14 Recensioni su

Silence

/ 20167.3179 voti

Sconquassi interiori / 9 Ottobre 2019 in Silence

(Riflessioni sparse)

Sono stata sconquassata dalla riflessione di Rodrigues (Andrew Garfield) sul silenzio di Dio, dalla modernità di pensiero applicata a un gesuita del XVII secolo, dall’estrema razionalità di queste oneste considerazioni. Poi, anzi, parallelamente, sono rimasta molto impressionata dalla potenza fideistica degli atti di alcuni personaggii, in cui ho visto mescolarsi propensioni inenarrabili, cioé difficilmente spiegabili a parole.
Da questo punto di vista, Silence mi ha scosso intimamente. Scorsese è stato capace di affiancare a questo impianto speculativo una messinscena notevole, in cui il ruolo dell’ambiente naturale è fondamentale nella rappresentazione di un divino imperscrutabile.

Non mi è piaciuta la scelta del cast, in particolare Garfield: troppo moderno nei gesti, negli atteggiamenti, per risultare sufficientemente credibile. Inguardabile, poi, nella versione invecchiata.

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Scorsese è una garanzia / 15 Giugno 2017 in Silence

Film molto crudo,profondo, da vedere con attenzione e soprattutto con pazienza; ritmo del film è effettivamente un po’ lento ma ne vale la pena per ogni singolo minuto. Che dire, attori straordinari, regia stupenda, storia molto interessante, l’unica pecca è che mi sarebbe piaciuto vedere Liam Neeson un po’ di più di 20.

abbastanza deluso / 1 Giugno 2017 in Silence

il mio voto è dovuto a
-liam neeson si vede si e no per 20 minuti e 1 ora poteva essere tagliata
-per nulla coinvolgente,e troppo lento

Il peso del Tuo Silenzio / 16 Febbraio 2017 in Silence

Fede, Religione, Ricerca, Persecuzione, Dolore, Intolleranza, Tortura, Crisi, Preghiera, Silenzio. Parole. Parole che costituiscono Silence. Sono parole che evocano le immagini di Silence. Immagini che parlano di due gesuiti si recano in GIappone per cercare padre Ferreira, un maestro spirituale che sembrerebbe aver rinnegato la sua religione.
Infatti in Giappone l’alternativa alla morte e all’agonia era l’abiura. Perché in Giappone la religione cattolica che si proponeva a quel mondo e se ne appropriava opprimendo e non integrando, venne col tempo sempre più osteggiata e perseguitata. Gli occidentali da una parte non erano in grado di creare un dialogo maturo con una cultura così diversa dalla loro.
E gli orientali dall’altra parte risolsero la questione con le peggiori torture e i peggiori massacri. Ma questo è solo l’antefatto del film. Il film invece non si dedica a distribuire le colpe di chi ha reso la situazione così insostenibile. Il film si concentra alla fede e alle sue sfide per sopravvivere alle insidie del mondo. Se i contadini hanno una visione semplicistica della fede come liberazione da ogni male, i gesuiti vedono in ogni cosa che fanno un messaggio di Dio. Credono all’inizio di poter trovare in quella fede semplice e ingenua, il conforto per continuare la missione. Da una parte Padre Garupe si chiede se non sia superfluo chiedere tutto quel sacrificio per una religione che non attecchisce in Giappone. Mentre dall’altra Padre Rodriguez aspetta nel martirio una risposta che non arriverà. E non arriverà perché il martirio porta altre domande. Perché il piano di Dio per lui comprende un martirio diverso, per lui comprende il silenzio di fronte alla preghiera e allo smarrimento. Vede nel suo riflesso il calvario di Gesù Cristo e non si rende conto che il suo riflesso è più simile a quello di Kichijiro, il contadino che ha abbandonato e rinnegato la religione; il debole, il peccatore, il figliol prodigo che si allontana da casa cento, mille volte. Perché Kichijiro chiederà sempre perdono, in ogni circostanza. Perché lui in ogni caso ritornerà sempre.
E dopotutto essere cristiano significa soprattutto poter tornare. Anche dopo aver fatto molta strada lontano da casa. Ed è per questo forse che a Martin Scorsese piace immaginare un Padre Rodriguez che nonostante tutto sia tornato a casa, nonostante la disperazione immensa di fronte al silenzio.

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Scorsese. / 9 Febbraio 2017 in Silence

forse ci ha messo troppo a realizzarlo, forse il film è semplicemente troppo lungo. ma levati i tecnicismi e la storia in sè, che alla fine è più che interessante, mi sembra che il “centro” si fatichi a trovarlo, sopratutto alla luce della scena finale. personaggio migliore il cinese “peccatore”, peggiore il “compagno di viaggio” e la sua fine “buttata lì”.

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MARTINO IS BACK AGAIN / 4 Febbraio 2017 in Silence

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ho visto Silence di M. Scorsese. Sono circa dieci minuti che cerco di scrivere una recensione decente. Sarà passata una mezz’ora per quando finirò.

E’ una recensione difficile, perdonatemi quindi quando urterò la vostra sensibilità. A me Silence è piaciuto tanto, tantissimo. Effettivamente dei tagli in alcune sequenze, circa 20 minuti, avrebbero reso l’opera più leggera e sicuramente più commerciabile ma qui non stiamo parlando di un film che ti vedi con gli amici dopo una birra. Qui siamo di fronte a un’opera intima di un regista che si apre, che usa un film per dire qualcosa.

Il film si apre in un modo che mi ha ricordato l’Apocalypse Now di Milius – Coppola: c’è la ricerca di un uomo, che sia un ufficiale di Santa Romana Chiesa o dell’Esercito Statunitense poco importa, in una zona nemica della lontana Asia, poco importa (perdonate la ripetizione) se sia il Giappone del’600 o la giungla cambogiana della seconda metà del ‘900. La coppia di di preti gesuiti giunge in Cina e da lì si mette in viaggio verso il Giappone dove, accompagnati da una guida del posto, dovrà trovare padre Fereira, il quale ha abiurato. Attenzione.

Questo è il mcguffin, in realtà la trama va oltre la ricerca dell’uomo, diventando non tanto un’analisi della fede, quanto il rapporto che la lega con l’uomo in un momento in cui i cristiani venivano costretti a rifiutare la propria religione o a morire. Semplice.

Sticazzi direte voi. Il punto è che non avete più 16 anni e “Sticazzi” non lo dovreste dire in generale e nel particolare non lo dovreste dire a uno come Scorsese. A me dispiace quando leggo tipo: “la roba da preti non la vedo”, perché questa non è una “roba da preti”. Si indubbiamente ci sono i preti e c’è la fede ma pensateci un attimo.

Senza entrare nel merito della figura di Cristo, che a me dal punto di vista filosofico ha sempre affascinato perché Cristo come uomo che va dai pescatori, dagli anarchici, dal peggio del peggio e si mette contro un impero è PECKINPAH.

Dicevo, senza entrare nel merito perché questa non è la sede, vi farei notare che la fede di Scorsese è sempre stata presente dall’inizio della sua carriera: prendete la crocifissione in America 1929 o tutta l’intera vicenda di Chi sta bussando alla mia porta oppure il ruolo di Teresa Ronchelli in Means Street (dentro di me c’è una vocina che dice tutto Means Street ma ci andrei adagio).

E potrei andare avanti, credetemi.

Però, vedendo Silence la cosa notevole è che Scorsese nei primi minuti presenta i due gesuiti quasi convinti della superiorità della fede cristiana, uno dei quali sostiene come l’abiura di padre Fereira sia una calunnia nei suoi confronti, e poi va a parare nella rinuncia alla fede. Viviamo nel XXI secolo, i 3/4 delle persone che conosco si professa nichilista e magari certe cose neanche le capiamo, ma proviamoci un attimo a metterci nei panni di questi poveri cristi. Questi vengono ammazzati nello spirito, vengono privati della loro religione, viene detto loro “non dovete credere”. Non partite con i paraocchi perché i protagonisti sono dei gesuiti. Il concetto lo potete estendere a qualsiasi cosa.

Quindi, tornando a bomba, vedete ‘sti pori Cristi che stanno in Giappone per fare il loro lavoro, che è quello di predicare, vedono l’inferno sceso in terra e vengono messi di fronte alla possibilità di rigettare quello in cui credono oppure di morire (dentro e fuori). In alcune sequenze l’ho trovato attualissimo: uno Stato autarchico, chiuso, che vede “l’altro” come una minaccia. Delle sequenze sembra strizzino l’occhio un po’ a Rashomon di Kurosawa, altre ancora sono potentissime dal punto di vista iconografico. Come l’entrata del gesuita in città. E’ con i capelli lunghi, vestito nel modo più umile, sembra proprio Gesù.

E poi i martiri. Io sono rimasto a bocca aperta per come viene girata la violenza, come viene ripreso il martirio da Martin Scorsese. Questi uomini che vengono massacrati.

Forse i due problemi grossi del film sono: in alcune sequenze il montaggio, parlo della sequenze dove il gesuita fa all’inquisitore “Il Giappone aveva 300 000 cristiani prima delle vostre politiche, siete voi il terreno cattivo e bla bla bla”, la scena viene spezzata e divisa in due inquadrature c’è come una discontinuità nelle emozioni del gesuita; in secondo luogo i dieci minuti finali che non m’hanno detto molto rispetto a quello che è stato detto prima. Ad ogni modo mi è piaciuto tantissimo l’uso delle luci naturali, le scene nella notte con il con la luce del fuoco

Ho la home di Facebook intasata di pellicole che fanno della violenza pornografia, esce Silence e boh. A quelli che lo hanno criticato perché “Il film non è come The Wolf of Wall Street” direi che è l’altra faccia della medaglia. Se in the wolf si raccontavano dei protagonisti che pregavano e credevano nel dio denaro qui pregano un’altro dio. Oh, magari ‘mi sbaglio ma magari la sequenza dove un martire schiaccia la faccia di quello che per lui è la persona e la cosa più importante che ci sia al mondo (dimentichiamoci per un momento la religione, sto parlando del lato umano) perché così facendo potrebbe salvare, o far salvare delle vite, è più potente di qualsiasi frame di film come Split.

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The Sound Of Silence / 3 Febbraio 2017 in Silence

Facilissimo perdersi in dibattiti teologici o sulla barba costantemente ben curata di Garfield, perchè è uno Scorsese tremendamente ispirato quello che lascia volutamente la porta aperta all’interpretazione per un ritratto sull’umana debolezza, giocoforza ambiguo e suggestivo, ma che purtroppo ha troppo “sound” e poco “silence”.

. / 26 Gennaio 2017 in Silence

Silence è un filmone di 2 ore e 40 che, come primissima cosa, sicuramente necessitava di ulteriori tagli al montaggio. Non tanto perché mi spaventino i film fiume ma perché una tematica del genere (esportazione delle fede Gesuita in Giappone) spalmata in maniera perfino poco ritmata su quasi 3 ore ammorberebbe chiunque. Tranne che tu si sia ferventi gesuiti, forse in quel caso 3 ore di patemi d’animo potrebbero sembrare interessanti. La tematica, a scanso di equivoci, poteva essere pure affascinante, se solo però avesse meglio messo a confronto le due fedi e le loro ragioni. Il problema è che i momenti di dialogo sono davvero pochi e sono, guarda caso, i più belli e coinvolgenti. Tutto il resto è un ripetersi di torture e momenti disperati e i protagonisti parlano più nella loro testa che con gli altri. Gli attori e in particolare Garfield sono molto bravi e c’è una bella scena ad un certo punto, registicamente parlando. Ma d’altronde Scorsese è Scorsese e tutto il comparto tecnico è perfetto. So che il film era un suo progetto personale che aspettava di fare da 30 anni quindi buon per lui ma sostanzialmente noioso per tutti gli altri.

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Forgive me God, for I have sinned / 24 Gennaio 2017 in Silence

E’ un bellissimo film.
Non mi è piaciuto, i tempi sono inutilmente dilatati, mi ha annoiata a morte, ma è un bellissimo film.
Ben costruito, curato nella regia, nella fotografia e un Andrew Garfield soprendente.
Non so se sia stata la mia ignoranza a non farmelo apprezzare appieno, ma ho la sensazione che se ne potesse fare a meno.

Della fede e dell’abiura / 22 Gennaio 2017 in Silence

Se ripenso alla sfavillante Las Vegas di Casinò, alle contrade della formazione criminosa in Goodfellas o alla Lamborghini cangiante di Jordan Belfort, mi trovo sempre in difficoltà a definire quale è stato il più grande Capolavoro di Scorsese. Un maestro come pochi altri che ha saputo spaziare dalla croce alla pistola, raccontando il bene e il male senza mai svendere la sua magnifica aura indipendente, autorevole, sempre lucido nell’affrontare ogni tema. Perciò se appena uscito dal cinema penso che Silence sia il suo Capolavoro definitivo perdonatemi, ma l’emozione di ciò che ho appena visto è travolgente.
Ho sentito da qualche parte – da qualche autorevolissima parte, benedetto il cielo – sproloquiare di una presunta vena propagandistica cattolica in questo film, ho sentito definire Scorsese un vecchio regista che sentendo ormai la morte vicina ha orchestrato la sua redenzione. Accuse false, stupide e forse ahimè perversamente ideologiche. Per me la propaganda è condizionare lo spettatore affinchè sia subdolamente convinto della superiorità di un ideale. Ebbene qui dove starebbe la superiorità della fede cristiana? Questo è un film di abiura, di triste e dolorosa abiura.
Non c’è niente infatti di più annichilente per la fede di una storia come questa. Nulla schiaccia di più la ferrea convinzione di sentirsi martiri pronti e invincibili del constatare amaramente che non arriva alcuna gloria “personale” del martirio, ma soltanto una insostenibile e forse inutile sofferenza altrui. Non è una storia di eroismo cristiano ma una tremenda storia di spoliazione, dalla tortura fino al ragionamento suadente, assillante, persistente. E forse l’abiura diventa un atto di indicibile eroismo, di vero amore per gli altri se non di genuina fede nel Cristo sofferente, come nella scena emozionante del “Calpestami!”.
Tutto questo viene raccontato in un cinema di magniloquente sottrazione, in cui la colonna sonora è il frinire delle cicale e le urla dei sofferenti, in cui tutto è avvolto dalla nebbia, densa come il dubbio. Ogni dialogo è calibrato, ogni sussurro pesa, su tutto aleggia il grande silenzio divino di una religione che si spegne fiocamente nelle nevi del Giappone. Eccezionale la trasformazione artistica di Andrew Garfield, il quale conserva però quella vaga ebetudine giovanile nel volto che dà una bellissima luce umana al personaggio di padre Rodrigues. Il volto e il fisico scheletrico di Adam Driver sono un’ icona, il personaggio di padre Garupe funziona proprio per lo straordinario impatto visivo.

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Forte / 22 Gennaio 2017 in Silence

Il film è molto potente emotivamente.
Apprezzo i film storici, per me si è anche trattato di un approfondimento di un argomento a me poco conosciuto.
Fa riflettere e i personaggi sono interessanti (in particolare mi ha colpito Kichijiro).
Da notare che è piuttosto lungo, ma la trama mi ha preso.

I pray but I am lost. Am I just praying to silence? / 16 Gennaio 2017 in Silence

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ambientato all’inizio del periodo Sakoku, politica autarchica e restrittiva nei confronti delle relazioni estere attuata in Giappone dal 1641 al 1853, “Silence” è un film estremamente ricco di temi che toccano vari campi dell’animo umano (religione, filosofia, storia, psicologia) e si condensano in un’opera cinematografica pregna e vibrante.

Il principale leitmotiv della trama, focalizzata sulla ricerca di un vecchio mentore perdutosi in un territorio lontano ed ostile (che può far avvicinare la pellicola al romanzo “Cuore di tenebra” ed al capolavoro cinematografico ad esso legato “Apocalypse Now”) diviene via via solo uno spunto per l’esplorazione del rapporto tra l’uomo e la fede.

Spunti importanti in tal senso derivano dallo sviluppo psicologico ed umano del portoghese Sebastião Rodrigues (un intenso Andrew Garfield), immerso insieme al collega ed amico Francisco Garupe in un Paese totalmente diverso per cultura e tradizioni rispetto all’Europa, e dovendovi aiutare la germogliazione della religione cristiana.

Numerosi i paragoni verbali tra gli uomini ed il regno vegetale, con la dottrina gesuita paragonata ad una pianta che può trovare terreni più o meno favorevoli per la sua prospera crescita, e sul sottile legame tra radici umane più o meno forti ed un ambiente non necessariamente adatto alla gemmazione.
Uomo e natura divengono così tutt’uno, ed il mondo umano razionale viene paragonato alla naturalità di una normale crescita vegetale, unendo due importanti sfere dell’immanenza.

Il giovane religioso, inoltre, durante il corso della sua missione è pressato in maniera sempre più opprimente e affossante dal silenzio della divinità, che conduce l’uomo al dubbio ed alla spossatezza mentale oltre che fisica.
Immerso in una sofferenza endemica, Rodrigues lotta per trovare un conforto tanto umano (attraverso il rapporto con le poche popolazioni locali ancora fedeli alla dottrina cristiana e per questo perseguitate) quanto divino, affinché egli possa rinsaldare nel proprio cuore la certezza di operare nel giusto e sotto l’occhio benevolo di Dio.

Importante poi anche il legame storico-economico tra le potenze europee ed un Giappone lontano ed esotico, inquadrato sotto un’ottica commerciale e di conquista da parte del Vecchio Continente, che attraverso i suoi emissari fatica però a comprendere storia e cultura del Paese orientale.
I giapponesi si chiudono a riccio non accettando un ruolo ancillare di reverenza europeista, reagendo con forza e terribile persecuzione nei confronti di una dottrina a loro estranea tanto per cultura vera e propria quanto per impostazione mentale di approccio al culto.

Per evidenziare tutta la ricchezza e l’importanza di questi spunti di riflessioni sono molto importanti i dialoghi tra il giovane Rodrigues e le figure che via via si trovi ad incontrare lungo la sua missione, dato che ognuna di queste gli offre spunti di confronto affinché possa aprire la sua mente per comprendere il Giappone.

La religione diventa sforzo e fatica, non solo in una direzione esterna legata al proselitismo osteggiato dallo Stato, ma anche interiormente, con un Dio come già detto presente nell’animo ma assente in una dimensione materialista e pratica che possa fare da conforto per l’uomo debole.
Tale debolezza umana è messa in evidenza inoltre da uno dei personaggi secondari, che continuando a fallire e a cedere alle minacce simboleggia la difficilmente correggibile attitudine al peccato insita nell’uomo.
Il peccatore può cercare il perdono per le proprie mancanze attraverso una confessione catartica, ma tale meccanismo è destinato ahilui a ripetersi, in un circolo di sbagli e redenzione, con il suo animo irrimediabilmente vaso di coccio tra vasi di ferro.

Visivamente ottima la fotografia di Rodrigo Prieto, con un uso quasi estremo dei toni di blu per gli esterni iniziali evidenziando l’oppressività e la tristezza dell’ambiente, uniti ad un’acqua (mare, fiumi e soprattutto moltissima pioggia) come fonte sia di vita che di afflizione derivante dal divino.
Con il passare dei minuti vengono usati via via toni più caldi nelle ambientazioni di interni, a simboleggiare sia il calore del conforto di gruppo sia il ribollire dell’animo del gesuita, via via sempre più insicuro e combattuto tra deliranti visioni messianiche e scontro con la dura realtà che aspra lo circonda.

Ottimi tutti gli attori.
Andrew Garfield nonostante non abbia ancora raggiunto quella fama incontrastata presso il grande pubblico che consenta ad un interprete di reggere il film davanti ad uno spettatore digiuno di nozioni cinematografiche, alterna una vasta gamma di emozioni per il suo padre Rodrigues, mettendo in scena un personaggio molto più sfaccettato di quanto possa inizialmente sembrare.

Adam Driver, dalla notevole trasformazione fisica (ventidue chili persi tra preparazione al ruolo e riprese) è un Garupe più ortodosso del compare ed in alcuni frangenti quasi più cinico, e ciò consente di avere un buon bilanciamento espositivo di coppia.
Piace infine rivedere Liam Neeson in un ottimo film autoriale dopo una lunga parentesi di ripetitivi action movies disimpegnati.

Ottima anche la vasta gamma di interpreti giapponesi, tra cui spiccano Tadanobu Asano come interprete e punto di unione tra il gesuita ed il Giappone, Shinya Tsukamoto come devoto cristiano, Yōsuke Kubozuka nei panni di uno sfortunato peccatore e lo spietato quanto pratico Inoue di Issei Ogata.

Un’opera ricchissima di spunti di riflessione importanti, che molto si presta ad un dibattito seguente la sua visione e che tocca profondi temi dell’animo umano in modo efficace ed acuto.

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30 minuti / 15 Gennaio 2017 in Silence

puo un essere umano accettare fino alle estreme conseguenze la volonta del dio in qui crede? a questa domanda Scorsese tenta di dare risposta. la la sua risposta è si ,solo però se la tua fede è cosi grande da abiurarla e al tempo stesso mantenerla.iIl film è potente ,crudo e difficile da scrollarsi di dosso.(30 minuti in meno gli avrebbero giovato).

buuuuhhhh / 15 Gennaio 2017 in Silence

Allora… Questa volta Scorsese toppa e mi delude alla grande, ma soprattutto lo fa per ben161 minuti!!!
Pro:
– Regia
– Fotografia
– Ricostruzione storica
Contro:
– Personaggi ed interpreti non credibili
– Dialoghi, a tratti imbarazzanti
– Storia: due palle grosse come una casa! Noia allo stato puro!
– Giappone
– Gesuiti
Morale:
Morale 1: Stai a casa tua!
Morale 2: Fatti li cazzi tua!

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