Recensione su Seul contre tous

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1 Novembre 2013

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

“Nasciamo soli, viviamo soli, moriamo soli. Soli. Sempre soli. Ed anche quando scopiamo siamo soli. Soli con la nostra vita, la nostra carne. E’ come un tunnel impossibile da condividere. E quanto più invecchiamo più siamo soli, di fronte al ricordo di una notte che si distrugge lentamente.
La vita è come un tunnel ed ognuno ha il suo piccolo tunnel. Però alla fine del tunnel non c’è neanche una luce. Anche i ricordi se ne vanno alla fine. I vecchi lo sanno bene… una piccola vita, piccoli risparmi, una piccola pensione. E poi una piccola tomba. E tutto questo non serve a niente.”

Micidiale. Immenso. Questi sono i primi aggettivi che mi vengono a mente per questo incredibile lungometraggio di esordio di Gaspar Noè. Un viaggio sconvolgente ma decisamente emozionante che ci mette faccia a faccia con la solitudine più profonda, con la totale mancanza di speranza, nel buio totale. E’ la storia di un uomo che ha perso tutto: famiglia, lavoro, soldi, dignità. Ha perso. Punto. E’ uno sconfitto. La vita lo ha annientato… e così lo vediamo sprofondare nella depressione più cupa, coltivando una rabbia gigantesca nei confronti del mondo, dell’altro, della Vita. Non c’è più luce, non la vede. Non c’è più bellezza, soltanto lo schifo di fronte ai suoi occhi. L’odio.

Però non parla quasi mai, raramente agisce. Il film va avanti soltanto attraverso i suoi pensieri. E’ tutto un continuo monologo interiore in voice-over, di una intensità allucinante. Siamo intrappolati nella sua mente, a sua volta intrappolata in un vortice di disperazione. Tutto è narrato in soggettiva, attraverso il flusso di coscienza di un perdente, che non vive più, sopravvive, fantasticando sulla fine. Immaginando una vendetta nei confronti di tutto e tutti. Ma è una vendetta soltanto immaginata.
Gli occhi dello straordinario Philippe Nahon (qui in una delle interpretazioni più importanti della sua carriera) sono sempre sbarrati, pieni di ira, mentre cammina da una umiliazione all’altra… ma le labbra sono serrate e ciò che sentiamo, per quasi tutta la durata del film, è soltanto il suo continuo rimuginare. I pensieri si sommano, si moltiplicano, non gli danno pace.
La mente del macellaio vomita sentenze di condanna sulla vita, sull’amore, il sesso, l’amicizia, la società, la borghesia, il sistema, il nascere e il morire. Non risparmia nessuno in un crescendo continuo di rabbia.

“No, di scopare non ne vale la pena. Costa caro. Però aiuta a passare il tempo. E quando ti passa la voglia di scopare non ti resta niente da fare al mondo. E che in realtà non c’è altro in questa fottuta vita. Nient’altro che un programma di riproduzione a tua insaputa, che uno si sente obbligato a rispettare. Nascere malgrado se stessi. Mangiare. Portare il ca**o in giro. Dare vita. E morire. La vita è un grande vuoto. Lo è sempre stato. Sempre lo sarà. Un grande vuoto che può continuare perfettamente senza di me.”

E’ un film che ci mostra l’essenza della vita, facendoci vedere il lato più oscuro di questa. Quando vivere diventa un peso, una condanna. Quando essere nati significa essere stati intrappolati. Quando soltanto la morte sembra una liberazione. In alcuni frangenti sembra di vedere il Travis Bickle di Taxi Driver (e la sequenza nel cinema a luci rosse ne è un chiaro rimando), ma qui è tutto più estremo, forse più reale. Siamo ad uno stadio di solitudine ancora più basso. Stavolta la via di uscita è ancora più stretta. Impossibile da attraversare.
Una volta uno psichiatra che stimo moltissimo mi disse: <> ecco, qui, in “Seul contre tous”, non è possibile nemmeno quello. In quel tunnel siamo costretti a morirci, o forse a viverci per sempre, che probabilmente è anche peggio.

Il nostro macellaio, di cui non sapremo mai il nome, è uno dei più belli esempi di Antieroe che mi sia mai capitato di vedere sullo schermo. Malvagio, crudele. Razzista. Fragile. L’uomo all’apice della sua debolezza, della sua essenza.
Un film, questo “Seul contre tous” fatto di nichilismo estremo. Violenza. Cattiveria. Un film amorale. Crudo. Spietato. Bellissimo. Fino al finale…

Dopo la sequenza finale, non è più un film bellissimo, ma qualcosa di molto vicino ad un capolavoro. Sui generis, certo, controverso, coraggioso, ma davvero grandioso. Quando il brutto, l’orrido riesce a trasformarsi in un qualcosa di poetico. Ti aspetti un massacro ed invece arriva la poesia. Senza false consolazioni, però…
La vendetta non c’è, la vita non finisce. Non c’è la morte, c’è l’amore… durerà poco perché la condanna è già scritta, ma chi se ne frega!

Poco da dire sulla regia, perfetta per il contesto, ben lontana dal virtuosismo che caratterizzerà il più recente “Enter the void”, ma alcune trovate sono fantastiche. Come quell’invito finale a lasciare la sala…
“Attenzione: avete 30 secondi per abbandonare la proiezione del film”
Dobbiamo resistere, perché quel che ci aspetta, fidatevi, è uno degli epiloghi più emozionanti che vi sarà mai capitato di vedere.

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