Recensione su Source Code

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26 Giugno 2013

Jones è un autore originale, che in soli due film è riuscito a ben definire una propria poetica, basata su un sapiente dosaggio di fantascientifico e onirico in un cocktail dal sapore melanconico, persino tragico, in modo da incanalare le idee cerebrali di base in un plot accattivante anche per il grande pubblico. La trama è dinamica perché si basa sulla tensione fra due dimensioni, ma ci rendiamo subito conto che la più esplicita è anche quella meno interessante per il senso del film: non la dimensione del giallo, della ricerca del colpevole bensì quella della ricerca di sé. Non a caso il film si svolge interamente in due non-luoghi: una capsula che è e non è, un treno che è e non è. Insomma, i parallelismi con “Moon” sono evidenti, ma quest’ultimo possedeva una maggiore potenza espressiva-visionaria e una più efficace riflessione esistenzialistica, mentre “Source code” soffre per qualche evidente forzatura (pegni della produzione hollywoodiana), o meglio per una mancanza d’equilibrio in alcuni punti: la stonatura fra la tragicità della struttura generale rispetto allo spudorato happy ending e la prolissità esplicativa di alcune battute (a volte molli, addirittura con il solito richiamo allo spauracchio “quantistico”), in contrasto con il puro gusto per l’inattendibilità che attraversa l’intero film.

3 commenti

  1. michidark / 27 Giugno 2013

    Film sopravvalutatissimo. Mi aspettavo chissà cosa, invece non è altro che un blockbusterone tipo “next”, “the butterfly effect” et similia. Finale ai limiti del patetico.

    • Stefania / 27 Giugno 2013

      Anch’io penso che Jones abbia pagato il dazio di Hollywood.
      Nonostante tutto, l’ho trovato sufficientemente godibile.

  2. alevenstre / 27 Giugno 2013

    Sono d’accordo, è un film godibile.

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