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Il posto delle fragole

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4 Giugno 2015 in Il posto delle fragole

Il posto delle fragole, il road movie che si tinge di meditazione.

Il posto delle fragole è un viaggio in macchina, è la storia di un personaggio crepuscolare, è la riflessione sulla sua vita e potenzialmente sulla sua morte ma l’interpretazione la si può estendere alla vita-morte in generale.

Il protagonista dell’opera, Isak Borg, ripercorre la sua vita, l’adolescenza ed i primi amori, i fallimenti ed i successi, si farà due conti, vedrà quello che ha seminato, sulla maschera indossata per risolvere i problemi.

Ad essere analizzati in questo road movie sono i ricordi, i sogni ed i rimpianti di un ricercatore affermato, un dottore che è prossimo alla morte. La realtà ed i sogni si fondono, si intrecciano fra loro il mondo onirico e quello reale in una storia in cui il personaggio principale rimpiange un’esistenza più felice non più raggiungibile vista l’età.

Eppure il film non contiene solo ed unicamente un messaggio cupo, è attraverso il viaggio che il dottore riesce a ritrovare sé stesso. Certo non saranno un’esperienza piacevole quella dei presagi-sogni che in più occasioni tormenteranno il nostro ma anche questi presagi servono alla sua crescita, si ritroverà cambiato alla fine del film tanto da voler/poter aiutare un figlio (stronzo come lui) a evitare i suoi errori.

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Il luogo della memoria. / 12 Luglio 2014 in Il posto delle fragole

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

In una cornice che sa vagamente di fiaba, se non di racconto dickensiano, Bergman racconta di un’ossessione diffusa, quella della paura della morte e dell’idea ad essa connaturata che, in qualsiasi momento della propria vita, sarebbe stato possibile fare di più, fare meglio, fare diversamente.
La pellicola è pervasa da un’aura onirica che, utilizzando il pretesto del sogno per esplicare timori e reminiscenze del protagonista, si dimostra in effetti strumento narrativo funzionale ed imprescindibile al racconto.

Non ho mancato di pensare che, a conti fatti, anche quella che lo spettatore percepisce come realtà non sia altro che un sogno di Isak: nelle sequenze finali, egli si sistema a letto (ma nulla vieta di pensare che non vi fosse già e che non stesse dormendo e, quindi, sognando tutto ciò che viene raccontato prima di quella scena, materiale che egli riversa, o perfino crede di riversare, nelle sue memorie scritte) e viene raggiunto dal figlio e dalla nuora che gli confidano, in maniere diverse, il proprio affetto. Isak, finalmente sereno, sembra assopirsi, forse per sempre, non ci è dato sapere.

Il “gioco perverso” di Bergman, sempre che vi sia, risiederebbe quindi nell’aver donato al suo personaggio la capacità di non avere più paura della morte, timore che l’ha drammaticamente accompagnato per tutta la vita, nel momento stesso in cui ella lo conquista.
Mi ha colpito notare quanto Isak e la quasi centenaria madre, pervasi da questo terrore mortifero, siano tanto vecchi eppure solidi da apparire immortali (l’orologio senza lancette): la loro anzianità si prefigura come una sorta di maledizione mitica, per cui la loro durezza di cuore, o presunta tale, sembra proteggerli dall’inevitabile corso degli eventi fisici.
La raggiunta serenità, al contrario, pur infondendo gioia nell’animo di Isak, lo condanna ad una fine certa.
Il valore del ricordo, salvifico (come si vedrà) per l’uno, vano per l’altra, ancorata ad oggetti di un passato dai contorni indefiniti (di chi era tale giocattolo? Ecc.), ha valenze diverse a seconda dei personaggi.

Pregevole l’uso bergmaniano dei simboli: lo specchio (ed il tema del doppio che, qui, si esplica anche nella duplicazione dei sentimenti e dell’approccio alla vita di Isak e di suo figlio) su cui viene riflesso sempre un volto vecchio, mai uno giovane; la culla (che offre riparo ad una bambola: l’uso di un fantoccio è evidente e affatto camuffato) immersa in una natura ostile, con alberi dai rami ritorti ed un sottobosco incolto; i genitori lontani, dai volti irriconoscibili, sulla riva; i capelli scomposti della moglie.
Benché tutti questi elementi concorrano a ferire Isak, allo stesso tempo gli infondono quella consapevolezza utile a raggiungere lo “stato di grazia” in grado di offrirgli quella pace interiore (o rassegnazione, a voler essere nichilista) tanto agognata.
Il ricordo (si badi bene, il ricordo, non l’esperienza) dell’infanzia è l’unico “luogo” mentale (e, nel sogno, anche fisico) entro cui gli sia possibile rifugiarsi per trovare una risposta alla propria muta domanda: “Perché vivere?”.

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Il sonno del cuore genera mostri / 13 Novembre 2012 in Il posto delle fragole

Il cinema per Bergman deve entrare “nelle stanze scure della nostra anima”. Un cinema di indagine interiore, una perlustrazione analitica degli angoli bui per tirare fuori gli scheletri, esporli senza possibilità d’appello. La parabola del vecchio professor Isak Borg è quella di un compassato Scrooge scandinavo, a cui vengono rinfacciati i fantasmi dei legami passati, presenti e futuri. Il suo viaggio verso una futile e pomposa cermonia accademica diviene il pretesto per una dolorosa redenzione, che si avvale anche di incubi in perfetto stile Borges. La malinconia del ricordo si spoglia del velo romantico, la rimozione pesa e si fa assordante, la solitudine da beato rifugio si rivela implacabile dannazione. Il contegno del vecchio viene assediato dalla micidiale schiettezza della nuora, dal veleno di una coppia recuperata lungo la strada, dalla vitalità di tre giovani autostoppisti, dal nichilismo del figlio; per Goya è il sonno della ragione a generare mostri, ma qui la paternità appartiene al letargo del cuore.
Un film che forse ha bisogno di essere rivisto, per cogliere appieno la moltitudine di simboli, e che forse ci scoperchia un po’ di sepolcri. Tutti abbiamo quel luogo della mente, tra i cespugli dei ricordi, dove un tempo nascevano fragole che oggi non ci sono più.

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9 Novembre 2012 in Il posto delle fragole

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Nel giorno del suo giubileo accademico, in cui festeggia 50 anni di professione, il Professor Borg, insigne medico, decide di recarsi da Stoccolma a Lund, ove si terrà la cerimonia, in auto anziché in aereo.
Lo accompagna la nuora Marianne e sarà un occasione di confronto: con molta franchezza, lei gli rinfaccia il suo egoismo celato dietro modi raffinati.
Si fermano in campagna, in un luogo dove il professore da giovane veniva in villeggiatura, e cominciano i ricordi: del suo amore per la cugina, dei pranzi in famiglia, del posto in cui raccoglievano le fragole.
Tre giovani diretti in Italia chiedono un passaggio: uno studente di medicina, uno di teologia e una giovane che si contende il loro amore. Le discussioni in loro presenza toccano temi complessi: l’esistenza di Dio, la morte.
Dopo un incidente sfiorato, si trovano costretti a dare un passaggio a un ingegnere e sua moglie, entrambi emblema dell’infelicità coniugale.
Il professore confessa le sue angosce e i suoi incubi a Marianne, la quale a sua volta le racconta di come questi siano uguali a quelli del figlio, suo marito: una continua aura di morte nelle loro parole, alla ricerca di una spiegazione dell’esistenza. Marianne racconta di come suo marito sia contrario all’annunciata gravidanza di lei: trova riprovevole la ricerca della vitalità, il mettere al mondo un figlio con la speranza che la sua condizione sia migliore della loro.
Il professore durante il tragitto si reca dalla madre ultranovantenne, che gli ricorda ancora il passato.
Arrivati a Lund si compie la cerimonia: i tre ragazzi si accomiatano e il professore assiste felice alla riappacificazione tra il figlio e la nuora.

Bergman ci regala un film profondo e carico di significato. Si toccano temi filosofici e idealisti: la religione, la vita e la morte, il ruolo dell’uomo nell’esistenza. E proprio un bilancio esistenziale sembra compiere il protagonista, tra momenti onirici (meraviglioso il primo sogno, all’inizio del film, carico di simbolismo e surrealismo) e reminiscenze del passato ormai lontano.
In un altro sogno pare prendere consapevolezza dei propri errori, sotto l’attento sguardo di un esaminatore che lo mette alla prova.
Un road movie d’autore (per buona parte della durata assistiamo al viaggio in auto, denso di discussioni forbite e riflessioni), tra sogno e ricordo.
Ottima prova dell’attore principale (che fu anche importante regista) Victor Sjostrom.

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24 Agosto 2012 in Il posto delle fragole

Data la votazione ottenuta dal film ed i pareri molto positivi ho deciso di vederlo per farmi un’idea di quanto potesse davvero essere meraviglioso.
L’introduzione è davvero magica.
Potrebbe sembrare una scena normalissima ma la sola, introspettiva, riflessione del personaggio da avvio ad una serie infinita di strani meccanismi -anche nella testa dell’osservatore.
Oltre a questa, la porzione dedicata al sogno -vale per me più dell’intera pellicola.
La narrazione prosegue in maniera piuttosto lenta ,nonostante l’interazione tra l’utopia e la realtà (per una durata complessiva NON eccessiva, di circa un’ora e mezza).
Il protagonista rivive e scopre il male che ancora risiede in lui, osservandolo con gli occhi rinnovati del presente.
Il passato rievocato in visioni quasi eteree ha il compito, d’impatto, di indurre un radicale cambiamento.
Ciò che mi piace,oltre all’interpretazione, sono le inquadrature ed il focalizzarsi al momento giusto su piccoli dettagli con l’incalzare della “musica” (poche note a creare suspense)

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