Recensione su Le belve

/ 20125.7189 voti

Roar / 27 Ottobre 2012 in Le belve

Film di Oliver Stone (“Platoon” (1986), “Wall Street” (1987), “Assassini nati” (1994), “W.” (2008)), tratto da un libro di Don Winslow, è un buon film con molto sole, molto sangue e che non fa rimpiangere i bei tempi andati in cui Clint Eastwood se ne andava a zonzo per gli Stati del Sud massacrando torme di messicani, popolo che cinematograficamente parlando è stato quasi sempre rappresentato con lo stereotipo “burrito, droga e maracas”, facendoceli sempre risultare un po’ simpatici per affinità di interessi. La pellicola è un misto di azione (alcune sequenze sembrano prese da “Bad Boys”), thriller e poliziesco in piccole dosi, con il risultato che, nonostante il V.M. 14, può attirare un pubblico relativamente eterogeneo; la sceneggiatura non sarà se vogliamo il massimo dell’arte immaginifica, ma sorretta da molti personaggi (interpretati da attori più o meno noti) riesce a portare avanti 130 minuti circa in modo più che sufficiente. I protagonisti sono Taylor Kitsch (protagonista di “John Carter” e “Battleship” nel 2012, rispettivamente un film debole e un insulto), che ha le physique du role ed è credibile nonostante interpreti uno dei personaggi meno sfaccettati del film, e Aaron Johnson (giovane John Lennon in “Nowhere Boy” (2009) e divertente protagonista del bel “Kick-Ass” (2010)) con un personaggio più interessante rispetto al compare di merende e che ha il potenziale per diventare un ottimo attore, ammesso e non concesso che non si perda in cazzate tipo Shia LaBoeuf (“Transformers” e seguiti, “Indiana Jones e il regno dei teschi di cristallo”, il gran visir delle puttanate). La partner femminile è la bionda cavallona da monta Blake Lively (protagonista della serie tv “Gossip Girl” e di “Lanterna Verde” (2011), un obbrobrio che farebbe impallidire un viso pallido), con cui Oliver Stone non sarà riuscito nel miracolo di Cronenberg con Pattinson in “Cosmopolis”, cioè dare espressività a un morto, ma almeno è un paio di tacche sopra la marmoreità facciale, diciamo tipo Megan Fox ma meno pornostar e più attrice. Salma Hayek (nomination all’Oscar nel 2003 per “Frida“), il buon Benicio Del Toro (un sacco di bei film, tra cui il grande “I soliti sospetti” (1995)) e John Travolta (non male in un ruolo un po’ diverso dai suoi soliti) sono le star in ruoli minori che recitano senza dare l’impressione del “devo farlo, ho un mutuo a Beverly Hills” e questo è già un punto a favore loro e del film. Aspetti tecnici come la fotografia e il montaggio sono affidati a professionisti già avvezzi a lavorare con Stone, rispettivamente il fotografo Daniel Mindel, il cui lavoro non mi è dispiaciuto anche se forse avrebbe potuto sbizzarrirsi di più aiutato dai paesaggi, e Joe Hutshing (con in cascina due Oscar vinti per “Nato il quattro luglio” (1990) e “JFK – Un caso ancora aperto”).

Lascia un commento