Recensione su Sciuscià

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9 Dicembre 2014

Giuseppe e Pasquale vivono per strada lucidando scarpe, fanno gli “sciuscià”.
A causa di una denuncia mossa contro di loro vengono arrestati e mandati al riformatorio, ed è qui che viene raccontata gran parte della storia che diventa la documentazione di una classe sociale, formata dai bambini lavoratori, che veniva spesso corrotta e coinvolta in mali affari.
Assistiamo in questo film al cosidetto “pedinamento zavattiniano” che attraverso l’osservazione di persone comuni mirava alla scoperta di una realtà che recava dei grossi problemi sociali. Il cinema del neorealismo diede vita al film popolare che metteva in scena gli ultimi che recitavano sempre nel loro dialetto, quest’uso era in realtà anche una reazione al fascismo che prediligeva l’italiano e il fatto che spesso i protagonisti sono bambini è forse riconducibile al fatto che questi davano speranza in quegl’anni così bui.
Nel film ci sono attori presi dalla strada, come Pasquale interpretato da Franco Interlenghi e Giuseppe interpretato da Rinaldo Smordoni, quest’ultimo infatti ricorda in un’intervista recente a tv 2000 che fu provinato mentre giocava per strada con degli amici e che fu proprio lui a scegliere il co-protagonista, così come se fosse un gioco. La storia si sviluppa all’interno del riformatorio che in qualche modo diventa lo specchio della realtà dell’epoca, un momento in cui l’Italia era in balia della guerra. A rendere ancora più chiaro il periodo storico è la scena in cui viene mostrata la messa in onda di un cinegiornale che parla della battaglia condotta nel Pacifico contro i giapponesi.
De Sica guarda la realtà con spirito ecumenico, non abbandona mai l’idea di racconto, è infatti uno dei creatori di quella teoria del pedinamento sopra citata. In Sciuscià tanti sono i riferimenti ad altri film come “Ladri di biciclette” ; in entrambe le storie c’è un elemento metaforico intorno al quale ruota tutta la vicenda, in “Ladri di biciclette” è la bicicletta che simboleggia il lavoro, in Sciuscià è il cavallo che indica libertà e spensieratezza, quelle due cose che i due giovani sciuscià cercano di riconquistare. In entrambi c’è la figura della chiromante, nel primo c’è una scena in cui la maga risponde alle richieste sul destino della bicicletta rubata e in Sciuscià quando i due ragazzini trovandosi a vendere delle coperte le chiedono di predire il loro avvenire. In tutti e due i film c’è un momento in cui si perde il senno, in Ladri di biciclette quando il padre del bambino ruba una bici parcheggiata a pochi passi da lui e in Sciuscià quando evadono dal carcere. Questi due film come altri del neorealismo hanno molte inquadrature di campi medi piuttosto che piani, questo perché i campi servivano a tenere dentro la figura umana circondata dal contesto e questa era una caratteristica di questo periodo artistico. Entrambi sono stati girati a Roma, ma altri lavori di De Sica furono realizzati a Napoli, questo perche in realtà il noto regista che nacque a Sora in un ambiente povero, si trasferì da li a Napoli e successivamente a Roma, questo è essenziale in quanto queste due città segnano le tappe di un percorso di vita che si rifletterà profondamente nella sua produzione che suscitò talvolta reazioni politiche, fra cui l’intervento del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giulio Andreotti, che contestava l’immagine negativa che veniva data dell’Italia all’estero. Fondamentale invece fu il messaggio di De Sica, che capì che per uscire dalla propaganda e dell’ideologia del cinema fascista si doveva raccontare la realtà dei più poveri, bisognava raccontare la verità.
Trovo che questi film nonostante siano stati girati durante la seconda guerra mondiale, si portano dietro delle storie che non moriranno mai. “Sciuscià” ad esempio pur essendo un film datato affronta tematiche attuali, in primis l’amicizia tra due bambini, ma soprattutto la denuncia di una società poco attenta alla crescita dei più piccoli,e forse in misura diversa e con un contesto storico cambiato ha delle analogie con il nostro di secolo.
Per fare dei riferimenti con film attuali, direi che ci sono stati tentativi di neo-neorealismo ben riusciti come “La prima cosa bella” di Virzì dove assistiamo al pedinamento di questa giovane mamma e i suoi due figli per le strade di Livorno, e nel quale si sente forte quel desiderio di sopravvivenza negli occhi di questa madre tanto amata e tanto odiata.

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