Simon del deserto

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Simon del deserto

Lo stilita Simòn, venerato come un santo, riceve le visite da villani, monaci dei dintorni, pastori e dal demonio nascosto sotto le procaci forme di Silvia Pinal. Irreprensibile alle tentazioni, verrà trasportato in un locale fumoso della New York anni sessanta, sulle note di uno scatenato rock.
paolodelventosoest ha scritto questa trama

Titolo Originale: Simón del desierto
Attori principali: Claudio Brook, Silvia Pinal, Hortensia Santoveña, Enrique Álvarez Félix, Francisco Reiguera, Luis Aceves Castañeda, Antonio Bravo, Enrique del Castillo, Enrique García Álvarez, Eduardo MacGregor, Jesús Fernández, Glauber Rocha, Mostra tutti

Regia: Luis Buñuel
Sceneggiatura/Autore: Luis Buñuel, Julio Alejandro
Colonna sonora: Raúl Lavista
Fotografia: Gabriel Figueroa
Produttore: Gustavo Alatriste
Produzione: Messico
Genere: Drammatico, Fantasy
Durata: 45 minuti

Dove vedere in streaming Simon del deserto

Simon del deserto / 24 Luglio 2020 in Simon del deserto

“Simon del deserto” è la seconda tappa della trilogia sul tema religioso, frapposta fra “Viridiana” e “L’angelo sterminatore”. Il concetto di fede viene totalmente ribaltato da Bunuel con un geniale sarcasmo: l’ascesi di Simon lo porta sì vicino alle altezze del mondo dei cieli, ma lo allontana completamente dal mondo degli uomini. Simon non capisce dunque usi e costumi degli uomini, rifiuta persino il contatto con la madre nel nome di un’ideale folle.
Il finale ribalta completamente la prospettiva e mette nello spettatore più di un dubbio: ce la farà il Simon del XX secolo ad affrontare la vita?

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Incompleto ma completo / 12 Maggio 2016 in Simon del deserto

Non esagero nell’affermare che “Simon del deserto” sia uno dei capolavori del regista spagnolo, seppur sia incompleto. Un mediometraggi così accuratamente futurista e veggente credo che, nella storia della settima arte, sia raro da trovare. La comparazione, spesso usata da Bunuel, di una tematica religiosa con una attuale lo rende ancora di più vivo e interessante da analizzare, per chi giustamente crede o meno (e come forse saprete il genio spagnolo era ateo). E’ la rilettura di un passo celebre biblico con occhi di un non-credente, ma, come dico io, credente. Un pò come Pasolini aveva fatto con il suo “Vangelo”. Solo che in questo caso l’esperimento è più riuscito per il finale.

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Simon del deserto: dell’inutilità dell’ascesi / 30 Maggio 2015 in Simon del deserto

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Anticlericale come non mai, Buñuel sembra concentrarsi su un aspetto in particolare dell’espressione della Fede religiosa che coinvolge anche altre dottrine, oltre quella cristiana: l’ascesi, con tutto ciò che vi ruota intorno e che ne consegue.
Presupponendo un quesito tanto ardito quanto in odore di blasfemia, quanto e come la mortificazione del corpo e dello spirito tesa alla pura ed eterna contemplazione del divino (definitivamente possibile dopo il trapasso e con l’ascensione in Paradiso) può essere utile in vita?
Nello specifico, le pratiche ascetiche di Simone lo stilita hanno qualche ripercussione pratica o utilità di sorta?
E non è ridicolo anche Satana, nel suo accanimento su un uomo che, nella ricerca della contemplazione divina, sta dichiaratamente smarrendo il senso delle proprie azioni?

Il film, pur turbandomi per via di dette riflessioni, mi ha divertita per alcuni particolari.
La scena conclusiva, ambientata in un bar di New York, è un finale pensato “in corsa” da Buñuel, messo alle strette dalla fine dei finanziamenti da parte della casa produttrice: costretto da tali motivi pratici, il cineasta ha dovuto modificare il piano delle riprese, trasformare il lungometraggio in un mediometraggio di 45 minuti e inventare una nuova conclusione che, scherzo del destino, è quantomai fantasticamente riuscita.
In un’intervista, Buñuel ha poi dichiarato che avrebbe desiderato vivere in un Medioevo come quello di Simone, per evitare di dover sopportare il rumore che affligge la società contemporanea. La chitarra elettrica, poi, protagonista della citata sequenza finale, è da lui definita (cito testualmente): “Uno strumento infernale”. Il che suona decisamente ironico detto da un individuo che rifugge la religione.
Mi ha colpito, infine, la presenza di nudità (Silvia Pinal mostra maliziosamente cosce e seno; una vecchia completamente avvizzita viene mostrata brevemente senza indumenti), altrove evitate da Buñuel (che si definiva alquanto riservato in materia), e di un turpiloquio non indifferente che, però, attribuisco all’adattamento italiano, abbastanza recente, della copia del film visionata.

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