sul verde insaturo. Le uniche scene a colori (ma anch’essi molto insaturi) sono quelle girate nella Zona e le riprese della figlia dello Stalker.
Le immagini, i colori, le luci, le ombre, sono dosati con una maestria che non ha pari. È una vera estasi per il nervo ottico, un sollucchero dei sensi.
Altro aspetto impressionante sono le scenografie distopiche e sudicie, ma totalmente affascinanti, curate dallo stesso Tarkovskij.
Costruzioni tipiche della vecchia Unione Sovietica, e poi le ambientazioni della Zona, apocalittiche e incredibilmente suggestive.
Come se Tarkovskij avesse avuto una premonizione sul disastro di Chernobyl, intravediamo anche una centrale nucleare avvolta dalle nebbie.

Ma Stalker non è soltanto questo.
Non è solo un disarmante prodigio di estetica su pellicola.
È anche e soprattutto contenuto.
È filosofia e religione.

Gli “Stalker” sono le guide che accompagnano nella Zona quei pochi temerari che non riescono a sfuggire al richiamo di questo profondo mistero: un’area geografica, forse perché colpita da un meteorite o chissà per quale altra causa, si è misteriosamente trasformata in una Zona da cui le persone non fanno ritorno e nella quale, secondo alcuni, è presente una Stanza in cui gli uomini possono esaudire i loro più reconditi desideri.

“Che cos’è stato? La caduta di un meteorite? La visita di abitanti dell’abisso cosmico? Sta di fatto che nel nostro piccolo paese è comparso uno straordinario prodigio: la Zona. Ci abbiamo mandato subito dei soldati. Non sono tornati. Allora abbiamo circondato la Zona con un cordone di polizia… E probabilmente abbiamo fatto bene. Del resto, non lo so, non lo so…”

Nella Zona decidono di avventurarsi due persone completamente diverse tra loro, un fisico, che si farà chiamare il “Professore”, e lo “Scrittore”, che simboleggiano, rispettivamente, la scienza e le virtù intellettuali umanistiche.
Si fanno accompagnare da uno Stalker che, come gli altri suoi simili, è un reietto della società: vive in estrema povertà con il fardello di una figlia disabile (“mutante” affermano il Professore e lo Scrittore, a causa della Zona).
Una volta superato il cordone di polizia, i tre entrano nella Zona e da quel momento un’angoscia opprimente pare dominare ogni movimento, ogni istante della loro esperienza.
La Zona sembra infarcita di trappole, sembra un posto pericolosissimo, come stanno a testimoniare i carri armati oramai arrugginiti abbandonati disordinatamente dall’esercito.
Eppure non succede nulla, se non un costante aumento della tensione, man mano che ci si avvicina alla Stanza.
Giunti di fronte ad essa i dialoghi tra i tre toccano punte di profonda saggezza.
La logica scientifica del Professore, il razionalismo filosofico dello Scrittore, la visione religioso-strumentale dello Stalker.
L’anticamera della Stanza è il luogo dove si compie lo showdown, la resa dei conti psicologica di tre visioni completamente diverse dell’esistenza.

Un film sicuramente da rivedere più volte, anche se basta la prima per rimanere spiazzati e al contempo incredibilmente affascinati.
A mio avviso la lingua originale, con sottotitoli, esalta ulteriormente la pellicola, sia perché il doppiaggio non è eccezionale, sia perché conferisce quel tocco di esotico alle vicende, con la durezza della parlata russa che ben si adatta al ruolo di estraniante sottofondo.
Stalker è semplicemente uno dei film più belli della storia del cinema, una pellicola potentissima e destabilizzante che cambierà la stessa idea di cosa è realmente (e cosa può essere) il cinema.

1 commento

  1. hartman / 28 Novembre 2015

    grazie al #torinofilmfestival ho potuto (ri)vedere sul grande schermo questo capolavoro assoluto…
    devo dire che alla seconda visione viene meno l’enorme effetto pathos che si ha la prima volta che lo si vede… in compenso ci si può concentrare su certi dettagli e particolari, apprezzando ancora di più la superlativa fotografia e la magnifica regia di Tarkovskij (e soprattutto si può prestare maggiore attenzione ai dialoghi, che sono belli tosti!)…

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