Recensione su L'isola

/ 20007.659 voti
L'isola
Regia:

2 Febbraio 2014

Kim Ki-Duk colpisce ancora. La mente, prima del cuore. Con un film visivamente semplice, ma dai significati nascosti e metaforici. Non immediati.

Dialoghi scarni e insignificanti, impreziosiscono scenari incantevoli e già esaustivi del loro, sussurrando “cose” agli spettatore più attenti e sensibili.

Le immagini spaventano per la loro forte crudezza e angosciano per il loro carico di pesantezza emotiva, ma coinvolgono nella storia malata e struggente di cui si arma L’Isola, il quarto lungometraggio firmato Kim Ki-Duk.

La gelosia e l’incomunicabilità (ecco il perché di tanti silenzi) sono i veri motori del film, che va letto attraverso i simbolismi tipici dell’acclamato regista coreano, che non a caso iniziò la sua carriera come pittore.

L’Isola è un quadro che ritrae la condizione la umana. Tante piccole isole diverse convivono nello stesso spazio, ma la lontananza e il silenzio impedisce loro di comunicare. Di avvicinarsi. All’apparenza sembrerebbe un paradiso incontaminato per riposare corpo e mente, ma ben presto si scoprirà essere anch’esso macchiato da anime sporche e violente.

Gli occhi vuoti e freddi di Hee-Jin che fissa le acque del lago, fa pensare che quella sia la sua vita da sempre. Schifosa, disperata, solitaria. Nell’incessante attesa di qualcosa che non arriva mai. Fino a che il suo sguardo non si incrocia con la disperazione di Hyun-Shik, che abita nella chiatta gialla e che salva dal suicidio, per poi innamorarsene disperatamente. Ossessivamente.

Sarà l’urlo disperato di lei, poco prima della fine, a ricordarci la sofferenza e la solitudine delle due anime protagoniste, alla ricerca morbosa e disperata di quel qualcosa che gli permetta di andare avanti e di sopravvivere a quella vita desolata e squallida. Una felicità autentica, un sogno assoluto corrotto da una condizione nefasta e tragica, in cui entrambi sono stati costretti a piegarsi. Ma non ad arrendersi.

E solo alla fine scopriremo che quel qualcosa è l’altro, che l’isola dell’uomo è la donna e viceversa.

L’amore, nelle forme più vaghe e singolari, regna sempre nelle opere di Kim Ki-Duk, che sa sempre come farci commuovere e morire dentro.

Lascia un commento