Recensione su Sciopero

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Ricordate, proletari! / 5 Aprile 2016 in Sciopero

Sgombriamo subito il campo da ogni presa di posizione ideologica: il cinema socialista di Ejzenstejn così come quello (talvolta) reazionario di John Ford celebrano l’essenza primigenia di ideologie diversamente pericolose, portatrici di danni inenarrabili, ma sono indiscutibili esempi dell’ arte e del mestiere di cineasti eccelsi. Chiusa la premessa che a qualcuno parrà pilatesca, parlo di un film dalle forti emozioni.
In questo intenso Sciopero vediamo inquadrature molto brevi, un serrato lavoro di “montaggio delle attrazioni” (il découpage non cerca solo la coerenza narrativa, ma cerca anche di provocare con brevi immagini extra-diegetiche, mediante associazioni di idee, delle scosse emotive allo spettatore) con profusione di dissolvenze a iris, a tendina, incrociate e tutto il campionario del caso. Un linguaggio originale che rende la narrazione frammentata a bozzetti grotteschi che carezzano il surreale; gli attori sgranano tanto di occhi, sciorinano sguardi iperespressivi, con risate e bronci marcatamente teatrali.
L’azione portante è preannunciata dalla montante sedizione bolscevica; gli operai si aggirano furtivi, circondati da spie caricaturali simboleggiate da un animale (la scimmia, il gufo, il bulldog, etc). In breve tutto è animato da un grande dinamismo, gli uomini si tuffano, si arrampicano, si intrufolano, sgattaiolano nel gigantesco set di una fabbrica. Il dramma si acutizza con la vicenda personale dell’operaio Yakov, accusato di furto dal capetto di turno. Esplode la contestazione, che sarà poi soffocata nel sangue dalla polizia zarista.
Vi sono sequenze notevoli per il loro simbolismo, tra le quali mi sembra efficace quella di un capopopolo arrestato, picchiato e poi corrotto, di una innocenza perduta simboleggiata dietro a lui da una coppia di bambini vestiti come adulti che danzano sopra un tavolino imbandito.
E soprattutto vi sono sequenze terribilmente potenti: gli idranti sulla folla, in scene di vibrante drammaticità, il caporione umiliato in una pozza di fango col montaggio alternato dei pistoni della fabbrica che riprendono a pulsare.
Finale indimenticabile, con grovigli di corpi che ricordano le battaglie delle tele di Rubens. Gli ultimi minuti del macello sono di una crudezza sconvolgente, fino all’ultimo inequivocabile cartello ammonitore: “Ricordate, proletari!”

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