28 Dicembre 2013 in Sette note in nero

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Uno dei migliori thriller-soprannaturali mai diretti nel nostro paese, un film che si rifà al giallo classico, al cosiddetto intreccio rompicapo.
Fulci per la prima volta attinge a piene mani al cinema nostrano, ad Argento su tutti e ne tira fuori un giallo psicologico a forti tinte e dalla profonda suspense.
Molti i tributi che Sette Note in Nero deve al capolavoro argentiano, “Profondo Rosso”, a partire dal tipo di narrazione, ai colori degli interni, fino ad arrivare al citazionismo pure( le picconate al muro e il cadavere murato omaggiano la sequenza da brivido nella villa del bambino urlante, arcinota a tutti gli amanti del genere e non solo).
Comunque non si deve assolutamente pensare a una banale scopiazzatura, questo intenso thriller di Fulci brilla assolutamente di luce propria, con trama avvincente impreziosita da sequenze mozzafiato e un finale perfettamente congegnato.
E il tutto senza grandi spargimenti di sangue(da notare l’incipit del film, in cui Fulci filma il corpo della madre di Virginia, in caduta da una rupe altissima, fracassarsi all’altezza della testa con un fuggevole, quanto oggi risibile effetto splatter).
E poi non mancano assolutamente le ossessioni visive(emblema delle quali è la suggestiva sequenza della visione premonitrice).
Jennifer O’Neill, successivamente con Cronenberg in “Scanners”, ci regala un’ottima performance, talmente convincente agli occhi del regista che è quasi ossessiva la sua ricerca del primo piano, soprattutto nel dettaglio dello sguardo, filmato insistentemente attraverso primi piani improvvisi atti a cercare l’angoscia persistente della donna(emblematiche, a questo proposito, le sequenze del primo ingresso della donna nella camera apparsale nella visione).
A contribuire alla creazione della perfetta atmosfera thriller vi è l’azzeccato motivo sonoro, quello del carillon che si attiva nel momento clou, che inquieta dolcemente e ipnoticamente e che rimanda alle nenie infantili (anche qui il più noto è sempre argentiano: ancora una volta Profondo Rosso, con la terrificante Lullaby).
Il motivo in questione è oramai famoso in tutto il mondo grazie a Quentin Tarantino, amante dichiarato del cinema fulciano, il quale lo ha inserito in uno dei momenti cruciali di Kill Bill vol.1.
Il film più rappresentativo del cinema di Fulci, nel quale la fanno da padrone le sue tematiche più importanti, quelle a cui era maggiormente legato, il tempo, l’inconscio e la metà oscura dell’infanzia.
Un capolavoro nel suo genere.

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