Recensione su Sonatine

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Sonate dolenti / 25 Giugno 2012 in Sonatine

racciare linee guida per questa immensa opera di Takeshi Kitano non è facile.Di certo si può partire dal titolo.La Sonatina è una forma di composizione musicale che indica letteralmente una piccola sonata. Questo termine non ha di per sé un significato rigoroso, ma è piuttosto applicato dal compositore ad un pezzo che conserva nella sua struttura la “forma-sonata” in maniera tecnicamente più elementare, meno impegnata formalmente e di minori dimensioni sotto un profilo temporale.Questo,ciò che le maggiori enciclopedie ci dicono sul significato della sonatina.Ha una struttura amletica,improbabile,metaforica,la sonata di Kitano,che si svolge tutta in uno spazio-tempo teoricamente fermo,e quindi decisamente più interessante e impossibile.”Sonatine” non esiste,per definizione.Questo lo rende quindi maledettamente coinvolgente ed affascinante.Murokawa ha sempre vissuto una certa vita molto violenta,essendo esponente della yakuza,uno dei maggiori.Viene inviato su un isola per placare una guerra tra gang,ma presto scoprirà che si tratta di una trappola,che si concluderà con l’uomo su di un’isoletta,dove troverà l’amore e la morte come sua consolazione.L’uomo che giunge sull’isola non è Murokawa,ma un suo eguale ed opposto,non il sanguinario killer a sangue freddo al soldo della yakuza,ma un uomo nuovo e teoricamente astratto.”Sonatine”,oltre ad essere uno dei film più belli e toccanti di Kitano,è anche uno dei più sconosciuti al pubblico,poichè il buon Takeshi dovrà ancora dare alla luce quella gemma che è “Hana Bi” e diventare famoso a livello mondiale.Una sonata dolente accompagna le melodie che portano dietro la vita e dentro essa di Hisaishi,mentre sullo schermo scorrono immagini di terrorizzante fantasia creativa.La poesia di Kitano,detto “Beat”,in nome del suo passato da comico,è grossolana e deridente,a tratti satirica,ma passa buona parte delle sue possibilità ad attendere il colpo fatale,la fine della dolente sonata.Il sorriso di Kitano,colpevole un incidente motociclistico,sembra ghigni alla morte,o che ghigni proprio la morte.Probabilmente è da qui che parte il meta-cinema di Kitano,proprio da questo suo capolavoro.Partendo dall’analisi di una poetica dispotica,poco perbenista e attenta all’omologazione della violenza come unica forma di comunicazione possibile,Kitano riunisce cinema,musica e teatro in un’opera melodrammatica e carismaticamente pura,come se fosse una storia d’amore.Ma l’amore,in questa ennesima ballata di anime,poco c’entra.Anche se è proprio l’incontro con una donna che è stata stuprata,a fargli capire il senso puro della vita.Perchè Kitano distingue apertamente tra destino individuale e senso della vita.Bene,ora guardate bene questo film di Kitano,perchè è la quintessenza del suo cinema:C’è l’infanzia perduta de “L’estate di Kikujiro”,la violenza pura di “Violent Cop”,la filosofia di quello che sarà “Dolls”,la paura illogica di “Boiling Point”,la voglia di distruzione di “Takeshis'”,”Glory to the filmmaker” e “Getting Any?”.Ma è sogno o realtà?Kitano risponde sorprendentemente “Cinema,brother,fratello”.Come diceva in “Zatoichi” con un fare stralunato da uomo delle stelle,”Anche se avessi gli occhi spalancati non riuscirei a vedere”.Qui anche la parabola di Murakawa,in un’epilogo geniale e devastante allo stesso tempo,in cui uno yakuza davanti all’imprevedibilità della vita,rimane in uno stato rarefatto e di calma invidiabile,e forse ricomincia finalmente a vedere.Per questo,d’ora in poi,il cinema di Kitano sarà con “Un certain regard”,per chi,non ha mai visto bene o ha avuto paura di farlo.

1 commento

  1. rust cohle / 4 Marzo 2020

    Bellissima recensione, mi hai fatto venire voglia di vedere tutta la filmografia di Kitano. Io ancora non riesco a inquadrarlo bene questo Sonatine ma devo dire che alla seconda visione l’ho apprezzato molto di più che alla prima.

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