un tipo furbo / 12 Aprile 2011 in L'inventore di favole

Se non fosse vera sembrerebbe una storiella da film e, se fosse solo una storiella da film, sarebbe una cazzata. Ma quello che racconta il film è vero. Un giovane talentuoso (ed ambizioso) giornalista, con una facoltà di legge da portare a termine ed i genitori col fiato sul collo, per mantenersi svolge un ruolo di giornalista per una prestigiosa rivista, The New Republic (la rivista di bordo dell’Air Force One). Il problema è che per fare il giornalista devi cercarti una storia, registrare le fonti e poi scrivere e far rivedere decine di volte le bozze. E cercarsi una storia abbastanza valida da essere pubblicata costa. In termini di tempo e fatica.
Ma se uno se la inventasse?
E’ proprio quello che fa Stephen Glass. E il suo talento glielo permette. Il suo carattere docile e e disponibile, premuroso e di buona compagnia lo rende talmente simpatico e ben accetto da sollevare un velo di dubbio su chi poi giustamente lo accuserà di frode giornalistica.
E’ una storia talmente incredibile che pensare sia vera è sorprendente.
Carey Mullis (inventore della PCR) fece una cosa del genere, gabbando addirittura Nature e dimostrando che le grandi riviste (spesso ma non sempre…ma più spesso che ogni tanto) corrono dietro alle grandi storie più che ai fatti.
Nel caso di Glass c’è un grande talento narrativo alla base e questo rende il personaggio quasi simpatico, mentre dovremmo (teoricamente condannarne le falsità). Hayden Christensen è perfettamente a suo agio nella parte ed anche Peter Sarsgaard riesce bene nella parte dell’editore in cerca della stima del suo team.
Woodward e Bernstein sono tutt’altra cosa, ma il film rende l’idea di come funzioni una rivista e di che lavoro ci sia dietro alla pubblicazione di ogni numero.

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