I treni di Hopper non sobbalzano. / 7 Febbraio 2014 in Shirley: Visions of Reality

Faccio una premessa: Hopper è, con Cézanne, il mio pittore preferito. Scoperto per caso, è stato subito amore.
E questo film è un’immersione in Hopper.
La recitazione è teatrale, la fotografia e la scenografia eccezionali. La storia è quella della vita di un’attrice teatrale, dagli Anni ’30 sino agli Anni ’60, che frequenta Parigi, New York… A distanza esatta – quasi sempre – di qualche anno, un notiziario introduce il periodo storico, le notizie del giorno, la storia e la società del tempo, americana ed europea. In questa cornice, sparuti dialoghi e un monologo interiore ci fanno entrare, come dei voyeur, nell’interiorità di questa donna, plastica come ogni oggetto, come in ogni dipinto.
Vi invito a vedere le opere di Hopper.
Avete presente il suo surrealismo, lui così realista?
Avete presente quante volte, spiando le persone nei suoi quadri, ci siamo chiesti cosa pensassero, cosa vivessero, cosa ne era stato e cosa ne sarebbe stato delle loro vite, una volta che fosse proseguito – ma a noi nascosto – quell’istante congelato?
E la luce di Hopper, così abbondante e pure così fredda?
Ecco, questo film risponde. Consapevolmente che la sua è una delle infinite risposte possibili, ma la tratteggia. La abbozza. Come nei quadri, ci tiene fuori, ma un po’ meno. L’istante diventa un pezzo più ampio, di un puzzle che possiamo ricostruire, ma non completare. Resta l’incertezza, resta l’estraneità, resta la freddezza, la plasticità. Ma qualche volta, traspare un’emozione.

Faccio qui una postfazione.

Innanzitutto, sono ignorante e come tale avverto di aver perso alcune citazioni del film, specialmente cinematografiche. Non conosco nulla di cinema sperimentale, figuriamoci se conosco qualcosa su chi ha preso parte alla realizzazione di questo gioiello. Inoltre, non ho mai scritto recensioni, quanto più commenti, quindi siate pazienti (e magari critici). Questo film mi farà meditare ancora e lo rivedrò per cogliere più aspetti e magari articolare meglio questo mio pezzo.
Il film è lento, all’inizio solo la mia passione per Hopper (continuo a ripeterlo, lo so), la fotografia (!) e il teatro (ripeto: la recitazione è teatrale) mi hanno fatto pazientare. Sapevo che ne sarebbe valsa la pena e così è stato: non volevo che finisse.
Personalmente ho trovato molto bella la scelta di coniugare la luce in Hopper con la luce in Platone. Che ci pensasse anche Hopper alle parole che vengono lette, quando dipingeva Platone sulle sue tele?
Ho scritto prima che traspare un’emozione. Traspare anche nei quadri, non vorrei che passasse il messaggio opposto: forse ora è più facile immaginarsi cosa stia succedendo tra gli avventori in Nighthawks.
Il titolo della recensione mi è venuto in mente durante una scena del film. Non è forse molto corretto, almeno parzialmente, ma quella scena, che credo capirete quale sia nel vedere il film, a ripensarci, ora mi ha ricordato un po’ il non luogo delle scelte che si trova talvolta nelle opere letterarie e cinematografiche.
Non aspettatevi un film coinvolgente od entusiasmante di per sé. Coinvolge se ci si immerge e si fa lo sforzo mentale di tenerlo insieme; altrimenti facilmente stanca e difficilmente conquista.
Il 10 è così motivato: un film del genere, con queste scelte stilistiche e contenutistiche, non poteva essere fatto in modo migliore a mio avviso. Non ha la tensione dei thriller, non ha le risate delle commedie, non ha i paesaggi dei fantasy, non ha la recitazione di certi capolavori, ma è nel modo migliore in cui potesse essere. Sarebbe stato bello forse sentire qualche nota di pianoforte in più e vedere un esterno, ma immagino che girarlo (credo) su un palcoscenico sarebbe stato quasi impossibile. Ecco, il vento di certi quadri di Hopper, mi sarebbe piaciuto vederlo. Quindi 9.99.

Leggi tutto